Mattel nell’occhio del ciclone: tra le Barbie delle Olimpiadi di Tokyo manca quella asiatica
Come fa, a distanza di decenni, a essere sempre così alla moda e amatissima? La grandezza di Barbie, la cui comparsa sul mercato e nelle camerette dei bambini risale agli anni Sessanta, è stata quella di sapersi evolvere, incarnando di volta in volta lo spirito del suo tempo e rispettando le trasformazioni sociali in atto. Per questo, quando l'hanno accusata di portare avanti uno stereotipo di donna per nulla realistico ed edificante, ha ampliato i suoi orizzonti. La Barbie con i lunghi capelli biondi e gli occhi azzurri, in bikini e col fisico longilineo, ha fatto posto a bambole diverse ed eterogenee, tutte rappresentative di un diverso modo di essere donna, sia dal punto di vista fisico che sociale: quella curvy, quella in carrozzina, quella col velo islamico, quella scienziata, quella astronauta. Di recente è stata realizzata anche un'apprezzatissima linea per celebrare le grandi donne che si sono distinte durante la pandemia, quelle che col loro lavoro sono state sempre in prima fila durante l'emergenza sanitaria. E non poteva certo mancare anche la Barbie a tema Olimpiadi, evento che accende su di sé i fari di tutto il mondo: ma le scelte di Mattel stanno facendo questa volta discutere non poco.
Mattel nella bufera per le Barbie poco inclusive
Mattel, l’azienda di giocattoli statunitense che dagli anni Sessanta commercializza la Barbie, ha deciso di festeggiare le Olimpiadi di Tokyo con un’edizione di bambole a tema. Per la realizzazione ha collaborato a stretto contatto sia con gli organizzatori di questa edizione dei Giochi che col Comitato Olimpico Internazionale, così da produrre qualcosa di iconico e rappresentativo. L’interesse si è focalizzato in particolare sui 5 nuovi sport introdotti quest’anno in gara, le 5 discipline inserite per la prima volta nella storia del programma olimpico: baseball/softball, arrampicata sportiva, karate, skateboard e surf. Ma qualcosa è andato storto.
L’idea, infatti, è stata sì positivamente accolta nella teoria, ma nella pratica si è scontrata con le critiche di chi non ha affatto apprezzato la scelta di non includere tra le 5 bambole un’asiatica. Benché, infatti, come si legge sul sito dell'azienda lo scopo di queste 5 bambole sia quello di incentivare le ragazze ad appassionarsi allo sport, educandole all'amicizia, alla solidarietà e al piacere del gioco e dell'attività motoria, di contro c'è una mancata rappresentanza asiatica visibile.
Sui social molti hanno sottolineato questo aspetto, evidenziando quanto vada a svantaggio di un'iniziativa nata per celebrare l'universalità dei valori dello sport e la sua apertura, la sua inclusività. Decisamente offesa, il commissario della contea di Macomb (nel Michigan) Mai Xiong, emigrata negli Stati Uniti come rifugiata Hmong all'età di 3 anni, ha twittato: "Non comprerò più Barbie per le mie due bambine. Nessuna rappresentanza". La donna ha citato nel suo Tweet anche Sunisa Lee, la prima Hmong-americana a competere ai Giochi per gli Stati Uniti: è entrata nella storia come la prima asiatica in assoluto a vincere l'oro nella ginnastica individuale. Ma in realtà in questa edizione si sono distinti tantissimi Asian American Pacific Islanders (gli americani asiatici o delle isole del Pacifico) nei Team USA e i Giochi si sono svolti proprio a Tokyo: dunque la mancanza della Mattel appare ancora più grave ed evidente.
Per gli stessi motivi anche l'artista giapponese americana Drue Kataoka ha espresso molta perplessità e amarezza, sottolineando che questa linea è stata proposta come inclusiva e innovativa ed è brandizzata come bambola ufficiale di Tokyo, ma senza una bambola con tratti asiatici nella collezione. Difficile capire come gli addetti ai lavori si siano dimenticati di includere una Barbie asiatica in una linea a tema Olimpiadi, nell'anno in cui i Giochi si sono svolti proprio il Giappone! Tra chi inneggia al boicottaggio e chi si indigna, manca ancora una risposta ufficiale di Mattel.