Tokyo 2020, storico oro di Quinn: è la prima medaglia vinta da una persona transgender e non binaria
Lo sport è un mondo che dovrebbe accogliere senza distinzioni e in cui tutti dovrebbero sentirsi rappresentati. Eppure fino a questo momento non si era mai vista una persona transgender vincere una medaglia. Per questo quando Quinn ha stretto la sua tra le mani ha sentito di aver non solo portato a casa una vittoria sportiva, ma qualcosa di più: ha detto ai ragazzi e alle ragazze come lei che inseguire i propri sogni è possibile, che non bisogna farsi intralciare lungo la strada da discriminazioni e stereotipi, che vanno combattuti e superati. Quin è nella squadra canadese di calcio femminile. Il team si è aggiudicato il gradino più alto del podio dopo aver battuto la Svezia in finale.
La vittoria storica del Canada e di Quinn
Per tutti oggi è semplicemente Quinn: l'atleta si fa chiamare col cognome, da quando ha indicato il suo primo nome come deadname. Nel settembre 2020 ha infatti dichiarato di essere transgender e di genere non-binario: continua a giocare nella squadra di calcio femminile, perché i suoi livelli di testosterone sono giudicati accettabili, secondo i limiti imposti nelle competizioni. Nel suo palmares vanta un bronzo conquistato a Rio 2016, mentre a Tokyo 2020 la sua squadra si è meritata l'oro, battendo nella finale del 6 agosto la Svezia. La partita è stata molto sofferta, con un iniziale vantaggio della Svezia a cui ha fatto seguito il pareggio, con tanto di tempi supplementari e poi rigori. La vittoria del Canada non è solo la prima per il calcio femminile del Paese: è anche la prima volta nella storia dei Giochi che un atleta trans e non binario conquista una medaglia.
Dopo la vittoria in semifinale sulla squadra nazionale femminile degli Stati Uniti, Quinn ha detto a CBC Sports di aver ricevuto messaggi da parte di molti giovani che dicevano non hanno mai visto una persona trans nello sport. Per questo ha avvertito forte la responsabilità di un cambiamento: "L'atletica è la parte più eccitante della mia vita e quella che mi dà più gioia. Se posso permettere ai bambini di praticare gli sport che amano, questa è la mia eredità ed è per questo che sono qui" ha detto con orgoglio. Il suo stesso coming out era stato fatto proprio affinché i ragazzi smettessero di avere paura, ma trovassero il coraggio di esplorare la propria identità liberamente.
I Giochi più inclusivi di sempre
Le Olimpiadi di Tokyo 2020 sono stati i Giochi più inclusivi di sempre. In questa edizione ci sono circa 180 atleti LGBTQ+ e almeno quattro transgender o non binari. A Rio 2016 il numero era decisamente più basso: solo 56 atleti avevano fatto coming out e non c'erano atleti transgender. Oltre a Quinn, quest'anno a Tokyo c'erano anche la sollevatrice di pesi neozelandese Laurel Hubbard, la skateboarder del Team USA Alana Smith e l'americana Chelsea Wolfe. La loro presenza ha sollevato non pochi dibattiti, per questo il Comitato Olimpico Internazionale ha intenzione di rivedere le proprie linee guida dopo Tokyo 2020 e sciogliere finalmente questo nodo, in modo da garantire un equilibrio tra sicurezza, inclusione ed equità.