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Dominique Crenn, chi è la chef ribelle che ha cambiato le regole del mondo della cucina

È la prima chef donna ad aver ricevuto tre stelle Michelin negli Stati Uniti per il suo Atelier Crenn, ma la strada che ha percorso non è stata affatto in discesa. Dominique Crenn racconta in un libro la sua storia, di donna omosessuale che ha dovuto farsi strada in un mondo, quale quello culinario, dominato dagli uomini.
A cura di Beatrice Barbato
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Identificarla in un unico ruolo non è possibile. Dominique Crenn è tante cose, prima di tutto una chef ribelle come lei stessa si definisce. Classe 1965, nata a Versailles in Francia, fu adottata all'età di 18 mesi da Allain e Louise Crenn, politico lui, amante della cucina e dei gusti lei. Dominique Crenn è la prima donna ad aver ottenuto tre stelle Michelin negli Stati Uniti per il suo Atelier Crenn, una bomboniera, come molti lo definiscono, con una quarantina di coperti in Filmore Street a San Francisco. Madre di Charlotte e Olivia, 6 anni, nate dall'allora compagna Katherine Keon, è ora impegnata sentimentalmente con l'attrice Maria Bello.

La sua storia raccontata in un libro

La sua strada, però, non è stata in discesa. «La verità è che in Francia durante gli anni nei quali sono cresciuta, diventare una chef era semplicemente qualcosa che le donne non avrebbero fatto – spiega nell'introduzione del suo libro appena uscito Rebel Chef. In search of what matters – Io non volevo quello che avrei dovuto desiderare, matrimonio, figli, una professione discreta. Negli anni ‘70 e ‘80, questi erano gli unici obiettivi adeguati per una donna francese, quindi per un po’ pensai che il problema fosse la Francia. Non sono abbastanza francese, pensavo. Del resto, il mio patrimonio genetico era misto e incerto e la Francia, con la sua severità e purezza, non mi andava bene. Solo l’America, la terra della libertà, mi avrebbe salvata». Ed è proprio lì che poi è approdata.

Bold is the new hair #incrennible #fuckcancer #lovecancer

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Dal coronamento di un sogno al tumore al seno

Ha dovuto combattere con il suo essere donna lesbica in un ambiente maschile, chiuso e dai forti preconcetti. «Nei primi quindici anni della mia carriera – si legge – mi hanno urlato contro e mi hanno costretto a lavorare anche con le minacce. Sono sopravvissuta a manager orribili e chef tirannici». E poi nel 2011 è arrivata la vera sfida che è stata anche il coronamento di un sogno, un ristorante tutto suo. Nel 2018, anno in cui tutti i suoi sacrifici le sono valsi il riconoscimento mondiale, ha confessato al mondo che un altro ostacolo cercava di interromperne la corsa: un cancro al seno. Combattente e così umana, non ha avuto timore di mostrare a tutti le sue fragilità e quella forza che l'ha sempre spronata ad andare avanti. E che poi le ha permesso anche di affrontare il lungo stop causato dall'emergenza Coronavirus. «Questi ultimi mesi sono stati forse un dono per tutti noi, forse stimolanti, ci hanno aiutato a riflettere sulla vita, l'umanità e il pianeta. L'industria della ristorazione è la nostra famiglia, siamo tutti connessi e ci sosteniamo a vicenda. Nutriamo e sosteniamo la nostra comunità e amiamo l'atto del dare con amore e cura. Non vediamo l'ora di darvi il ​​bentornato. Voglio ringraziare la mia squadra per la sua resilienza, per essersi presentata e per aver continuato a sorridere e ballare anche questa volta». Ribelle sì, ma con un cuore grande e una passione infinita per l'arte culinaria.

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