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Complesso di Cenerentola: quando una donna sceglie di rinunciare alla propria indipendenza

Chi soffre della sindrome di Cenerentola teme l’indipendenza, ha paura di restare da solo, aspetta sempre che ci sia qualcuno a salvarlo. Esattamente come nella favola dove la protagonista aspetta l’arrivo del principe azzurro per liberarsi della matrigna e delle sorellastre. Quali sono le cause di questo complesso e come affrontarlo lo abbiamo chiesto alla psichiatra Rossella Valdrè.
Intervista a Dott.ssa Rossella Valdrè
Psichiatra, psicoterapeuta, membro della Società Psicoanalitica Italiana
A cura di Francesca Parlato
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Ci aveva visto lungo la psicoterapeuta statunitense Colette Dowling che nel 1981 pubblicò il libro "Il complesso di Cenerentola: la paura nascosta dell'indipendenza delle donne". A quel tempo infatti nessuno si sognava di accusare i cartoni e le fiabe di portare avanti un sistema patriarcale, nessuno si sorprendeva se Biancaneve, Cenerentola o la Bella Addormentata non erano altro che delle bellissime principesse vittime di angherie, sortilegi ad opera di streghe o matrigne (tutte donne ça va sans dire) in attesa che il mitico principe azzurro venisse a salvarle. Eppure Dowling aveva previsto già quale era il rischio di una visione o lettura passiva e acritica di questo tipo di fiaba e per questo coniò l'espressione "Cinderella complex".

Che cosa è il complesso di Cenerentola

Chi soffre di questa sindrome non solo vive la sua vita in perenne attesa di un principe azzurro, ma soprattutto nel timore dell'indipendenza. "Si tratta di donne, ma non è escluso che possano soffrirne anche gli uomini, che hanno un complesso di comportamenti caratterizzato dalla paura dell'indipendenza e che hanno poca, pochissima autostima" spiega a Fanpage.it la psichiatra e psicoterapeuta Rossella Valdrè di guidapsicologi.it. L'autonomia in questo caso non è desiderata ma temuta. "Si pongono in atteggiamenti remissivi e restano in attesa che il principe arrivi con la scarpetta". Le Cenerentola credono che la realizzazione personale arrivi soltanto in compagnia di un marito, di una relazione sentimentale in cui immergersi totalmente, immolando le loro volontà e i loro desideri.

Perché si diventa Cenerentola

Come tutto ciò che riguarda la psiche, il motivo alla base di un determinato comportamento è sempre soggettivo, e cambia da persona a persona. Ma mai come in questo caso si possono però chiamare in causa dei fattori culturali e ovviamente il sistema patriarcale. "Le bambine, soprattutto in certi contesti familiari, vengono incentivate di meno all'autonomia e anche all'aggressività. Quanto spesso viene detto loro "Stai buona, fai la brava bimba"?". In alcune famiglie, dove ci sono sia figli maschi che femmine, questo tipo di comportamento è ancora più evidente, quasi sempre a un figlio maschio sono concesse più trasgressioni, nessuno gli chiederà di stare zitto e buono, cosa che invece accade più facilmente per una figlia femmina. "Nelle famiglie fallocentriche, i maschi sono più incentivati all'attività e alla conquista di una certa indipendenza rispetto alle sorelle. Se questo poi si scontra con degli aspetti caratteriali interni della bambina, magari già di partenza tendenti alla remissività e alla timidezza, il rischio è che si crei un cocktail infelice di fattori che possono portare all'insorgere di questa sindrome". E attenzione anche con i soprannomi: "Può essere affettuoso chiamare la propria bambina ‘principessa', ma facciamo in modo di evitare che la bambina si identifichi con questa definizione. Spieghiamo sempre che non deve aspettare qualcuno che arrivi a svegliarla o a salvarla, ma che deve essere lei stessa a studiare e a raggiungere con le sue forze, i suoi obiettivi".

La parità di genere inizia in famiglia

Sono passati 40 anni e migliaia di nuovi cartoni e di nuove favole, dal libro di Dowling, eppure oggi stiamo ancora a discutere di Cenerentola, Biancaneve e di tutte le principesse più famose. "Il fatto che queste favole resistano ancora è perché sono degli archetipi profondi della nostra psiche, rappresentano dei modelli di funzionamento anche a distanza di secoli. Ma questo non vuol dire che non possano essere scardinati o semplicemente svuotati del loro valore. Pensiamo a Babbo Natale, una volta adulti nessuno ci crede più. Lo stesso dovremmo fare con questo tipo di favole". Se in una famiglia si porta avanti un messaggio per cui non è necessario che la bambina studi, che prima o poi si sposerà e passerà dalla cura della casa paterna a quella del marito, sarà difficile smantellare questi archetipi. "Occorre che la famiglia e la scuola trasmettano l'importanza dell'indipendenza e dell'autonomia. Una madre che lavora è già di per sé un buon esempio".

La sindrome di Cenerentola e le relazioni d'amore

Chi soffre di questo complesso tenderà ad attrarre una determinata tipologia di partner: "Di solito si tratta di narcisisti e manipolatori. Una donna che ha paura dell'indipendenza è perfetta per un uomo in cerca di un soggetto più debole. E il rischio è che queste relazioni si tramutino in rapporti di dipendenza economica e affettiva". Relazioni disfunzionali che nel lungo periodo potrebbero essere particolarmente difficili e dolorose. "Non è detto che accada, una donna con questo complesso potrebbe anche incontrare un partner affettuoso, con cui condividere una relazione paritaria. Ma è decisamente più raro".

Come riconoscere il complesso di Cenerentola

Il timore dell'indipendenza si può esprimere in modi diversi. "Molte ragazze rifiutano la scuola, scelgono di non lavorare, possono incominciare a soffrire di disturbi del comportamento alimentare". Dal punto di vista sociale si tratta di donne che scelgono di stare ai margini, di non esporsi. "Diventano le aiutanti di tutti, e perdono centralità. Non si mettono mai al centro del discorso, non parlano mai in prima persona". E poi c'è una totale idealizzazione del proprio compagno e attribuiscono a lui tutto il valore che non riescono a riconoscere in sé stesse. "Si abdica ai propri desideri, si dimenticano le proprie volontà: tutto ruota intorno al partner. La mancanza di autostima è una caratteristica delle donne Cenerentola".

Come superare questo complesso

Lavorare per superare un complesso non è mai facile. E in un caso come questo, dove la tendenza a sminuirsi, ad abdicare alla volontà di un uomo, a rinunciare alla propria indipendenza perché tanto ci sarà qualcun altro a occuparsi di tutto, è frutto di abitudini familiari e conseguenza del sistema patriarcale in cui ancora oggi siamo profondamente immersi, la partita si fa ancora più difficile. "È difficile affrontare questa sindrome da soli, senza un aiuto psicoterapico. Quando si instaurano questo tipo di relazioni entrano in gioco alcune dinamiche pratiche che sono ancora più dure a morire. Come ad esempio il vantaggio secondario: dipendere da qualcuno comporta una delega delle responsabilità, si è liberi da preoccupazioni e incombenze e questo per alcune persone è un vero e proprio vantaggio. Sradicare queste abitudini può essere davvero difficile". Ricentrarsi, iniziare ad avere cura per sé stessi e non solo per gli altri, cominciare a lavorare sulla propria autostima, sono i primi passi da fare per lavorare sulla propria indipendenza. "Studiare, non trascurare mai la scuola, circondarsi di persone positive, di buone amicizie, cercare modelli in cui identificarsi anche al di fuori della famiglia, come un'insegnante o un'amica più grande di noi, può essere sicuramente molto utile – conclude la psicologa – E poi leggere. A volte una scrittrice, una poetessa, una filosofa, possono diventare delle ottime interlocutrici e essere utili per praticare autoanalisi e per aprirci la mente".

Le informazioni fornite su www.fanpage.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.
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