Francesca Morvillo e quell’amore con cui ha saputo reggere il peso della lotta di Giovanni Falcone
Il 23 maggio 1992 Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e tre agenti della scorta persero la vita nella strage di Capaci. Ma chi era davvero Francesca? Non solo la moglie di un uomo che aveva dedicato la sua vita alla lotta contro la mafia, ma una donna forte che ne aveva saputo condividere i fardelli, spinta come lui dall’immenso amore per la giustizia.
A bordo della Croma bianca, il 23 maggio 1992, accanto a Giovanni Falcone c'era anche la moglie Francesca Morvillo. E lì, sull'autostrada A29 Palermo-Trapani nei pressi dello svincolo di Capaci, l'auto dei due giudici si schiantò contro un vero e proprio muro d'asfalto, che lo scoppio di cinquecento chili di tritolo fece sollevare. Sono passati 28 anni da allora, da quella strage in cui persero la vita, non solo Falcone e Morvillo, la sola magistrato donna a morire in un attentato, ma anche gli agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro.
Francesca Morvillo è sempre stata ricordata da tutti come la moglie del magistrato che ha dedicato tutto se stesso alla lotta contro la mafia. Ma lei, che aveva ricoperto il ruolo di giudice al Tribunale di Agrigento, poi quello di sostituto procuratore al Tribunale per i minorenni di Palermo nonché di Consigliere della Corte d'Appello di Palermo, è stata molto di più. Ci è voluto immenso coraggio e risoluto amore nel saper stare accanto a un uomo così, la cui vita era talmente intrecciata al suo lavoro, da non poterlo lasciare fuori dalla porta di casa nemmeno per un giorno solo all'anno.
L'incontro, il loro amore e quella passione condivisa
Si conobbero nel 1979 durante una cena a casa di amici, entrambi con alle spalle due matrimoni finiti. Si innamorarono l'uno dell'altra, così simili, mossi entrambi dalla stessa intensa passione per la giustizia. Non si lasciarono più: arrivarono il Maxiprocesso, i divorzi per entrambi e poi finalmente il matrimonio otto anni dopo. Scelsero di rimanere sempre e soltanto in due, perché come ripeteva Falcone «non si fanno orfani, si fanno figli». Francesca poteva capire le sue parole e i suoi silenzi, ne condivideva il peso delle scelte difficili e gli stava accanto, mai un passo indietro né un passo avanti. Ci vuole immenso coraggio e risoluto amore anche nell'accettare una vita vissuta a metà, con la scorta e quegli attimi privati da rubare, come se nessuno di loro fosse mai stato davvero padrone di se stesso. E Falcone sapeva bene che nessuno, al di fuori di Francesca, avrebbe mai potuto davvero stargli accanto. Nessuno, se non lei, avrebbe mai davvero capito quell'intima devozione alla legge e alla giustizia che lo portava a lavorare a tutte le ore del giorno e della notte.
«Giovanni, amore mio, sei la cosa più bella della mia vita»
Nessuno dei due morì sul colpo alle 17:59 di quel 23 maggio 1993. Furono estratti vivi dalla macchine e portati in ospedale ancora coscienti. «Dov'è Giovanni?», furono le ultime parole pronunciate da Francesca Morvillo, prima di morire come il marito a causa delle gravi emorragie interne riportate. Anni dopo, però, fu trovato un biglietto che lei scrisse per il marito e che lui non riuscì mai a leggere. «Giovanni, amore mio, sei la cosa più bella della mia vita. Sarai sempre dentro di me così come io spero di rimanere viva nel tuo cuore, Francesca». Anni passati a sorreggersi reciprocamente e a camminare l’uno affianco all’altra. Ci vuole smisurato coraggio e risoluto amore anche per condividere i fardelli dell'altro. Sarà stata forse questa la loro vera arma vincente: quattro spalle a reggere la stessa battaglia, per renderla più leggera da sopportare.