Perde la figlia al nono mese e poi altre due gravidanze, Wendy: “Sono le mie bimbe arcobaleno”
Il pensiero che si possa perdere il proprio figlio non viene contemplato dalla mente di una mamma: troppo ingiusto, troppo innaturale. E difatti si parla molto poco di lutto perinatale: la perdita del bambino in una fase avanzata della gestazione o pochi giorni dopo la nascita. È un'esperienza tragica che genera un profondo shock emotivo. Nessun genitore viene preparato a questa eventualità e una volta che accade le famiglie tendono a isolarsi nel loro dolore, impreparate a fronteggiare questo dramma. Come tornare a vivere una volta fuori dall'ospedale? Wendy a suo tempo ha scelto di non chiedere aiuto a uno specialista e ha affrontato tutto da sola, col marito sempre al suo fianco. Col senno di poi è convinta che sia stata la scelta sbagliata e infatti alle altre mamme consiglia di non fare il suo stesso errore. Dalla sua sofferenza è emersa a fatica, scoprendo il bisogno di confrontarsi con donne reduci dalla stessa esperienza, per aiutarsi a vicenda. Nella vita di Wendy dopo tanto buio è tornato il colore: a portarlo sono stati i suoi due bambini arcobaleno.
Lutto perinatale: perdere un figlio al nono mese
Dopo aver portato sua figlia Emily in grembo per 9 mesi, nel corso di una gravidanza senza alcun tipo di problema, sei anni fa Wendy si è sentita dire le parole che mai nessuna mamma vorrebbe ascoltare. Quando mancava davvero ormai pochissimo al parto, una mattina ha cominciato a insospettirsi, non sentendo muovere la sua piccola come di consueto. Una volta giunta in ospedale la terribile notizia: un medico le ha comunicato che non c'era più battito. E a quel punto le è crollato il mondo addosso, come ha raccontato commossa a Fanpage.it: "Sono morta dentro". Nessuno le aveva mai prospettato questo scenario, nessun allarme le aveva fatto pensare che potesse verificarsi qualcosa di così grave. E invece è successo. Si parla in questi casi di lutto perinatale: la perdita del bambino nella seconda metà della gestazione o pochi giorni dopo la nascita. "Nel momento in cui te lo dicono ti dici che non è possibile, che hai sentito male": e invece era tutto vero e lei ci ha messo un po' per realizzarlo. Ancora di più ci ha messo per accettarlo e superarlo: in questi anni non ha mai parlato della sua esperienza, tenendola confinata alla sfera familiare. Le era stato dato il numero di una psicologa, che non ha mai usato: "Ad oggi dico che è stato l'errore più grande. Per elaborare un lutto del genere serve il supporto di un esperto". Di grande aiuto le è stato aprirsi con altre mamme come lei, conosciute sui social: "È un aiuto per loro che parlano con me, ma a distanza di 6 anni è anche un aiuto per me, perché è come se lo stessi buttando fuori adesso. Mi sto liberando di quel peso che mi sono tenuta dentro fino a oggi".
Bambini arcobaleno: in famiglia torna il colore
Oggi Wendy è mamma di due bambini arcobaleno: "Sono quei bimbi che arrivano dopo che ne hai perso uno. Io ho perso Emily al nono mese e le altre due sono le mie due figlie arcobaleno". Ha avuto due gravidanze difficili, vissute con enorme tensione, preoccupazione e ansia: "È stato un percorso duro, pesante, lungo anche a livello psicologico. Affrontare una gravidanza arcobaleno dopo la perdita di un figlio è molto difficile. La paura è tantissima" ha detto. In effetti qualcuno gliel'aveva prospettata la possibilità di fare altri figli, anche con una certa indelicatezza. Frasi come ‘siete giovani ne farete un altro' vengono dette certamente in buona fede, per dimostrare vicinanza a chi sta vivendo un dolore inimmaginabile, in cui è difficilissimo entrare e che è impossibile da comprendere. Ma sono frasi che si rivelano vere e proprie coltellate.
Un figlio si perde in due: il dolore dei papà
Wendy, dopo il parto, ha scelto di vedere la sua bambina e di salutarla. Inizialmente aveva scartato questa possibilità: "Non me la sentivo, poi anche l'ostetrica ci ha messo il suo, è stata bravissima. Mio marito l'ha vista subito e io ho iniziato a chiedergli com'è, come ha la bocca, come ha il nasino, somiglia a me, somiglia a te, descrivimela. Ringrazio che mi hanno accompagnato a fare questa scelta, altrimenti me ne sarei pentita per tutta la vita". L'aiuto di Salvatore non è mai mancato ed è stato quello che ha permesso a Wendy di ritrovare un equilibrio, di reagire e superare il lutto. Certo, forse con l'aiuto di uno specialista sarebbe stato un percorso meno duro, un percorso che loro invece hanno affrontato isolandosi dal resto: "Chi mi poteva capire era solo lui" ha spiegato. Wendy è convinta che ci sia la tendenza a evidenziare solo il dolore delle mamme, sottovalutando quello dei papà: "Non me la sento di dire che soffrono di meno, anzi bisognerebbe accudirli di più". Un figlio si perde in due, anche se la società odierna tende ancora a pensare che i padri non soffrano e che, se soffrono, non possono permettersi di piangere e mostrarsi fragili. Wendy e Salvatore oggi sono genitori di due bambine: la luce e il colore sono tornati nelle loro vite, che sei anni fa sembravano distrutte per sempre. La vita li ha messi davanti a una sfida difficile, ma loro l'hanno superata.