Depressione in aumento con il Covid: che succede se non la curiamo e perché i bambini sono a rischio
Il bilancio a un anno dall'inizio della pandemia e del lockdown, dall'acquisto delle prime mascherine e dalla fine degli abbracci e del contatto sociale, è tutt'altro che roseo. I casi di persone affette da disturbi depressivi e da ansie sono aumentati. Per la precisione, nel caso dell'ansia, sono più che quadruplicati rispetto al 2019. Secondo l'OMS infatti prima del Coronavirus le situazioni di disagio psicologico strutturato riguardavano circa 17 milioni di italiani e in particolare studi epidemiologici stimavano che il 5,4% della popolazione era affetto da depressione e il 6,7% per l’ansia. "Oggi si tratta di dati invidiabili, perché stiamo messi molto peggio. Basti pensare che da una nostra indagine è risultato che il 18% della popolazione è colpito da depressione e il 40% dall'ansia". ha spiegato a Fanpage.it il professor David Lazzari, presidente del Consiglio Nazionale dell'Ordine degli Psicologi.
La pandemic fatigue
La paura per il Covid, l'ansia del contagio, vivere una vita con così tante limitazioni e incertezze, uno stato di precarietà permanente: sono tutte componenti che hanno pesato sulla comparsa di questo tipo di disturbi. "I temi che hanno inciso di più secondo le nostre ricerche sono stati i timori per la pandemia, per le prospettive economiche e per le situazioni contingenti, come il lavoro da casa, il confinamento, le preoccupazioni generali". Il protrarsi nel tempo di una situazione così emergenziale ha scatenato anche una stanchezza psicologica: "La“Pandemic Fatigue”, una delle componenti del disagio psicologico strutturato che colpisce e condiziona molte persone".
Cosa succede se non si curano depressione e ansia
I rischi per la salute fisica connessi al protrarsi nel tempo di condizioni come la depressione, l'ansia o forte stress, sono tanti. "Esiste un rapporto diretto tra questi disturbi e la salute. Abbiamo ricerche svolte su campioni di popolazione che ce lo dimostrano: se protratto nel tempo aumenta il rischio di ammalarsi: in particolare c'è un incremento del 50% per le malattie metaboliche e autoimmuni, del 60% per le malattie cardiovascolari e addirittura dell'80% per le malattie respiratorie. Ma è alto anche il rischio di strutturare disturbi psichici più gravi".
I bambini: la categoria più a rischio
Ma le prospettive più serie riguardano la vita di bambini e adolescenti. "Il disagio strutturato condiziona il loro sviluppo. Il disagio psicologico vissuto e non affrontato tra i 4 e i 12 anni aumenta del 140% la possibilità di avere disturbi psicologici nelle età successive, e quello vissuto tra i 13 e i 19 anni del 90%". È importante però cogliere tutti i segnali, non ci si ammala da un giorno all'altro: "È una spirale negativa che passa attraverso un peggioramento progressivo della qualità della vita e del nostro benessere fisico e psicologico. Spesso le persone ignorano questi segnali (anche nei bambini) e tendono ad attuare un adattamento passivo, e così il problema rimane". Per questo è fondamentale prendere consapevolezza dei nostri problemi e delle nostre risorse.
La salute mentale si cura come quella fisica
Andare dallo psicologo è ancora un tabù, lo stigma della malattia mentale ancora resiste nella nostra società. "La principale attività degli psicologi invece non è sulla malattia, il focus delle nostre scienze e del nostro approccio è sulla promozione della salute e delle risorse delle persone o delle comunità". E mai come questo momento, con una pandemia ancora in atto, è fondamentale utilizzare tutte le conoscenze psicologiche che abbiamo a disposizione per una diversa qualità dello sviluppo, sia sociale che economico. "Le persone più consapevoli sono quelle che capiscono le difficoltà e cercano aiuto quando serve. Secondo l'ultimo sondaggio che abbiamo fatto è emerso che la maggior parte delle persone vede lo psicologo come qualcuno che aiuta a vivere meglio". Ma avverte il professor Lazzari: "È la politica e la cultura che domina le istituzioni ad essere arretrata, speriamo che con il nuovo governo le cose migliorino, perché c’è una ricostruzione da fare".
L'educazione alla psiche
La ricostruzione da fare, parte dall'idea di cominciare a praticare un'educazione alla psiche. Così come negli ultimi anni abbiamo imparato a curare il nostro corpo e la nostra alimentazione, è necessario lavorare anche sulle nostre emozioni. "Viviamo in una società che ha prodotto dei paradossi. Da un lato richiede sempre maggiori competenze psicologiche per orientarsi e fare delle scelte e dall’altro però ci tratta come meri consumatori di beni materiali e ci subordina alla tecnologia. Questa lacerazione crea sofferenza, porta le persone ad ignorare i loro sentimenti più profondi, a pensare che vivere sia una questione solo di tecniche e non di consapevolezze, a proiettarsi fuori senza conoscersi realmente. Tutto questo si traduce in un impoverimento psicologico, che spesso è meno visibile di quello materiale ma può fare danni più seri". La qualità della nostra vita non passa solo dal benessere fisico, ma anche dal funzionamento psicologico. "Pensieri, emozioni, affetti, relazioni, comportamenti. La famiglia e la scuola hanno un ruolo fondamentale nel far emergere le nostre risorse soggettive, nello sviluppo della nostra capacità di armonizzare la crescita interiore con quella esteriore, nello sviluppo di quelle risorse psichiche che servono sempre di più ma sono impoverite. Insegniamo a leggere le parole e far di conto coi numeri, ma dobbiamo anche insegnare a leggere le emozioni e far di conto con i nostri vissuti"