Sai quanta acqua serve per fabbricare una t-shirt? L’impatto dei nostri vestiti sull’ambiente
La fast fashion ci ha abituato a una grande disponibilità di vestiti a prezzi bassi: li compriamo senza pensarci troppo, li indossiamo qualche volta e li buttiamo appena si rovinano o non ci piacciono più. Costano talmente poco che non ci fermiamo mai a riflettere sui costi nascosti dell'abbigliamento e sul pesante impatto che ha sull'ambiente. L'industria tessile ha dei costi molto elevati soprattutto per quanto riguarda il consumo di acqua. Per una semplice t-shirt o per un paio di jeans, infatti, servono migliaia e migliaia di litri d'acqua: più di quanti una persona ne beve in un anno. Non solo: il tessile è tra i principali responsabili dell'inquinamento del mare. I procedimenti di tintura e finitura dei capi infatti richiedono moltissime sostanze chimiche che finiscono nell'ambiente con le acque di scarico. Ma anche un semplice lavaggio contribuisce a disperdere fibre sintetiche e microplastiche in mare.
Quanta acqua serve per produrre i vestiti?
L'industria tessile è il secondo settore al mondo per consumo di acqua: dalla coltivazione delle materie prime alla tintura, ogni fase del processo richiede litri e litri di acqua. Siamo abituati a pensare al cotone come al più "ecologico" tra i tessuti, ma la sua coltivazione richiede un'enorme quantità di acqua. Secondo le stime contenute in un report del Parlamento Europeo, l'industria tessile e dell'abbigliamento nel 2015 ha utilizzato globalmente 79 miliardi di metri cubi di acqua. Per avere un termine di confronto, nel 2017 il fabbisogno dell'intera economia dell'Unione Europea ammontava a 266 miliardi di metri cubi. Per fabbricare una semplice maglietta di cotone occorrono 2.700 litri di acqua dolce. Praticamente quanto una persona dovrebbe bere in 2 anni e mezzo di vita. Un paio di jeans, invece, richiedono almeno 10mila litri di acqua.
Ogni lavatrice rilascia microplastiche nell'ambiente
La produzione tessile non è solo responsabile di un grande consumo d'acqua, ma anche di una buona fetta dell'inquinamento dell'acqua potabile e della dispersione di microplastiche del mare. Lo stesso rapporto europeo sottolinea che circa il 20% dell'inquinamento globale dell'acqua potabile dipende dai vari processi a cui sono sottoposti i capi per ottenere alcuni particolari effetti e colori. Non sono solo le aziende ad inquinare l'acqua, ma le lavatrici che vengono fatte quotidianamente: i capi sintetici rilasciano ogni anno 0,5 milioni di tonnellate di microfibre nei mari. Questi piccoli frammenti di plastica (inferiori ai 5 millimetri) vengono rilasciati principalmente da indumenti in pile, in nylon e dai capi sportivi in poliestere, modal e viscosa. Il 35% delle microplastiche primarie disperse nell'ambiente deriva proprio dal lavaggio di indumenti sintetici: un solo carico di bucato di abbigliamento in poliestere può comportare il rilascio di 700mila fibre di microplastica che possono finire nella catena alimentare, anche attraverso. La conseguenza, quindi, è che arrivino anche sulle nostre tavole tramite pesci e prodotti ittici: uno studio condotto dall'Università di Newcastle e dal Wwf ha determinato che ne ingeriamo 5 grammi a settimana, pari a 250 grammi in un anno.
Come evitare la dispersione di microplastiche
La soluzione, ovviamente, non è smettere di fare il bucato, ma ripensare le nostre abitudini di consumo: un buon inizio è leggere bene le etichette e la composizione dei vestiti che compriamo. Le ricerche dimostrano che cicli più rapidi e a basse temperature aiutano a diminuire considerevolmente il rilascio di microfibre. Inoltre, i primi lavaggi sono quelli più "dannosi": allungare il ciclo di vita degli abiti e non comprarne di nuovi, quindi, è un ottimo modo. Per quando proprio è impossibile farne a meno una soluzione possono essere gli appositi sacchetti, creati appositamente per trattenere le microplastiche. Le strategie più semplici poi sono anche le lavatrici: come mandare le lavatrici a pieno carico, lavare i capi solo quando necessario e ovviamente evitare di acquistare, se possibile, capi in nylon poliestere o viscosa. Le fibre sintetiche costano meno, è vero: ma siamo sicuri di voler far pagare il prezzo nascosto all'ambiente che ci circonda?