Il coraggio di Marsha P. Johnson: la storia del Pride comincia col lancio di un bicchiere
Non si parla più di Gay Pride, bensì di Pride: giugno celebra l'orgoglio di persone omosessuali e non solo, perché a reclamare i propri diritti oggi sono anche lesbiche, bisessuali, asessuali, trans e queer. La pandemia ha fermato i tradizionali cortei che da anni si svolgono in tutto il mondo, ma sono state ugualmente organizzati degli eventi con cui si intende comunque rivendicare con orgoglio la propria sessualità. Queste manifestazioni si concentrano nel mese di giugno per un motivo ben preciso: per ricordare come tutto è cominciato, cioè con i moti di Stonewall del 27 e 28 giugno 1969. In quell'occasione si fece la storia. Una delle protagoniste indiscusse di quei giorni e di tutto ciò che vi seguì dal punto di vista del movimento di liberazione omosessuale, fu la drag queen e attivista Marsha P. Johnson.
Giugno in tutto il mondo è il mese del Pride
Giugno è il mese del Pride in tutto il mondo, un po' per convenzione e un po' per istituzione. Nel giugno 1970 si svolse il primo Pride della storia, una parata organizzata per ricordare quanto accaduto l'anno precedente. Da quel momento ogni anno nello stesso mese è andata avanti la tradizione, in ricordo dei moti di Stonewall del 27 e 28 giugno 1969. In Italia il primo Pride risale ufficialmente al 2 luglio 1994, ma in realtà già nel 1972 si era svolta una protesta contro il "Congresso internazionale sulle devianze sessuali" d'ispirazione cattolica. Nel 1999 il presidente Bill Clinton ha istituito il Gay and Lesbian Pride Month con un proclama ufficiale e nove anni dopo Barack Obama vi ha incluso anche le persone bisessuali e transgender.
Marsha P. Johnson tra coraggio e discriminazione
Nascere uomo nel New Jersey del 1945 e cominciare sin da bambino a vestirsi da donna, significava non avere vita facile. Johnson, infatti, trovò la ferma opposizione della sua famiglia e si trovò a dover fare i conti con la discriminazione e le violenze dei suoi coetanei. La partenza alla volta di New York, a soli 17 anni, fu l'inizio della libertà, del contatto con nuove realtà e della nuova vita da drag queen col nome d'arte Marsha P. Johnson. Era una frequentatrice abituale dello Stonewall Inn: si trova al numero 53 di Christopher Street, tra la West 4th Street e Waverly Place, nel Greenwich Village di New York. Negli anni Sessanta era uno dei pochi locali a consentire l'accesso anche a drag queen e transessuali, solitamente esclusi da quelli che erano conosciuti unicamente come gay bar.
Marsha P. Johnson ai moti di Stonewall
Lo Stonewall Inn (come tutti i bar frequentati da gay) era sottoposto continuamente a controlli della Polizia e retate improvvise, visto che l'omosessualità era ancora un reato nel Paese. Proprio durante una di quelle incursioni accadde qualcosa di inaspettato. Invece di sottostare alle umiliazioni e ai soprusi delle forze dell'ordine i presenti si ribellarono. Fu proprio il lancio di un bicchiere contro uno specchio da parte di Marsha P. Johnson che, secondo una delle tante versioni che circolano su quella storica nottata, accese la miccia della rivolta. A protestare c'erano anche Sylvia Rivera e Stormé DeLarverie, rispettivamente attivista trans d'origine portoricana e attivista lesbica afroamericana, protagoniste delle successive iniziative del movimento di liberazione gay. Proprio con l'amica Rivera, Marsha P. Johnson fondò prima il Gay Liberation Front e in seguito l'associazione STAR, un rifugio per persone queer, gay, drag e trans.
La drammatica fine di Marsha P. Johnson
Le condizioni economiche di povertà, i continui arresti uniti ai ricoveri per schizofrenia, i farmaci, le aggressioni: tutto questo minò profondamente l'equilibrio della Johnson. Chi l'ha conosciuta la ricorda come capace di profondi slanci d'affetto e al tempo stesso di scatti d'ira incontrollati. Le cause della sua morte sono ad oggi sconosciute. Il suo corpo fu ritrovato nelle acque del fiume Hudson il 6 luglio del 1992. La Polizia archiviò il caso come suicidio, ma diverse persone testimoniarono di aver assistito a un’aggressione ai danni della drag queen. Non furono mai svolte indagini più approfondite: forse nessuno era realmente intenzionato a trovare un colpevole e a dare giustizia a Marsha P. Johnson. Le sue ceneri furono sparse nel fiume da alcuni amici, amici che nel tempo hanno continuato a tenerne vivo il ricordo facendolo arrivare fino a noi.