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L’eleganza del riccio, polemiche tra libro e film: pellicola liberamente ispirata

Nuova opera cinematografica sul grande schermo dopo il cinepanettone natalizio. “L’elaganza del riccio” di Muriel Barbery diventa un film la cui sceneggiatura porta la firma di Mona Achache.
A cura di roberta
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Garance Le Guillermic

Proprio in questi giorni si parla del cinema per i dati pervenuti dall’affluenza natalizia. Il cinepanettone ha vinto, come ogni anno, sul record di incassi anche se qualcosa sta cambiando. Rispetto all’anno scorso ha perso oltre 2 milioni in termini di entrate. Come per la televisione, anche il pubblico che frequenta le sale cinematografiche vuole cultura e non le solite volgari banalità. Arriva in Italia, per sopperire alla mancanza di “opere intellettualmente stimolanti”, la versione cinematografica del libro di Muriel Barbery che ha scalato la vetta posizionandosi tra i best seller dell’anno passato.

Il film di Mona Achache dal titolo “Il riccio”, riprende dall’opera letteraria sola una parte della storia. La regista, infatti, ha precisato di aver preso le distanze proprio per rendere fruibile e leggero lo spettacolo al pubblico. Nel film un cast d’eccezione per la bravura che ha dimostrato sul set. Paloma, grafomane che diviene una video maker, è interpretata da Garance Le Guillermic. Una suicida a 12 anni che progetta la sua morte nel giorno del suo tredicesimo compleanno. Angosciante quanto l’attesa dei 165 giorni che la separano dalla risoluzione dei suoi problemi, sceglie la fine lenta con sonniferi sottratti alla madre. Non vogliamo raccontarvi il film perché il piacere vi è anche nello scoprire la storia pian piano che prende forma dinanzi ai vostri occhi. Nominiamo anche Josiane Balasko, nei panni di Renée, e il pensionato Kakuro Ozu, interpretato da Togo Igawa.

Due temi che si incontrano e scontrano nel corso del film. La risoluzione che si apre come parabola a lieto fine con la trasformazione della rozza Renée in una donna distinta (da qui “L’eleganza del riccio”, titolo del libro) e una denuncia alla borghesia per l’odiosa imposizione verso coloro che appartengono ad un ceto inferiore. Il tutto condito da un contesto fiabesco. Notevoli le polemiche tra le differenze tra film e libro. La scrittrice, infatti, dichiara «Nella locandina si suggerisce l'idea che siano la stessa cosa. Il che mi costringe a ripetere che il libro e il film sono troppo differenti per portare lo stesso titolo. Non posso accettare che Eagle Pictures non rispetti la mia volontà di affermare la differenza». Uscendo dal suo riserbo informa il pubblico italiano che le è stato rifiutata la richiesta di dicitura “liberamente ispirato a”. Ovviamente Mark Lombardo, coproduttore e distributore della pellicola, declina qualsiasi accusa come infondata.

Roberta Santoro

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