La rivoluzione Gucci, no alla distinzione di genere: se vedessimo al mercato un uomo con la gonna?
Sembra un abito, ma è messo sopra a un paio di jeans. Fa parte della collezione Donna, ma a indossarlo è un uomo. Somiglia a una camicia lunga, ma ha anche un effetto grembiule che fa un po' scolaretta e un po' bambola di porcellana. Va oltre tutti gli schemi e le definizioni il vestito Gucci che sta infiammando gli animi e accendendo le discussioni, coinvolgendo anche chi di moda ci capisce poco o non ha nessun interesse nei confronti di ciò che sfila in passerella. Perché gli stilisti moderni hanno superato il semplice binomio moda-vestiti e si sono resi conto che la moda va oltre il produrre un bell'abito. Un abito può raccontare qualcosa, può farsi portavoce di un messaggio, può indurre a una riflessione. Questo succede solo se lo stilista che c'è dietro si lascia ispirare dalla società, se è interessato a raccontarla e ad aprire la passerella al mondo reale, andando oltre l'evento glamour della sfilata. L'approdo di Alessandro Michele alla Maison Gucci nel 2015 è stato rivoluzionario proprio per questo. Intercettando i cambiamenti sociali contemporanei e puntando a quelli rilevanti per un miglioramento futuro, ha fatto della moda un mezzo per incentivare in modo provocatorio la libera espressione della propria individualità, andando al di là del "genere". Ecco perché il vestito di cui si parla da giorni stupisce, ma fino a un certo punto.
La responsabilità della moda comincia in passerella e si estende alla società
Alessandro Michele non si è mai sottratto alle sue "responsabilità etiche": se la moda può farsi influenzare dalla società, perché non potrebbe essere valido anche l'inverso? Il direttore creativo di Gucci con le sue provocazioni vuole fare proprio questo: dare un contributo a quella rivoluzione di cui la società ha bisogno per migliorare e andare avanti garantendo a tutti equità e libertà. Per questo ha scelto di portare in passerella contemporaneamente uomini, donne e modelli che non hanno nessuna pretesa di rappresentare l'uno o l'altro sesso. Stessa cosa che fa l'abito arancione stile grembiule di cui si parla da giorni. È la prosecuzione naturale di un percorso intrapreso già da tempo, che mira a rendere la moda fluida proprio come lo sta diventando la società, dove uomini e donne non vogliono più sentirsi ingabbiati da definizioni di genere. Il capo infatti viene collocato sia nell'abbigliamento maschile che in quello femminile, sul sito. Venduto al prezzo di 1900 euro, si ispira al look grunge degli anni '90 e riflette l'idea di fluidità di tutta la collezione, inno alla libera espressione di sé al di fuori degli stereotipi riguardanti l'identità di genere.
Siamo pronti alle provocazioni di Gucci?
Il vestito arancione non è il solo della collezione Autunno/Inverno 2020 a sfidare gli stereotipi. Fa parte della linea, infatti, anche una camicia lunga in lana con stampa floreale che, come si legge nella descrizione, è stata pensata per chi si riconosce nello spirito versatile della Maison. In rete queste provocazioni di Gucci non sono state accolte da tutti in modo costruttivo. Qualcuno, con i piedi ben radicati nel mantra "I maschi si vestono da maschi, le femmine si vestono da femmine" ha messo in ridicolo il capo e ha puntato il dito contro la direzione gender fluid intrapresa dal brand. Il percorso messo in atto da Alessandro Michele sfida gli stereotipi: sia quelli della moda che quelli della società. Serviranno ancora parecchie collezioni Gucci per cambiare le cose, ma qualche passo avanti è stato già fatto. Le passerelle sono state capaci di andare oltre le definizioni di genere accogliendo anche un uomo con un vestito arancione, perché in realtà è un individuo che sceglie di indossare qualcosa che lo rappresenta in quanto persona, non in quanto uomo o donna. Si può dire lo stesso di altri luoghi fisici più quotidiani? Finché "il maschio con la gonna" sfila in passerella può andare bene, perché è un mondo lontano che non ci riguarda: ma guai a vedercelo passare accanto al supermercato.