Francesca Sanzo, 41 anni, bolognese, è consulente per aziende e persone che vogliano pubblicizzare la propria attività: insegna loro a usare il web e i social per promuoversi attraverso una “narrazione”. Questo è il mestiere che le dà da vivere, ma è legato, oggi, a un'esperienza personale d'eccezione. Fino a poco tempo fa, era una donna di 102 chili distribuiti su un metro e 68 di altezza. A distanza di un anno, indossa la taglia 42. Non si è trattato né di un rimedio né di una dieta miracolosa, ma di una presa di coscienza del suo corpo e del “coraggio di cambiare”. La sua esperienza è ora anche un libro “Centodue chili sull'anima: storia di una donna e della sua muta per uscire dall'obesità”. (Giraldi editore), in cui racconta come ha imparato a capirsi e come ha portato fino in fondo il suo obiettivo.
“Ho iniziato la dieta nel settembre 2013. Dopo un anno ho perso i 40 chili di troppo. Innanzitutto la mia obesità non era conseguenza di una qualche malattia metabolica, ma solo espressione del rapporto disfunzionale con il cibo avuto tutta la vita: un tratto comune con mio marito che ha iniziato anche lui una dieta, e ha perso già 10 chili (ne deve perdere altri 15)”.
Da ragazza come eri?
Non sono mai stata particolarmente magra, facevo nuoto agonistico e stavo bene. A 18 anni ho smesso di nuotare per tante ore, e ho continuato a mangiare tanto come prima, come quando mi allenavo, così ho cominciato a ingrassare. Poi sono rimasta incinta di mia figlia e ho avuto una depressione post parto. Piano piano ho perso la cura e l'amore per me stessa. Inoltre ha giocato a sfavore il fatto che quando si diventa obese la percezione di sé è ancora di normopeso, non ti rendi conto di quanto ti sei fatta male. Poi sono passata a un'altra fase. Quella del “non ce la farò mai, devo adeguarmi al mio stato”. A un certo punto mi sono scontrata con delle cose che volevo fare, e che non potevo come correre con mia figlia o andare in bicicletta. Dopo un po' ansimavo, inoltre soffro anche di asma, avevo difficoltà anche a camminare, la notte dormivo solo su un lato. E' come avere uno zaino addosso, anche se distribuito su tutto il corpo.
Quando è scattato veramente il desiderio di cambiare e metterti a dieta?
Mio marito e io avevamo deciso di abbandonare la macchina e comprarci un camper per gli spostamenti e le vacanze. A quel punto mi sono resa conto che non sarei potuta entrare in un camper, che ha degli spazi ridotti, e che avrei dovuto rinunciare. Mi sono resa conto che il mio peso era veramente invalidante. Questo è stato il primo scatto, forse quello più “ in superficie”. L'altro è che all'improvviso ho realizzato che tutto quel peso accumulato nel tempo era una difesa nei confronti del mondo, un modo per difendermi dalle difficoltà emotive.
Quali difficoltà?
Ero sempre insicura e dipendente dal giudizio degli altri. Anche quando ero ragazza, ci sono stati una serie di corto circuiti di problemi, ero bulimica, non riuscivo ad affrontare le situazioni. Il cibo era come una droga. Mi faceva sentire amata.
Non sei l'unica…
La mia infatti è una storia con dei tratti comuni a tantissime persone. Per questo ho deciso di scrivere un libro: desidero condividere il mio percorso più che posso. Sto osservando quante cose e quante simbologie carichiamo sul cibo, quanti meccanismi. Quella vocina che ci spinge a credere che farci del bene sia reiterare l'atto di mangiare, in realtà è solo un alibi per infliggerci ancora dolore e rimanere nella stessa “rassicurante” posizione, temendo il cambiamento. E questa voce interiore per me era quella che ho chiamato “l'anima nera”. Il mio demone. Gli ho dato anche un nome: si chiama Dexter, che poi è il serial killer, protagonista di un serie tv.
Cosa diceva questa voce interiore?
“Non ce la farai mai, non sei abbastanza brava, pensi che questa persona noterà te?” E' una voce che ti sgrida e ti ricorda che non vali niente. Sta tutto lì il nodo.
Come l'hai sconfitta?
Facendoci pace. Prima cercavo di allontanarla da me. Ora l'ho accolta, e l'ho rassicurata sulla paura del cambiamento. E' la voce della nostra paura.
Sei andata da uno psicologo?
No. Da una nutrizionista molto brava. Volevo affrontare questo percorso di comprensione da sola. Avevo bisogno di capire “Dexter”. Oggi posso dire che più che una dieta magica, bisogna capire i meccanismi che fanno vivere “Dexter” dentro ognuno di noi. Il resto viene da sé.
Dopo la decisione e la determinazione, hai dovuto tenere duro per un anno.. che trucchi hai usato?
Mi sono detta: “voglio perdere dieci chili per respirare meglio”. Non mi sono data obiettivi enormi. Se guardi in fondo alla salita, ti spaventi. La seconda cosa, piuttosto determinante è che in modo graduale mi sono avvicinata allo sport. Dopo un mese ho iniziato a camminare: facevo delle salite, di una mezz'oretta, e per quattro mesi ho solo camminato. Ho aspettato di scendere sotto gli 85 e di non fare sport aggressivi. Scesa al di sotto di quel peso, ho iniziato a correre. La prima volta ho corso un minuto e mezzo. E' stato molto, molto graduale. Ora nuoto due volte a settimana, e due volte corro almeno un'ora: faccio 14 chilometri almeno. Mi sto allenando per la mezza maratona di Bologna, il 13 di settembre, che ho voluto legare a un progetto della Lilt (lega italiana lotta ai tumori) dal nome:“Teen for food”, consiste nell'insegnamento all'alimentazione agli adolescenti, a non farsi male col cibo. Con la mia maratona chiederò di fare una donazione per questo progetto”.
E la vita sociale durante la dieta com'era?
Il primo periodo non sono mai uscita a cena, perché ero troppo fragile e non avevo ancora un modello alimentare. Poi ho cominciato col portare le mie cose, e a fare piccole eccezioni. Oppure mangiavo cose che volevo e potevo mangiare al ristorante: carne e verdura a cena fuori per esempio. Poi ho fatto questo progresso emotivo: era abituata a vedere nel momento del cibo un momento di convivialità e lo identificavo con mangiare tanto. Invece non era mangiare tanto, ma mangiare insieme.
Momenti bui?
Ci sono stati, certo. Quando ho capito che mi stavo volendo bene passava tutto. Il punto è stato arrivarci. Capire cioè che a quarant'anni stavo vivendo come una settantenne. E' stato come recuperare un rapporto con me.
E ti è servito raccontare passo passo la tua dieta sul tuo blog “Panzallaria”?
Tantissimo. Documentavo e scrivevo del mio cambiamento. Il risultato della mia condivisione on line è stato un e-book dal titolo “Narrarsi on line” un manuale di story telling digitale che dà un'idea di quali sono le strategie progettuali di se stessi.
Com'è cambiata la tua vita?
Oggi ho la taglia 42, faccio sport, mi sento bella, mi va di fare shopping. A volte devo fare i conti con la mia nuova identità: le persone non mi riconoscono. Ogni volta… mi ripresento!
Quali consigli dai allora a chi volesse fare il tuo percorso?
Accogliere il cambiamento, volersi bene, e capire che il grasso è solo uno scudo protettivo. Che le diete miracolose non sono vere. Devi solo cambiare testa.
E occhiali per guardare il mondo.