Se le donne in Italia non fanno figli non è perché scelgono la carriera, è il contrario
In Italia le culle sono sempre più vuote ma la colpa non è del lavoro o della scelta di carriera, some si sente spesso dire. Anzi, è esattamente l'opposto. L'ultimo rapporto Istat dice che nel 2020 il nostro Paese ha toccato il minimo storico di nascite dall’unità d’Italia e che gli effetti negativi del coronavirus hanno amplificato la tendenza: i problemi di fondo sono legati alla precarietà del lavoro e alla paura del futuro. Se il lavoro non c'è si aspetta a mettere su famiglia e gli effetti del Covid aumentano l'insicurezza delle coppie sia dal punto di vista economico che psicologico. Con il risultato che i genitori sono sempre meno e sempre più anziani, in un Paese con meno bambini e adolescenti. Questa è la fotografia dell'Italia del futuro (e del presente) che è emersa dal convegno "Vertenza futuro – La sfida della denatalità ai tempi della Next Generation", che si è svolto alla Sapienza di Roma, alla presenza anche della ministra per le Pari Opportunità e per la Famiglia Elena Bonetti. Il convegno in particolare sfata il mito della scelta tra carriera e famiglia: "Siamo agli ultimi posti in Europa per tasso di fecondità femminile e siamo agli ultimi posti anche per occupazione femminile. Laddove le donne lavorano meno, fanno meno figli, non viceversa". Il compito della politica quindi è lasciare a tutte le donne la possibilità di scegliere la vita che le rende felici, senza dover sacrificare il lavoro o la maternità."La libertà di una donna è quella di poter scegliere un'esperienza di vita a tutto tondo, senza pensare che alcuni pezzi della sua vita saranno di ostacolo agli altri".
L'Italia sta invecchiando
L'Italia è il secondo Paese più "vecchio" al mondo. La pandemia ha accelerato una tendenza in corso da tempo: nel 2020 gli iscritti in anagrafe per nascita sono stati appena 404mila, quasi 16mila in meno rispetto al 2019. In quasi tutti i sondaggi le coppie dicono di desiderare due figli, ma poi i dati mostrano che la media si aggira intorno a 1,27 per donna. Non solo si fanno meno figli, ma si fanno in età sempre più avanzata, quando si è raggiunta l'agognata stabilità economica: le donne in media hanno il primo figlio a 32 anni, gli uomini a circa 35. "Poche mamme, pochi papà e sempre più vecchi", spiega la professoressa Alessandra De Rose, ordinario di Demografia alla Sapienza di Roma. Sono meno le famiglie che hanno figli, e quelle che li hanno fanno sempre meno figli: "Ben vengano le misure di sostegno alle famiglie numerose, ma qui la vera sfida è iniziare una famiglia".
Perché le donne aspettano a diventare madri
Se trovare un lavoro è difficile per tutti, le donne devono faticare di più per tenerselo. Il Covid lo ha dimostrato: la perdita di posti di lavoro ha riguardato più le donne che gli uomini. Per troppe donne ancora, poi, una gravidanza può significare il licenziamento e diventare madri significa fare le equilibriste per conciliare famiglia e carriera. Carla Collicelli, ricercatrice senior associata CID -CNR, spiega che tra i deterrenti all'essere genitori c'è un sistema di welfare inadatto, concentrato più sulle pensioni che sui giovani. La cura delle fasce fragili, bambini e anziani, spesso ricade sulle spalle delle donne. Un altro fattore è il senso di insicurezza, che esiste da prima della pandemia ma che è stato acuito dal Covid. Vivere di giorno in giorno, di rinnovo di contratto in rinnovo, è una fonte costante di stress e non permette di pensare con positività al futuro. Così, la gravidanza si allontana: a furia di rimandare, alcune decidono di abbandonare questo progetto di vita
L'impatto del Covid sulle future nascite
In molti si immaginavano che il lockdown avrebbe scatenato un nuovo baby boom: più tempo insieme chiusi in casa poteva voler dire più occasioni di concepire. E invece la realtà è stata un'altra, spiega Gian Carlo Blanciardo, il presidente dell'Istat. A novembre (cioé nove mesi dopo l'esplosione della pandemia in Italia) le nascite erano scese dell'8% rispetto all'anno precedente. A dicembre, del 21%. A prevalere è stata la paura per ciò che stava accadendo fuori, ma anche il disagio economico dovuto alla perdita di posti di lavoro, licenziamenti e imprese chiuse. Ci sono poi altri fattori da considerare: in Italia i due terzi delle nascite avvengono all'interno del matrimonio, ma nel 2020 le cerimonie laiche e religiose si sono praticamente dimezzate (- 47,5%) facendo rinviare il momento di diventare genitori. Blanciardo ricorda alcuni precedenti storici: la grande nube di Chernobyl nel 1986 e il crollo del muro di Berlino nel 1989. In entrambi i casi, l'incertezza per il futuro aveva fatto crollare le nascite. "Non è solo la paura – spiega nel suo intervento – Se non ci sono condizioni economiche favorevoli per le famiglie la situazione non potrà mai migliorare".