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Razzismo, come spiegarlo ai bambini? Il parere della psicologa

Ultimamente, da quando si è insediato il nuovo Governo non si sente parlare d’altro che di porti chiusi ad immigrati potenzialmente pericolosi, di episodi di razzismo, di violenza xenofoba, di intolleranza e discriminazione che spesso accadono sotto gli occhi dei bambini o peggio ancora tra bambini. Cosa possiamo fare noi adulti per arginare il fenomeno? Come possiamo proteggere i nostri figli da quest’ondata di messaggi discriminatori contro chi è di diversa cultura e/o etnia?
A cura di Flavia Massimo
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Ultimamente, da quando si è insediato il nuovo Governo non si sente parlare d’altro che di porti chiusi ad immigrati potenzialmente pericolosi, di episodi di razzismo, di violenza xenofoba, di intolleranza e discriminazione. Inevitabilmente tutto questo parlare del fenomeno, che è diventato principale appannaggio della politica e dell’informazione giornalistica, sta avendo un’influenza sull’opinione comune e l’argomento, e i conseguenti comportamenti di natura discriminatoria, stanno prendendo un’enorme spazio nei contesti più disparati; sui social in primis, ma anche in ambienti di vita quotidiana. Naturalmente la diffusione dell’argomento arriva alle orecchie dei più piccoli e come adulti e genitori abbiamo la necessità e il dovere di spiegare perché determinati atteggiamenti e comportamenti accadono sotto i nostri occhi.

Partiamo da un concetto fondamentale: i bambini sono parte della società in cui vivono, dunque si accorgono perfettamente ad esempio che qualcuno ha la pelle più scura o è vestito con abiti inusuali, solo che non guardano a queste differenze con odio, tutt’al più con curiosità. E' questa curiosità che dobbiamo rispettare e accogliere, spiegando con parole semplici e soprattutto offrendo loro risposte “nette” riguardo al perché, ad esempio, un uomo ha un colore diverso della pelle o perché una donna indossa un velo che copre il volto. Questo diventa molto più difficile quando assistiamo a episodi di discriminazione con l’aggravante razziale.

In questi ultimi mesi me ne sono capitati due e in entrambi i casi ero con mia figlia di 5 anni. Il primo in autobus dove c’erano un uomo e una donna di origine africana e alcune persone, parlando tra loro, con un tono che era impossibile non sentire, commentavano che sull’autobus vi fosse cattivo odore e che queste persone farebbero bene a tornare nel loro Paese di origine , perché ormai “basta, non se ne può più, ne sono troppi!”. Il secondo episodio, al parco giochi, due bambini, uno italiano e uno rumeno, litigavano per il turno sull’altalena, sono intervenuti gli adulti, i quali, piuttosto che aiutare i bambini a trovare un accordo, si sono entrambi schierati a favore del proprio figlio per poi concludere la discussione adducendo al litigio le differenze di cultura ed etnia, con frasi del tipo: “Pensate di venire nel nostro paese a dettare legge…” o ancora “Tu e tuo figlio siete due razzisti e non ci volete nel parco!”.

Credo che trasmettere a un bambino il principio che i conflitti e le divergenze possano essere spiegate e giustificate da un diverso colore della pelle o dall’etnia, sia molto, ma molto pericoloso. Questo significa non fargli sviluppare la capacità di critica e di giudizio, significa bloccare il processo di pensiero, significa, in altre parole, inculcargli il sentimento della paura. E la paura può essere molto pericolosa soprattutto quando è fondata sulla non conoscenza, o diciamocelo pure, sull’ignoranza.

Sicuramente potrebbe risultare arduo spiegare con parole semplici concetti come la diversità di religione o di etnia, usi, costumi e comportamenti diversi e/o lontani da ciò che siamo abituati a vedere, dunque l’unica strada può essere quella di informarsi, leggere, approfondire e poi parlare apertamente con i nostri figli, senza dare giudizi, ma semplicemente spiegando loro che le differenze e le diversità esistono, che sono il frutto della coesistenza di popoli diversi che vivono in diverse parti del mondo e che persone di diverse culture ed etnie possono incontrarsi e questo incontro è fonte di arricchimento. Solo in questo modo i bambini riusciranno a non guardare alle differenze con timore e soprattutto non utilizzeranno il pregiudizio per dare una spiegazione alle differenze.

Se è vero, come si diceva all’inizio, che quest’ultimo è davvero un periodo molto complesso e critico per il nostro Paese per quanto riguarda il tema del razzismo, della discriminazione e della xenofobia, d’altra parte questo ci dà l’opportunità di interrogarci e di sensibilizzare maggiormente i nostri figli sulla tematica, sottolineando il valore dell’inclusione e promuovendo la loro capacità di pensiero critico e il consolidarsi dell’empatia. Del resto come ci sentiremmo noi se fossimo quelle persone sull’autobus o quei due bambini al parco giochi? Ecco, solo in questo modo possiamo provare a fare la differenza educando i nostri figli alla cultura dell’accoglienza e dei sentimenti.

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Flavia Massimo laureata nel 2008 in Psicologia Clinica e dello sviluppo presso la Seconda Università degli studi di Napoli e specializzata in Psicoterapia ad indirizzo sistemico relazionale. Svolge a Napoli attività clinica privata; dal 2009 ad oggi lavora nel sociale per Associazioni ONLUS dove si è occupata di inclusione sociale per minori a rischio in ambito scolastico ed extrascolastico; è Esperto Formatore per i Diritti Umani e per i diritti dei bambini e adolescenti e ha svolto attività di formazione e prevenzione in progetti di inclusione sociale a Napoli e provincia e in alcune città della Romania. Attualmente lavora in un Programma di Save The Children Onlus in ambito scolastico per il quale si occupa di sostegno alla genitorialità e di educazione ai diritti umani e presso un Ente di formazione accreditato al MIUR per il quale svolge attività di formazione sulle Soft skills e sulla prevenzione del disagio giovanile rivolta a Docenti di Scuole di ogni ordine e grado.
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