“Pervertiti misogini nello sport”: la nuotatrice si ribella e rinuncia alle Olimpiadi di Tokyo
I Giochi Olimpici di Tokyo 2021 non sono nati sotto una buona stella. Già rimandata lo scorso anno a causa della pandemia, la manifestazione anche questa volta è al centro delle polemiche. Fino a poche settimane fa si parlava ancora di cancellazione e rinvio a causa dell’opinione dei cittadini, contrari allo svolgimento dell’evento: troppo delicato il momento storico per il Giappone, con un allarme Covid non del tutto rientrato. Intanto però l’organizzazione prosegue, in vista della Cerimonia d’Apertura prevista per venerdì 23 luglio, che darà ufficialmente inizio alle competizioni. Ma prima è tempo di selezioni. La nuotatrice australiana Maddie Groves ha fatto sapere che ha deciso di non prendere parte a quelle di Adelaide. I Trials rappresentano l’unica possibilità per gli atleti australiani di conquistare un posto nella squadra olimpica, lei però ha rinunciato per lanciare un segnale potente contro la misoginia nel mondo dello sport.
Maddie Groves si ribella alla misoginia
Maddie Groves ha trascorso la sua vita in piscina: specializzata nello stile farfalla, a soli 26 anni ha già all’attivo due medaglie d'argento, una nei 200m e una nella staffetta 4×100. Alle competizioni di alto livello dunque è abituata: ne sa sopportare lo stress fisico e mentale, ma evidentemente ciò di cui proprio non regge il peso è la misoginia. Per questo, come atto dimostrativo, ha deciso che non prenderà parte alle selezioni per le prossime Olimpiadi. Non scenderà in vasca per manifestare il proprio dissenso nei confronti dello sfruttamento dei giovani sportivi, soprattutto le donne: "Possa questa essere una lezione per tutti i pervertiti misogini nello sport e per i loro leccapiedi. Non potete sfruttare giovani donne e ragazze, farle vergognare per i loro corpi e metterne a repentaglio la salute e poi aspettarvi che vi rappresentino anche, facendovi così guadagnare il vostro bonus annuale. È finita”.
Sui social il messaggio dell'atleta ha avuto notevole risonanza, anche se non è chiaro a quale episodio faccia riferimento né quale sia stata la causa scatenante. In realtà in passato si era già lamentata di alcune attenzione sgradite, ricevute nell’ambito sportivo: aveva fatto riferimento a novembre a una "persona che lavora nel nuoto che mi fa sentire a disagio per il modo in cui mi fissa nei miei vestiti". E aveva anche fatto presente il commento inappropriato di un allenatore, che si era poi scusato per il suo comportamento. Non c’è stato un reclamo formale da parte dell’atleta, che ha fatto tutto sui social. Dal canto suo la società sportiva Swimming Australia si è detta rammaricata per la drastica decisione presa e il presidente Kieren Perkins ha invitato la nuotatrice a parlare e chiarire quanto accaduto.
Le atlete vogliono rispetto
La Groves nel suo messaggio ha comunque augurato buona fortuna alla sua squadra e ha precisato che la sua decisione non è un ritiro definitivo dal mondo dello sport, ma che anzi spera di tornare presto a gareggiare in un'altra competizione. Il problema da lei sollevato sicuramente ha a che fare con un comune sentire, visto che non è la prima volta che le donne del mondo dello sport lamentano attenzioni sgradite o morbose nei riguardi dei loro corpi. Tutto questo non ha a che fare col sano spirito sportivo. Se ne è lamentata Serena William, tennista spesso al centro di un vero e proprio body shaming. E ha sollevato il problema anche la ginnasta Sara Voss, che ha deciso di partecipare agli Europei di ginnastica artistica di Basilea con una tuta intera e non col body tradizionale, per sentirsi a proprio agio e al riparo da commenti sgraditi. "Possono essere considerate provocanti all’esterno e far provare vergogna a chi le indossa, anche per via dei movimenti che dobbiamo fare" ha spiegato. È triste che delle sportive debbano vergognarsi o sentirsi a disagio proprio quando il loro corpo è chiamato direttamente in causa ed è sotto i riflettori, che si tratti di tennis, nuoto o ginnastica. Le donne vogliono rispetto. Quando sono in piscina o su un campo da gioco vogliono essere prese in considerazione in quanto atlete e giudicate unicamente per le loro prestazioni sportive.