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Gucci, Alessandro Michele dice addio a sfilate e stagioni e propone un nuovo vocabolario per la moda

Alessandro Michele, direttore creativo di Gucci, comunica la decisione sua e del marchio italiano di dire addio a sfilate e stagioni, che hanno portato il mondo della moda a una corsa irrefrenabile e immotivata. Lo stilista abbonderà anche il linguaggio consueto di cruise, pre-fall, spring-summer, per abbracciare nomi provenienti dal mondo della musica classica.
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A cura di Beatrice Barbato
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Appunti dal silenzio, è così che Alessandro Michele, direttore creativo di Gucci, ha voluto intitolare una serie di scritti pubblicati sull'account Instagram della casa di moda italiana. Come se fossero pagine di un diario, raccolgono pensieri, paure, riflessioni sulla vita di oggi e sulle sorti del mondo della moda, scritte dalla sua casa di Roma in questi mesi in cui la vita di ciascuno è profondamente mutata. «Nel mio piccolo, avverto impellente la necessità di cambiare molte cose del mio lavoro. In fondo l’inclinazione al cambiamento ha sempre contraddistinto la mia vita professionale, marcandola con una naturale e gioiosa irrequietezza creativa. Ma questa crisi è come se avesse amplificato tale urgenza trasformativa, rendendola non più differibile».

Gucci dice addio alle sfilate e alle stagioni

Come già aveva fatto Armani parlando dell'esigenza di una moda meno veloce e consumistica, anche per Alessandro Michele è arrivato il momento di riprogettarla. «Nel mio domani, abbandonerò il rito stanco delle stagionalità e degli show per riappropriarmi di una nuova scansione del tempo, più aderente al mio bisogno espressivo. Ci incontreremo solo due volte l’anno, per condividere i capitoli di una nuova storia. Si tratterà di capitoli irregolari, impertinenti e profondamente liberi. Saranno scritti mescolando le regole e i generi. Si nutriranno di nuovi spazi, codici linguistici e piattaforme comunicative». Una scelta che forse solo pochi mesi fa avremmo trovato sorprendente, ma che oggi ha un forte significato. Nessun calendario ufficiale, dunque, l'imposizione di quelle stagioni che danno ai capi vita breve e alla creatività degli stilisti poco tempo per esprimersi.

Un nuovo linguaggio per la moda

A cambiare, nella visione dello stilista, sarà anche il vocabolario. «Mi piacerebbe abbandonare l’armamentario di sigle che hanno colonizzato il nostro mondo: cruise, pre-­fall, spring-­summer, fall-­winter. Mi sembrano parole stantie e denutrite. Sigle di un discorso impersonale, di cui abbiamo smarrito il senso. Contenitori che si sono progressivamente staccati dalla vita che li aveva generati, perdendo aderenza con il reale». I nuovi nomi della moda prenderanno spunto dal linguaggio della musica classica: sinfonie, rapsodie, madrigali, notturni, ouverture, concerti e minuetti. «La musica, in fondo, ha il sacro potere di produrre riverberi e connessioni. Viaggia attraverso i confini, riannodando la fragilità all’infinito».

La corsa irrefrenabile della macchina moda

Questa esigenza di rallentare arriva in risposta al ritmo ferreo a cui negli ultimi anni la macchina moda è stata costretta ad andare. Il calendario ufficiale parte a gennaio e febbraio, con le sfilate uomo e donna per la collezione Autunno/Inverno successivo, per cui nel 2020 viene mostrato in passerella ciò che sarà nei negozi già a luglio. A giugno è il turno della collezione uomo Primavera/Estate successiva, a settembre della collezione donna. Nel mezzo ci sono le pre-fall e le pre-spring, a cui molti grandi marchi come Chanel, Dior e lo stesso Gucci, danno i nomi di Cruise e Resort. Collezioni su collezioni, sfilate su sfilate, alcuni capi non fanno in tempo ad arrivare in negozio che già diventano vecchi e pronti a essere sostituiti con del nuovo. Ma la moda è arte e creatività e ha bisogno di ritmi suoi, di essere apprezzata e vissuta pienamente. «In questo silenzio che è cosa viva, il mio ascolto abbraccia tutte le persone straordinarie che lavorano con me. Ricalibrare il tempo su passi più umani vuole essere una promessa di rinnovata cura nei confronti di questa meravigliosa comunità d’intenti cui orgogliosamente appartengo – spiega Alessandro Michele in uno dei suoi ultimi pensieri scritti –  E’ il mio progetto, pro-­ jectum: l’arte di gettare nel futuro l’esistenza. Un futuro declinato al plurale, che comprende il “noi” come fondamento. Che comprende quell’abbraccio che oggi non possiamo darci, ma verso cui torneremo con una comprensione più espansa».

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