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Forever 21 fallisce, il brand di abbigliamento low-cost chiuderà più di 500 negozi in tutto il mondo

Forever 21, brand low-cost che ha dato vita al concetto di fast-fashion, è fallito e ha richiesto la bancarotta assistita. Ora dovrà chiudere oltre 500 negozi in tutto il mondo nell’attesa che venga messo in atto un piano di ristrutturazione.
A cura di Valeria Paglionico
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È un momento di crisi per Forever 21, la catena di negozi d'abbigliamento americana diventata celebre per essere stata tra le prime ad aver dato vita al concetto di fast fashion. È in fallimento ed è stata costretta a fare ricorso alla bancarotta assistita nella speranza di ristrutturare la propria attività. Servendosi del Chapter 11, una legge fallimentare statunitense simile all’amministrazione controllata italiana, ha avuto il permesso di tenere aperta l'azienda, nonostante la grave crisi economica, a patto di pagare i creditori e avviare un piano di risanamento. Il brand sarà però costretto a chiudere fino a 178 punti vendita negli Stati Uniti e 350 nel resto del mondo.

"Quello che ci auguriamo di fare con questo processo è semplificare le cose in modo da poter tornare a a fare quello che facciamo meglio", ha spiegato Linda Chang, amministratore delegato di Forever 21. L'azienda è nata nel 1984 grazie ai coniugi Do Won e Jin Sook Chang che, dopo essere arrivati in California dalla Corea del Sud, hanno dato vita a qualcosa di innovativo e rivoluzionario, ovvero un marchio di abbigliamento low-cost che modifica con una certa regolarità la propria offerta. Il segreto del suo successo sta nei prezzi bassissimi e nella mancanza di identità dei capi, apprezzati soprattutto dagli adolescenti.

A partire dallo scorso anno, però, a causa dei cambiamenti nel gusto dei consumatori, che puntano sempre di più sui grossi rivenditori online, è stata travolta dalla crisi. A complicare la situazione, anche l'enorme concorrenza di marchi più giovani attenti alla questione ambientale e ai diritti dei lavoratori come ad esempio H&M. Le vendite sono passate dai 4,4 miliardi di dollari del 2016 a 3,3 miliardi di dollari nel 2018, mentre già dal 2017 molti store avevano chiesto l'amministrazione controllata. Sembra dunque essere finita l'epoca di quello che veniva definito come l'incarnazione del sogno americano, anche se il piano di ristrutturazione intende arrivare a vendere per 2,5 miliardi l'anno.

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