Il momento del distacco tra madre e bambino spesso coincide con l’ingresso del figlio al nido o alla scuola dell’infanzia. Questo è un momento molto significativo nella relazione affettiva madre-bambino e per nulla facile, sia per la donna, che deve imparare a gestire il doppio ruolo di madre e lavoratrice, sia per il bambino che deve adattarsi ad un nuovo contesto e dunque sperimentare un primo grande cambiamento. Starà bene senza di me? Gli mancherò? Piangerà? Riusciranno a prendersi cura dei suoi bisogni? E’ forse troppo presto? La nostra relazione non sarà più quella di una volta? Riuscirò a non sentirmi in colpa? E’ un male che non mi senta in colpa?
Queste le domande, i dubbi e le perplessità che invadono i pensieri e i sentimenti di una madre nel momento in cui deve staccarsi dal proprio figlio per mandarlo a scuola e ritornare a lavoro. Sicuramente ogni bambino è unico e ogni relazione con la madre peculiare, ma certo è, che prima di affrontare questa nuova esperienza è utile fare delle riflessioni che possono aiutare a vivere questo momento delicato con la giusta consapevolezza. Tre parole possono a mio avviso venirci in aiuto: sincerità, gradualità, flessibilità.
1. E' importante essere sinceri col bambino
Preparare e coinvolgere il bambino in questa nuova esperienza che affronterete, parlandogliene, facendo degli esempi (magari coinvolgendolo nell’acquisto e/o nella preparazione di qualcosa di utile per la scuola), raccontargli la verità riguardo al fatto che andrà in un posto dove voi lo accompagnerete, ma che è destinato solo ai bambini, dove voi non potrete esserci per tutto il tempo. Questo potrebbe essere difficile da accettare e da interiorizzare per il bambino, ma è fondamentale rassicurarlo su questo aspetto che inevitabilmente a un certo punto si troverà a dover affrontare. Potrebbe accadere che i primi giorni il bambino reagisca con un atteggiamento positivo nei confronti del nuovo contesto e di questa nuova routine, ma in seguito (anche dopo qualche settimana), quando magari sta già trascorrendo molte ore a scuola, potrebbe invece mostrare segni di frustrazione e piangere al momento della separazione.
Ciò accade perché il processo di adattamento non è un continuum uguale per tutti, ma un percorso unico per ciascun bambino che può incontrare alcuni blocchi: molti genitori in questi casi, per evitare che il figlio faccia resistenza fanno ricorso a piccole bugie non dicendogli che lo stanno accompagnando a scuola, questo è molto rischioso perché il bambino si sentirà tradito e ciò non farà altro che creare disaffezione al nuovo contesto e non promuoverà di certo la fiducia nei confronti dei nuovi adulti di riferimento. Fondamentale anche confrontarsi sempre con gli educatori su cosa dire e come dirlo, cercando di stabilire fin da subito una relazione collaborativa e di sostegno reciproco. Va da sé che se il bambino percepirà un clima sereno tra voi e gli adulti a cui vorrete affidarlo, sarà meno difficile per lui considerarli positivi punti di riferimento.
2. L'inserimento a scuola va fatto in modo graduale
Ad oggi, per fortuna, in quasi tutte le scuole sia pubbliche che private una strategia sperimentata è accompagnare il bambino nell’inserimento con gradualità. Inizialmente madre e bambino sono insieme ed esplorano l’ambiente, poi nei giorni successivi la madre può allontanarsi per un arco di tempo limitato, anche in questo momento è consigliabile salutare il bambino, dicendogli che ci si allontana per una piccola commissione, ad allontanarsi senza dire nulla si corre il rischio che il bambino si senta abbandonato appena si accorgerà che la madre non è più vicino a lui e sarà poi più difficile per lui affidarsi agli educatori e sentirsi protetto in questo nuovo ambiente. La prima e più temuta reazione è certamente il pianto al momento della separazione.
La teoria dell’attaccamento di Bowlby ci insegna che un bambino molto piccolo possiede una predisposizione biologica che lo porta a sviluppare un legame di attaccamento con chi si prende cura di lui; per ricercare la vicinanza del genitore, il bambino utilizza una serie di segnali quali il pianto, l’aggrapparsi o il seguire il genitore. Se le madri rispondono adeguatamente a questi bisogni e se il bambino farà esperienza di ricongiungimento e di accoglienza dei propri bisogni emotivi, si instaurerà un legame di attaccamento solido e di conseguenza si consoliderà un positivo sentimento verso se stessi e verso gli altri e una fiducia nei confronti di un nuovo contesto. Dunque un bambino che piange durante il momento della separazione dalla madre, sta certamente esprimendo un disagio, ma si tratta di un disagio legittimo e soprattutto fisiologico, e non di un semplice capriccio, che può essere accolto in quel momento parlandogli con chiarezza e sincerità.
Anche se fare i conti con il senso di colpa non è facile, bisogna tenere sempre a mente che solo sperimentando gradualmente la separazione e il successivo ricongiungimento, il bambino farà esperienza ripetuta dell’essere accolto e accudito nei suoi bisogni emotivi e solo così potrà sviluppare autonomia e indipendenza. Inoltre ricordarsi sempre che l’atteggiamento del genitore è fondamentale per promuovere il processo di adattamento, dunque è necessario avere fiducia nelle capacità del bambino e nei vantaggi del distacco.
3. E' fondamentale un atteggiamento flessibile
Proprio perché si tratta di un processo unico e sistemico, dove ci sono tantissime variabili in gioco, è utile riconoscere questa complessità e affrontarla con sicurezza ma anche con flessibilità. E’ un processo faticoso che richiede tempo, costanza e resistenza allo stress, fatto di passi avanti, tentennamenti e momenti di stallo dove ci si può sentire sfiduciati e demoralizzati. Per questi motivi è utile accogliere tutto quello che potrebbe succede con flessibilità, riconoscendo a voi e a vostro figlio il fatto di trovarsi in un momento difficile, un momento che entrambi potete affrontare.
E' poi molto importante, per quanto possibile, non darsi scadenze di tempo: molti genitori sperano che l’inserimento duri il meno possibile e che tutto termini quanto prima, spesso perché sono obbligati ad organizzare precocemente l’autonomia dei figli per tornare a lavoro. Questa scelta, seppur spesso obbligata, potrebbe non aiutare, perché non offre la possibilità a nessuno di adattarsi al nuovo contesto non accogliendo né i bisogni evolutivi del bambino né quelli trasformativi delle madri che come dicevo in apertura deve imparare dopo molti mesi, a conciliare i tempi di vita privata e familiare con quelli del lavoro.