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Allattare al seno: una scelta libera da non giudicare. L’esperta spiega come superare le difficoltà

Allattare al seno fa bene al neonato, ma quali sono le difficoltà che una neomamma può incontrare? Alla dottoressa Claudia Proserpio, psicologa e consulente professionale in allattamento materno, abbiamo chiesto quali sono i dubbi più frequenti e come sostenere le madri in tutte le loro scelte.
Intervista a Dott.ssa Claudia Proserpio
Psicologa perinatale, psicoterapeuta e consulente professionale in allattamento materno (IBCLC)
A cura di Francesca Parlato
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I benefici dell'allattamento al seno sono noti. L'OMS lo raccomanda in via esclusiva fino al compimento del sesto mese e lo consiglia per almeno 2 anni. Sappiamo che il latte materno dal punto di vista nutrizionale è praticamente perfetto e fornisce tutto ciò che serve al neonato e che lo protegge dalle infezioni. E sappiamo anche che allattare al seno è importantissimo per sviluppare il legame di attaccamento tra madre e figlio. Meno spesso però si parla delle difficoltà che possono incontrare le madri quando devono avviare l'allattamento, dei giudizi che devono affrontare quando per qualche motivo non possono o scelgono di non allattare i loro figli o quando decidono di nutrirli in questo modo anche dopo che abbiano compiuto uno o due anni. "Dal punto di vista sociale c'è ancora tanto lavoro da fare – ha spiegato a Fanpage.it Claudia Proserpio, psicologa perinatale, psicoterapeuta e consulente professionale in allattamento materno (IBCLC) – Scegliere di non allattare un figlio può essere estremamente sfidante per una madre, così come scegliere per un allattamento di lunga durata. E le donne spesso si ritrovano a prendere delle decisioni senza essere correttamente informate, senza ricevere un'adeguata assistenza, ascoltando esperienze di parenti o amiche o opinioni di operatori sanitari spesso poco preparati sul tema allattamento".

Quando non c'è abbastanza latte

"Non ho abbastanza latte". È una frase pronunciata da moltissime donne che si trovano a dover ricorrere a supplementazioni artificiali e a rinunciare ad allattare il loro bambino. "In realtà però, a parte alcune situazioni mediche molto precise (e anche rare) o un compromesso avvio all'allattamento, non succede così di frequente che una donna abbia poco latte. Ma nonostante questo tante donne se ne convincono". A volte la richiesta insistente da parte del neonato può portare le neomamme a credere di non produrre abbastanza latte, altre volte invece pesano molto le opinioni di familiari o amiche. "Ma si tratta quasi sempre di percezioni distorte. In alcuni casi anche professionisti e operatori offrono un supporto inadeguato a problematiche semplici e risolvibili". Quando c'è una reale ipoproduzione di latte è il pediatra a segnalarlo. "È lui che ha il compito di presidiare la salute del bambino, qualora ravvisi un calo del peso o un arresto della crescita, prescriverà l'utilizzo di supplementazioni. Ma anche in questo caso le donne dovrebbero sapere ad esempio che il biberon è un interferente enorme nel percorso di allattamento e che ci sono altri ausili, dal semplice bicchierino al DAS (un dispositivo salva allattamento ndr) decisamente più indicati". L'importante è che le neomamme siano adeguatamente informate affinché la loro scelta, in ogni caso legittima, sia presa in maniera consapevole.

Come creare una relazione di attaccamento

L'allattamento aiuta a creare la relazione di attaccamento tra madre e figlio dice l'OMS. Ma se una madre non allatta (per qualunque motivo o scelta) quale è il modo per sviluppare una corretta relazione affettiva? "Intanto ricordiamo che la relazione di attaccamento inizia durante la gravidanza. Ma se non si allatta il bambino ci sono altri modi per sviluppare un attaccamento forte e sicuro. Ad esempio attraverso l'alto contatto – suggerisce la dottoressa – oppure utilizzando il biberon in una posizione in cui il bambino riesca a guardare la madre, o ancora praticare cosleeping in sicurezza, portarlo in fascia, rispondere al pianto in maniera immediata".

Se l'allattamento diventa uno stress per la mamma

Ragadi, mastiti, affaticamento e stress: l'allattamento non è tutto rose e fiori. "Un parto traumatico ad esempio può avere delle ricadute nell'avvio della lattazione. E anche un livello particolarmente elevato di stress o affaticamento può influire sulla secrezione degli ormoni che regolano la produzione di latte e la sua fuoriuscita". Nutrire un bambino al seno è un compito difficile. "Anche in questo caso molte donne hanno difficoltà a portare avanti l'allattamento proprio a causa di un supporto spesso inadeguato, a causa di parenti e familiari che anziché contribuire a un clima di serenità, hanno un atteggiamento giudicante e poco costruttivo. Possono anche verificarsi problematiche quali ragadi o mastiti, la cui presa in carico deve essere tempestiva ed efficace".

Se una madre sceglie di non allattare

Una madre, se particolarmente provata, può trovarsi a scegliere anche di interrompere l'allattamento. "La scelta non è mai facile, proprio perché tutti conoscono perfettamente i benefici dell'allattamento al seno, è sempre una questione complessa che tocca il vissuto profondo della donna". Una scelta sfidante e quasi mai indolore, ma che va comunque sempre supportata e mai giudicata. Le faide tra madri che allattano e madri che non allattano, non fanno bene a nessuno. Le decisioni di una neomamma in merito all'allattamento sono sempre da rispettare. Ma è altrettanto importante che siano fornite loro tutte le informazioni necessarie e che possano prendere le loro decisioni  in maniera consapevole. "Lo stesso vale per le madri che decidono per un allattamento di lunga durata. Spesso si sentono minacciate dal punto di vista emotivo, viene detto loro che se allattano i loro bambini di 2 anni o più, questo comporterà dei traumi. Parenti e amici non lo comprendono e a volte anche i nidi non accettano i bambini che ancora prendono il latte materno. I pregiudizi e le false informazioni anche in questo campo sono tantissimi e le mamme si sentono costrette a smettere".

L'allattamento è temporaneo: una rassicurazione per le madri

Notti insonni, difficoltà a prendersi del tempo per sé stesse, i primi mesi di maternità portano stanchezza e sfiancamento. E l'allattamento è spesso associato a una sensazione di oppressione. "In realtà però non è l'allattamento in sé a mettere in difficoltà le madri – spiega la psicologa – Ciò che può sfiancare le madri è tutta la gestione del neonato: il pianto, la necessità di tenerlo in braccio, di cullarlo, di nutrirlo. E l'allattamento è invece una risorsa enorme: pensiamo al fatto che quando il neonato deve mangiare di notte la mamma può semplicemente prenderlo e tenerlo con lei a letto senza invece alzarsi per preparare quello artificiale". È importante allora che tutte le neomamme sappiano di poter contare anche sul padre del proprio bambino, che dove non arrivano loro c'è qualcun altro. "Per crescere un bambino ci vuole un villaggio dice un antico detto. Ed è proprio così. Oggi le mamme, anche a causa della pandemia vivono ancora più forte il senso di solitudine. Per questo è bene invece che i padri svolgano il loro compito essenziale di cura e protezione nei confronti della madre e del bambino. Le neomamme devono delegare e i papà si devono lasciare attivamente coinvolgere". Ma ciò che deve aiutare nei momenti di sconforto è anche la consapevolezza che tutto è temporaneo. "L'allattamento, il pianto continuo, le notti insonni sono fasi temporanee e funzionali a una corretta crescita del piccolo. A volte basta già questa presa di coscienza per confortare le madri".

Le informazioni fornite su www.fanpage.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.
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