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Parto in casa: in Italia aumentano le donne che vogliono far nascere i loro figli a domicilio

Dal 2019 al 2020 i parti a domicilio o in case maternità sono aumentati di un terzo. Sempre più donne decidono di percorrere strade alternative per la nascita dei loro bambini. Quali sono i vantaggi e quali i rischi lo abbiamo chiesto all’ostetrica Marta Campiotti e alla ginecologa, presidente dell’Associazione Ostetrici Ginecologi Ospedalieri Italiani, Elsa Viora.
Intervista a Prof.ssa Elsa Viora
Ginecologa e Presidente dell'AOGOI (Associazione Ostetrici Ginecologi Ospedalieri Italiani).
A cura di Francesca Parlato
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Solitudine. È questa la condizione comune a tutte le donne che hanno partorito (o partoriranno) in piena pandemia. Da sole, in ospedale o in clinica, senza il padre del neonato o la persona che avrebbero voluto vicino, ad affrontare il travaglio, il parto e il post partum. Nonostante l'Istituto Superiore di Sanità avesse raccomandato alle strutture sanitarie di garantire la presenza del padre o di una persona a scelta della donna (in una relazione del 13 maggio) in tutta Italia gli ingressi degli accompagnatori sono stati fortemente ridotti (con delle differenze poco significative da regione a regione).
Non deve sembrarci allora strano che in questo 2020 siano aumentati i parti in casa. Secondo i dati dell'Associazione Nascere in Casa mentre nel 2019 sono stati circa 500 i parti extra ospedalieri curati da cooperative o ostetriche iscritte all'associazione (tra quelli domestici e quelli all'interno di Case maternità) quest'anno si stima (ma i numeri definitivi si avranno a fine anno) che ci sia stato un aumento di circa un terzo. "Oltre al numero effettivo di parti, sono aumentate anche le richieste di incontri e colloqui informativi. I numeri sono importanti nelle grandi città come Roma e Milano, ma c'è una statistica significativa di parti in casa anche in città più piccole come Bergamo o Varese" ha spiegato a Fanpage.it la dottoressa Marta Campiotti, ostetrica e fondatrice e presidente onoraria dell'associazione Nascere in casa.

Aumento dei parti in casa: perché?

La paura per sé e per il nascituro di contrarre il Coronavirus e quella di affrontare da sole, in un luogo spesso poco accogliente, come un ospedale, il delicato momento del travaglio e del parto, hanno sicuramente avuto un peso significativo nella ricerca di alternative. "L'ospedale in questo momento non è più percepito come un luogo assolutamente sicuro – spiega la dottoressa Campiotti – E poi la drastica riduzione dell'accesso dei padri durante il parto ha sicuramente un peso sullo stato d'animo delle donne in gravidanza". Ma a pesare, secondo la visione dell'ostetrica Campiotti, è anche la nostra concezione della casa. Se prima infatti era un luogo semplicemente funzionale, dove ritirarci alla fine di una giornata di lavoro, con la pandemia abbiamo iniziato a viverla molto di più. "Abbiamo dato un valore di salute alle nostre abitazioni. Sono diventate dei luoghi protetti. E mai come quest'anno sono state abitate, hanno perso la funzione di semplice ‘dormitorio'. Ed è anche per questo che si ha voglia di stare in casa per gli eventi più importanti". 

Partorire in casa è sicuro?

Nell'ultimo Rapporto Annuale sull'evento nascita, relativo al 2017, si legge che lo 0,1% dei parti avviene in luoghi extra ospedalieri (ovvero all'interno del proprio domicilio oppure nelle case maternità). Una percentuale praticamente bassissima sopratutto se la mettiamo in relazione ai dati provenienti da altri paesi come l'Olanda, dove i parti extra ospedalieri sfiorano il 30% (uno su tre). "Partorire in casa richiede una certa organizzazione, e i rischi non possono essere esclusi. A volte in caso di un'insofferenza fetale o di un'emorragia post parto è fondamentale un intervento tempestivo, dove a contare sono i secondi, non i minuti" ha spiegato a Fanpage.it la dottoressa Elsa Viora, ginecologa presidente dell'AOGOI (Associazione Ostetrici Ginecologi Ospedalieri Italiani). È fondamentale dunque che le donne siano ben preparate e consapevoli di ciò a cui andranno incontro se decidono di intraprendere il parto a domicilio: "È indispensabile sapere che – continua la dottoressa Viora – Il parto a domicilio comporta dei rischi in più.  Ma questo non significa che in determinate circostanze e seguendo dei criteri di selezione e di preparazione molto rigidi (come gravidanza a basso rischio, abitazione non troppo distante dall'ospedale, la presenza di due ostetriche adeguatamente preparate e con un'esperienza importante di parti seguiti in autonomia) non possa essere scelto dalle donne. Ma il parto deve essere un momento sicuro per le madri e i figli, altrimenti torniamo indietro di 60 anni. L'ospedale, con i medici, le ostetriche, le strutture e i farmaci, è un luogo dove si può intervenire per affrontare in tempo qualsiasi emergenza". 

Le linee guida del parto in casa

Per cercare di eliminare il più possibile i rischi citati dalla dottoressa Viora, l'Associazione Nascere in Casa ha stilato delle linee guida. "Per poter partorire in casa in sicurezza devono essere rispettati alcuni parametri molto precisi e inderogabili che abbiamo individuato tenendo conto delle raccomandazioni del National Institute for Health and Care Excellence (NICE) inglese" chiarisce la dottoressa Campiotti. Tra i requisiti c'è lo stato di buona salute di donna e bambino, la buona crescita del feto e la posizione cefalica mentre bambini podalici, parti gemellari e donne precesarizzate non sono presi in carica dalle ostetriche dell'Associazione. Ma oltre le condizioni del nascituro e della mamma ci sono anche degli ulteriori parametri presenti nelle linee guida da dover essere rispettati: come la distanza dall'ospedale più vicino (che deve trovarsi a non più di trenta minuti di auto) o ancora il fatto che per ogni parto devono essere presenti due ostetriche e che il pediatra visiterà il bambino entro 18 ore dalla nascita. "La percentuale di trasferimento in ospedale si aggira intorno al 10-20%, ma di queste solo il 2% necessita di ricovero in ambulanza" spiega la dottoressa Campiotti.

L'importanza di un ambiente confortevole

Un ambiente confortevole è importante anche per il buon andamento del travaglio: "Gli ormoni che assicurano un buon parto e un buon travaglio – spiega la dottoressa Campiotti – sono ormoni che la donna produce se si trova in un ambiente favorevole, intimo, caldo e silenzioso, accanto a chi lei desidera, come è la propria casa, se la donna lo desidera e soprattutto lo sceglie in accordo con il suo compagno". Dunque un contesto confortevole e non disturbante, è in grado di influenzare l'andamento del parto. "Sono convinta che però piuttosto che tornare indietro e partorire in casa, faremmo meglio a lavorare su un percorso di umanizzazione e personalizzazione all'interno degli ospedali, per la donna e per la coppia – sottolinea la dottoressa Viora – E sarebbe importante anche provare a mettere su dei reparti gestiti in autonomia dalle ostetriche. Sono convinta che sia questa la strada che dovremmo percorrere. Non siamo contrari al parto in casa a prescindere, ma è fondamentale tutelare la salute della mamma e del bambino".

I numeri e i costi

Partorire in casa ha un costo piuttosto elevato: circa 2500 euro, le tariffe ovviamente variano da un'ostetrica all'altra e anche da una città all'altra (a Milano ad esempio i costi sono leggermente più sostenuti) e comprendono il travaglio, il parto e la prima settimana a casa. Uno studio svolto dall'Associazione Nascere in casa in collaborazione con l'Istituto Mario Negri ha raccolto i dati di 424 donne italiane che hanno partorito fuori dall'ospedale tra il 2014 e il 2016: il 76% ha partorito a domicilio, mentre la restante parte, 103 donne, ha partorito presso una casa di maternità. Il 79% dei parti ha avuto luogo nel Nord Italia e le madri (la cui età media al momento del parto era 33,6) avevano un livello di istruzione superiore rispetto a quello dei padri. Le donne intervistate hanno affermato di aver scelto di partorire in casa principalmente per due motivi: maggiore intimità e naturalità. Oggi invece a spingere molte donne alla ricerca di alternative al parto ospedaliero, come ha spiegato la dottoressa Campiotti, è anche la paura della solitudine. "L'Aogoi nei primi mesi della pandemia, prima ancora dell'Istituto Superiore di Sanità aveva diramato proprio delle linee guida in relazione alla tutela della genitorialità – spiega la dottoressa Viora – Il nostro compito è tranquillizzare le future madri. Stiamo promuovendo anche le dimissioni precoci per far sì che il ricovero sia il più breve possibile. Dobbiamo batterci e muoverci affinché le strutture si organizzino per garantire l'accesso ai padri e per evitare che le donne partoriscano in solitudine. Dobbiamo essere attenti alle esigenze delle donne, promuovere i centri nascita all'interno degli ospedali, dove sia garantito il rapporto con le ostetriche e un ambiente familiare e accogliente e dove l'ingresso sia separato dal pronto soccorso. Dobbiamo muoverci per progredire ma senza tornare indietro".

Le informazioni fornite su www.fanpage.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.
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