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La storia di Chloe Lopes Gomes, la ballerina nera che ha denunciato il razzismo nella danza classica

Nata a Nizza in una famiglia umile di origini algerine e capoverdiane, dopo una lunga gavetta è diventata la prima ballerina nera nello Staatsballett di Berlino. Ma lì ha dovuto subire continue offese e discriminazioni e si è scontrata con i pregiudizi che ancora permeano il mondo della danza classica.
A cura di Beatrice Manca
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Gli studi in prestigiose accademie, poi il successo folgorante che l'ha portata a diventare la prima ballerina nera all'interno dello Staatsballett di Berlino. Ma la favola di Chloe Lopes Gomes, ballerina di origini capoverdiane e algerine, oggi è diventata l'ennesimo caso di razzismo all'interno dei teatri. A ottobre il suo contratto è scaduto senza rinnovo e lei ha deciso di farsi avanti per denunciare le discriminazioni subite, raccontando numerosi episodi di razzismo alla stampa tedesca. Denuncia che poi ha condiviso anche sui canali social, scrivendo: "Io non starò più in silenzio".

La carriera dalla scuola di danza a Marsiglia al Bolshoi di Mosca

Chloe Lopes Gomes è nata a Nizza, in Francia, in una famiglia di origini franco-algerine e capoverdiane. Suo padre lavorava come operaio, sua madre prestava assistenza medica. Si è formata all'Ecole nationale supérieure de danse di Marsiglia e nel 2008 le si sono spalancate le porte dell'accademia di danza più famosa al mondo, il Bolshoï di Mosca, la prima studentessa francese nera a essere ammessa. Dopo tanti anni di formazione sono arrivati i successi all'interno di compagnie internazionali, come il Balletto dell'Opera di Nizza, il New English Ballet Theater e il Béjart Ballet. Il suo è un repertorio molto vario: da Coppelia alla Bayadere, dal Flauto Magico al Bolero. Nel 2018 si è trasferita a Berlino, annunciando con orgoglio di essere la prima ballerina nera dello Staatsballett. Lo scorso giugno, in una lettera aperta a Vogue Italia, ha spiegato che il mondo della danza ha attraversato una fase di profondi cambiamenti, e oggi non è più così tradizionalista come potrebbe apparire da fuori.

Le interviste e le discussioni mi lasciano spesso la strana sensazione che il problema della xenofobia e del razzismo siano ancora difficili da superare nel mondo del balletto. In realtà, la questione non mi ha mai impedito di essere la persona che volevo diventare. Nonostante un ambiente elitario, la danza classica si è profondamente trasformata e non è più il mondo tradizionalista che si immagina da fuori. Prova ne sia il fatto che, nonostante le mie origini modeste (mio padre è un operaio e mia madre si occupa di assistenza medica) sono stata capace di realizzare il mio sogno, superando ostacoli e difficoltà.

Gli episodi di razzismo e il whiteface

Ma l'ultima esperienza lavorativa in Germania l'ha portata a ricredersi: in diverse interviste ha parlato di continui attacchi e offese per il suo aspetto, per il colore della pelle e i suoi ricci afro. In particolare, al Tagesspiegel ha raccontato che una maestra di ballo le ha chiesto di schiarirsi il volto con il trucco per interpretare "Il lago dei cigni" di Tchaikovsky. Una pratica che ha un nome preciso, whiteface, ed è considerata profondamente offensiva e per questo è stata abbandonata dai teatri. Almeno ufficialmente: la denuncia di Chloe Lopes Gomes dimostra che nella realtà le cose vanno diversamente.

La lunga storia di discriminazione nel balletto

La storia di Chloe Lopes Gomes dimostra quanto ancora oggi le minoranze etniche siano discriminate nel mondo della danza classica, per via di una tradizione molto esclusiva che fatica ad accettare un colore della pelle diverso. Cira Robinson, ballerina afroamericana, raccontò al New York Times che passava almeno tre quarti d'ora a ricoprire le sue scarpette in raso con un fondotinta scuro: in commercio esistevano solo scarpette di colore rosa chiaro, pensate per chi ha la pelle bianca. Lo stesso ha dovuto fare per anni Chyrstyn Mariah Fentroy, oggi ballerina a Boston: diventò virale la foto in cui dipingeva a mano le scarpette rosa prima di indossarle. Mentre alle colleghe bianche bastava sceglierne un paio e indossarle. Questo intende Chloe Lopes Gomes quando su Instagram parla delle tante forme di razzismo che ancora oggi sperimentano i ballerini di colore. Esistono storie di successo, ma si contano sulla dita di una mano: quella di Misty Copeland, prima afroamericana a diventare ètoile nell'American Ballet Theatre, o quella del cubano Carlos Acosta, il primo Romeo nero del Royal Ballet di Londra. E tutti hanno dovuto superare le stesse difficoltà, dal colore di scarpe e tutù ai pregiudizi duri a morire: il caso di Chloe Lopes Gomes è solo l'ultima tappa di una lenta trasformazione, tra aperture e diffidenza di un mondo ancorato alla tradizione.

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