Cosa prova una donna dopo un aborto spontaneo: quando il sostegno psicologico è necessario
Quando una donna decide di affrontare una gravidanza sa che potrebbe trovarsi a fare i conti con alcuni rischi, sia fisici che psicologici. Uno di questi riguarda anche la possibilità di non riuscire a portare a termine la gravidanza. L'aborto spontaneo infatti è un evento molto comune che, secondo le statistiche, in Italia capita a 1 donna su 5 che aspetta un bambino. E proprio a causa della frequenza con cui capita, molte donne si trovano a veder sminuito il loro dolore, molto spesso anche dai propri familiari. "Capita a tutte", "Non intristirti", "Non lamentarti, può succedere", sono alcune delle frasi che più spesso si sentono dire. Un modo per minimizzare, per convincerle a mettere da parte quel dolore e ad andare avanti. Ma cosa prova davvero una donna dopo un evento come questo? "Quando parliamo di aborto spontaneo dobbiamo fare alcune differenze che hanno una rilevanza sul vissuto soggettivo della donna. – ha spiegato a Fanpage.it la dottoressa Rosa Quatraro, psicologa e psicoterapeuta, autrice del volume "Psicologia clinica perinatale" – Come ad esempio l’epoca gestazionale in cui avviene l’aborto (primo o secondo trimestre), la presenza dei movimenti fetali e la storia personale".
Le emozioni di una donna che aspetta un bambino
Le gravidanze oggi sono sempre meno casuali. Prima di provare ad avere un bambino si aspetta sempre il momento giusto. E quest'attesa sicuramente può influire sullo stato d'animo della donna che si trova a dover affrontare un aborto spontaneo. "Le gravidanze purtroppo sono sempre più difficili da raggiungere. Spesso sono estremamente cercate, e si decide esattamente il momento in cui le si vuole. Le aspettative crescono e quindi anche il carico emotivo è diverso e più pesante". La gravidanza, in generale, diventa per le donne e anche per le coppie, anche un motivo di realizzazione personale: "Si proiettano tanti aspetti di sé. Aspetti strettamente legati alla propria persona: la gravidanza può diventare per alcune una sorta di banco di prova. Oggi è difficile accettare che qualcosa che desideriamo così fortemente ci venga sottratta senza motivo, senza una causa precisa (è solo dopo il terzo aborto spontaneo che si inizia a indagarne le possibili cause), si prova un sentimento di frustrazione". Per molte donne la gravidanza è vissuta anche come un completamento della coppia: "Siamo tutti incanalati in una società prestazionale: dove il nostro valore si misura a seconda di quello che abbiamo. E anche un figlio rischia di diventare un obiettivo da raggiungere. E quando il desiderio si infrange, la situazione, anche per la coppia oltre che per la donna, può diventare pesante e difficile da sostenere".
Aborto spontaneo e sindrome post traumatica?
Un recente studio americano condotto su oltre 500 donne che hanno subito un aborto spontaneo, ha evidenziato come siano riscontrabili i sintomi di stress post traumatico in quasi un terzo del campione a un mese dall'evento. "Per la mia esperienza – spiega la dottoressa Quatraro – sintomi post-traumatici ci possono essere soprattutto negli aborti tardivi o del secondo trimestre. Bisogna tenere presente però che la traumaticità dell’aborto è mediata da fattori come l’assistenza ricevuta e la storia di vita della paziente. Precedenti aborti o vicissitudini riproduttive negative, precedenti storie di eventi traumatici o di disturbi emotivi o psichiatrici sono predisponenti all’insorgenza dei sintomi post-traumatici. Studi come questo sono assolutamente importanti perché ci fanno capire che le donne non devono essere lasciate sole. E che, se lo vogliono, devono avere la possibilità di confrontarsi con un professionista, per discutere della loro situazione. Così come sarebbe importante poter avere un interlocutore, un'amica, una sorella, qualcuno che però deve essere in grado di capire, senza sminuire, la situazione che si sta affrontando". Particolarmente difficile è invece quando la gravidanza ha superato i primi tre mesi: "Superato il secondo trimestre, man mano che le settimane avanzano, dal punto di vista medico, la donna che ha perso il bambino non potrà semplicemente fare un raschiamento. Si tratterà quasi di un parto. Il coinvolgimento è ovviamente più pesante, ha un effetto deflagrante nella vita di una donna e talvolta anche della coppia. Per alcune, superare questo evento e tornare alla loro vita normale può essere molto difficile. Potrebbero avere difficoltà emotive o difficoltà ad intraprendere una nuova gravidanza, difficoltà con il loro partner oppure lavorative. In questi casi, anche se si tratta di un'indicazione di massima perché ogni donna ha ovviamente il proprio vissuto e la propria storia, è molto importante farsi aiutare. Anche solo per una consulenza, non è detto che sia necessario iniziare una terapia. Ma è importante parlare delle proprie emozioni, di quello che è successo, del rapporto col proprio partner. Spesso le donne si trovano a dover fare i conti con la sensazione di sentirsi già madre".
Attenzione ai gruppi di sostegno sui social
Molte donne, per paura di vedere sminuite le proprie emozioni, si affidano a gruppi social, dove poter condividere con altre persone che hanno affrontato la loro stessa situazione, la propria esperienza: "I gruppi social vanno utilizzati con molta attenzione, possono essere deleteri, c'è il rischio che alimentino angosce e ansie. Le emozioni non vanno sollecitate, ma vanno gestite e contenute, non c'è bisogno di soffiare sul fuoco". Il dolore non va sminuito, ma neanche alimentato. Ed è importante che ci sia sempre un porto sicuro dove poter approdare quando diventa difficile sostenere da sole le proprie emozioni: "Il proprio partner, un'amica, un parente, un interlocutore scelto con cura. Ma bisogna che ci sia sempre la possibilità, qualora lo vogliano, di poter parlare con un professionista".