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San Valentino, da Berenice a Orfeo: le dolci storie d’amore raccontate dalle stelle

Fin dall’antichità nel cielo sono stati proiettati racconti di dei e di eroi, di imprese e amori impossibili. Punti luminosi uniti a formare costellazioni, per far sentire l’essere umano meno solo e piccolo, di fronte a tutta quella vastità. Arianna e Teseo, Berenice e il suo amato Tolomeo, e il triste epilogo di Orfeo ed Euridice sono solo alcune delle storie che ci raccontano ancora oggi quelle stelle.
A cura di Beatrice Barbato
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Desiderare. Se di per sé questa parola ha un bel significato, la sua etimologia racconta un’altra storia. Il termine ha origini latine, da de- che ha valore di allontanamento e di assenza, e sidera , stelle. Nell’antichità indicava proprio questo, l’assenza di stelle e dunque l’impossibilità, per i marinai che si affidavano a quei punti luminosi, di trovare la giusta rotta. Smarriti e disorientati, speravano di tornare a vederle. Da sempre gli uomini cercano di dare un volto a ciò che non conoscono, quasi per
esorcizzarne la paura, e così hanno unito i puntini e raccontato storie di fanciulle e guerrieri, di carri e animali. Nel 150 d.C. l’astronomo e matematico greco Claudio Tolomeo, nell’Almagesto – un’opera in cui aveva raccolto tutto il sapere astronomico che fino ad allora si possedeva – aveva catalogato le 48 costellazioni conosciute. Oggi se ne contano 88 nella nostra Galassia ma i miti sono rimasti gli stessi e alcuni parlano di amori così forti da restare impressi nelle stelle: in occasione di San Valentino, ricordiamo le storie più dolci che raccontano.

La corona boreale

Una forma semicircolare che ricorda proprio una corona. La sua storia ha a che fare con Arianna e Teseo. Lui, figlio del re di Atene, era giunto a Creta per liberare la città dal Minotauro. Lei, figlia del re Minosse e della regina Pasifae, se ne era invaghita subito e aveva deciso di aiutarlo in quell’impresa impossibile, e per riuscirci si era rivolta a Dedalo, l’inventore di quel complicato labirinto. Tutto quello che Teseo doveva fare era entrare srotolando un gomitolo di lana, uccidere il mostro e tornare
indietro riavvolgendo quel filo. L’eroe, dopo aver compiuto l’impresa, così fece e si salvò. L’indomani entrambi partirono per di Atene, dove si sarebbero sposati. Una volta fermati sull’isola di Naxos per rifocillare la flotta, però, Arianna cadde in un sonno profondo e fu abbandonata lì dal suo amato. Di lei e di quelle lacrime che non smetteva più di versare, si era innamorato Dioniso, figlio di Zeus. Così si sposarono e Afrodite diede in regalo alla sposa una corona di diamanti che, per la gioia, fu
lanciata in cielo dallo stesso Dioniso. Disperdendosi, quelle pietre diventarono astri. Sette, per la precisione, di cui il più luminoso ha il nome proprio di Gemma.

Chioma di Berenice​

Di tutti i racconti, quello sulla chioma di Berenice affonda le radici nella storia, al III secolo a.C., precisamente. Sposa del fratello Tolomeo Evergete, Berenice nacque nella dinastia dei Lagidi, una monarchia ellenistica originaria della Grecia. Quando il marito partì per una spedizione militare, la regina decise di dare in voto ad Afrodite la sua folta e bionda chioma di capelli, il dono più prezioso che poteva offrire agli dei. Poche settimane dopo, il re fece ritorno sano e salvo, ma di quella ciocca. donata sull’altare del tempio, non ci fu più traccia. Fu l’astronomo di corte, Conone da Samo, a dare una propria interpretazione dell’accaduto. In cielo, accanto alla costellazione del Leone, aveva trovato una scia di stelle che ricordava la chioma della sua regina.

Lyra di Orfeo

Cinque stelle la compongono e tra queste anche Vega, una delle più luminose della nostra Galassia, nonché tra le più vicine al Sole. Prende il nome dallo strumento con cui Orfeo, figlio di Eagro e della musa Calliope, era solito trascorrere il suo tempo, suonando incantevoli melodie. Di lui e della sua musica si era innamorata la ninfa Euridice. Trascorsero giorni e notti felici. Un giorno, però, Aristeo, figlio di Apollo, cercò di aggredire la fanciulla che camminava sola per il bosco, e che, per sfuggirgli, inciampò su un ramo, battendo con la testa su una pietra. Non c’era più nulla da fare per lei. Orfeo allora, con coraggio, andò nel regno dei morti e, grazie alla sua musica malinconica, persuase Ade e sua moglie Persefone a portar via l’amata. A patto che non si fosse voltato mai a guardare la sua sposa, fino a quando non avessero raggiunto la terra dei vivi. Il cantore, però, temendo di essere stato ingannato, violò la promessa fatta, perdendo per sempre la sua Euridice. Nessuna donna fu più accolta in casa sua e lui trascorse il resto della sua vita a suonare melodie tristi e malinconiche.

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