Kamala Harris non ci sta e si impone sul rivale che la interrompe nel dibattito: «Sto parlando io!»
La senatrice della California Kamala Harris sarebbe la prima donna afroamericana e di origini asiatiche alla Casa Bianca, qualora alle prossime elezioni Joe Biden dovesse spuntarla su Donald Trump. La donna si è posta nei confronti dei cittadini in una chiave molto "natural", spiccando per semplicità ma soprattutto grande acume. La candidata democratica alla vicepresidenza non rinuncia mai al suo filo di perle intorno al collo e non si separa mai dalle sue Converse, neppure durante le occasioni più formali come la campagna elettorale. Tutti sono entusiasti della sua naturalezza, ma sono soprattutto le sue argomentazioni a catalizzare l'attenzione, perché Kamala Harris è una donna caparbia, con le idee chiare, che ha tanto da dire. Per questo non ama chi vuole metterla a tacere, chi vuole zittirla, soprattutto se a farlo è un uomo che mette in primo piano il suo essere donna rispetto al suo essere una professionista.
Nessuno mette Kamala Harris in un angolo
Si chiama mansplaining ed è l'atteggiamento che mettono in atto gli uomini nei confronti delle donne quando non le ritengono all'altezza di una situazione o abbastanza preparate su un argomento, o meglio, quando danno tutto questo per scontato. Si fa dunque avanti un modo di porsi saccente, che mira a voler a tutti i costi evidenziare mancanze in realtà inesistenti, con fare paternalistico e prevaricatore. Ed è esattamente questo che ha fatto il vice presidente Mike Pence nei confronti di Kamala Harris. I due erano ospiti di un dibattito e hanno affrontato diversi argomenti chiave in vista delle prossime elezioni. Non si è potuto non analizzare anche la gestione della pandemia da parte dell'amministrazione Trump. Pence guida proprio la task force appositamente creata dalla Casa Bianca ed è stato aspramente criticato dalla Harris, la quale ha sottolineato alcune irresponsabilità del presidente e alcune decisioni piuttosto scellerate, che hanno messo in pericolo il Paese intero. Pence ha più volte interrotto la senatrice, cercando di parlarle sopra e di dominare a tutti i costi la discussione, ma questi tentativi arroganti di replica al di fuori del proprio turno sono stati prontamente zittiti dalla candidata democratica. «Signor vice presidente, sto parlando io!», gli ha detto, rivendicando il diritto alla parola e mostrando una perfetta padronanza della situazione.
Donne vittime dell'arroganza dei colleghi uomini
Mike Pence deve aver imparato il mansplaining da Donald Trump, che nella precedente campagna presidenziale è stato capace di interrompere Hillary Clinton per ben 51 volte nel corso di un dibattito. Il fenomeno non riguarda solo la politica e le donne che ricoprono cariche istituzionali. A subire l'arroganza degli uomini che credono di sapere di più e di fare meglio sono donne appartenenti a qualunque classe sociale e a qualunque settore lavorativo. Ci si sente sminuite solo in quanto donne, si viene relegate in secondo piano con la convinzione che l'appartenenza a un genere sia indicativo di scarsa competenza o preparazione non adeguata, non pari a quella che potrebbe esibire un uomo. Ma oggi le donne non hanno più intenzione di sottostare alle spiegazioni non richieste, soprattutto su qualcosa di ovvio e noto, a chi le vuole zittire o far sentire inadeguate al ruolo che ricoprono. Si è fatta avanti, a fatica, una maggiore consapevolezza del proprio valore, anche se la strada è ancora lunga affinché gli uomini capiscano una volta per tutte che le competenze nulla hanno a che vedere col sesso.