Donne mandate nella foresta senza cibo quando hanno le mestruazioni: non è una serie tv ma la realtà
Mentre in Italia si parla di tampon tax e ci si batte affinché le mestruazioni non vengano considerate un lusso, in altre parti del mondo questa parola è quasi innominabile, una sorta di marchio d'infamia. In India, per esempio, sono un vero e proprio tabù, vissuto con estrema vergogna dalle donne stesse, che in quei giorni vengono considerate impure e per questo costrette a rispettare severe restrizioni. Vengono escluse dalla vita sociale, viene loro negato l'accesso ai templi e ai santuari, non possono stare in presenza di uomini. In alcune zone del Paese i divieti sono ancora più severi. Le tribù Gond e Madia di Gadchiroli, uno dei distretti più poveri e sottosviluppati nello stato indiano occidentale del Maharashtra, operano una vera e propria ghettizzazione verso le donne con le mestruazioni, a detta degli anziani voluta dagli dei.
Donne con le mestruazioni bandite dal villaggio
Se nel così tanto moderno Occidente ci si scandalizza per il sangue mestruale e a fatica a normalizzare questo argomento e a parlarne serenamente, in altri Paesi le cose sono anche peggiori. Le credenze delle tribù indiane impongono di attuare dei divieti molto severi nei confronti delle donne per cinque giorni al mese, quelli corrispondenti alle mestruazioni. Per questo intero periodo bambine, ragazze e donne vengono isolate in capanne alla periferia del villaggio, ai margini della foresta. Non sono autorizzate a prelevare acqua dal pozzo del villaggio: per fare il bagno o lavare i panni devono raggiungere a piedi un fiume a un chilometro di distanza. Non solo: devono dipendere dai viveri forniti loro dalle parenti femmine e non possono in alcun modo avvicinarsi agli uomini. Questi se venissero anche solo toccati diventerebbero a loro volta impuri. Il momento del trasferimento in capanna è vissuto con terrore, perché si tratta per lo più di strutture estremamente fatiscenti realizzate in fango e bambù, con tetto di paglia, senza porte né finestre.
Quando il ciclo mestruale è una vergogna
Le testimonianze rilasciate alla BBC da alcune donne sono raccapriccianti. Durpata Usendi, 45 anni, ha raccontato un episodio risalente a dieci anni fa che non ha mai dimenticato: una ragazza di 21 anni isolata nella capanna morta per il morso di un serpente. "Siamo stati svegliati poco dopo la mezzanotte, quando è corsa fuori dalla capanna piangendo e urlando. Le sue parenti donne hanno cercato di aiutarla, le hanno dato alcune erbe e medicine locali. Gli uomini, anche quelli della sua famiglia, guardavano da lontano. Non potevano toccarla perché le donne con le mestruazioni sono impure. Mentre il veleno si diffondeva attraverso il suo corpo, giaceva a terra contorcendosi dal dolore ed è morta poche ore dopo”. Altre terribili storie parlano di donne morte per la febbre alta, altre mangiate dagli orsi, altre ancora per le condizioni igieniche del tutto inadeguate del posto. Il problema è che sono le donne stesse a non essere ancora in grado di ribellarsi a questa pratica: in qualche modo ne percepiscono la crudeltà, ma la considerano una tradizione intoccabile. Da secoli gli anziani del villaggio dicono loro che sono gli dei a volerlo e che quindi non è un ordine che si può sovvertire. Se da un lato la religione è l'argomento principalmente usato per motivare queste restrizioni, dall'altro lato le donne che riescono ad andare via e a studiare in città stanno cercando di cambiare le cose e di sfidare questo apparato apparentemente incrollabile. Loro sono quelle più consapevoli di questa vera e propria violazione dei diritti umani. Dilip Barsagade, presidente di Sparsh, un ente di beneficenza locale che opera nell'area indiana da 15 anni e che cerca di tutelare le donne, ha detto: "Ci vorrà del tempo, ma vedremo il cambiamento un giorno, in futuro".
Normalizzare le mestruazioni: una sfida da vincere
Nicola Monterio della ONG Kherwadi Social Welfare Association sta cercando di aiutare le donne indiane mettendo a loro disposizione delle capanne meno fatiscenti. Le nuove capanne in costruzione forniranno alle donne uno spazio sicuro, costituiranno il primo passo verso un’educazione più profonda e soprattutto una normalizzazione delle mestruazioni, che per loro invece non sono altro che fonte di vergogna. Barsagade sa che il vero problema è molto più profondo, perché è culturale, ha a che fare con la tradizione e la religione: "Migliori capanne non sono la risposta. Le donne hanno bisogno di supporto fisico ed emotivo durante le mestruazioni, che è disponibile solo a casa. Ma abbiamo visto che resistere non è facile. Non abbiamo una bacchetta magica per cambiare la situazione".