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Beatrice Venezi: “Chiamatemi direttore, non direttrice”. A Sanremo la modernità è di facciata

La più giovane direttrice d’orchestra italiana sale sul palco di Sanremo e ci tiene ad essere chiamata “direttore”, dicendo di essere pronta ad affrontare qualunque probabile critica ne scaturisca. Spiace dover sottolineare che se la declinazione al femminile del mestiere non sia diffuso non è perché il vocabolario non lo consenta, ma perché di donne con la bacchetta in mano ce ne siano pochissime. Sarebbe stato utile mandare un messaggio di inclusione da un palco così importante e non ricalcare vecchi schemi.
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A cura di Giulia Torlone
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A suo agio, padrona del palco e ottima spalla di Amadeus. Beatrice Venezi nella quarta serata di Sanremo avrebbe potuto averle tutte. La più giovane direttrice d'orchestra italiana, in un mondo in cui donne con la bacchetta in mano se ne vedono davvero pochissime. Si è detto "avrebbe potuto", perché il fatto che rappresenti un'identità femminile in un mondo al maschile non sembra renderla cosciente del peso che hanno le sue parole.

La questione è chiara in uno scambio tra Venezi e Amadeus. Il conduttore sottolinea che la direttrice ci tiene molto a essere chiamata "direttore" perché, secondo lei, quello è il nome specifico per indicare il suo mestiere. "Mi assumo la responsabilità di quello che sto dicendo" conclude. Stupisce un'uscita come questa, siamo sinceri. Ci sono vari elementi di cui poter discutere, dal fatto che il vocabolario italiano contiene al suo interno il termine "direttrice", quindi nessun neologismo da coniare, a quelli che sono più calzanti con il problema. Rappresentando una categoria ancora così lontana dalle donne, così ostile, perché non utilizzare il linguaggio appropriato come motore di un cambiamento? Se è vero che le parole creano mondi, declinare i mestieri al femminile è un giusto modo per normalizzare qualcosa che dovrebbe essere normale ma ancora non lo è.

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Nell'era di chi accusa chiunque di "politicamente corretto", essere tradizionalista a tutti i costi sembra un marchio di differenziazione. Come un mondo al contrario. Viene però da chiedersi il perché venga utilizzato "direttore d'orchestra" e non "direttrice d'orchestra" come sostiene Venezi. Forse perché di donne che fanno questa carriera non ce ne sono? E allora non sarebbe corretto adeguare le parole quando si abbattono ostacoli e si allargano orizzonti? Beatrice Venezi ha perso un'occasione di portare un messaggio potente sul palco dell'Ariston, con il suo punto di vista privilegiato di giovane direttrice d'orchestra. D'altronde lei stessa si è fatta strada in un mondo, quello della musica classica, in cui dirigere un'orchestra sembra prerogativa dell'uomo. Una strada fatta di studio e dedizione, probabilmente doppi in quanto donna. Sarebbe stato bello vederla battersi perché anche il linguaggio diventi più inclusivo verso chi vede ancora come stranezza una giovane con una bacchetta in mano.

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Trent’anni, giornalista professionista, si occupa di politica e questioni di genere tra web, carta stampata e tv. Aquilana di nascita, ha studiato Italianistica a Firenze con una tesi sul rapporto tra gli intellettuali e il potere negli anni duemila. Da tre anni è a Roma, dedicando anima e cuore al giornalismo. Naturalmente polemica e amante delle cose complicate, osserva e scrive per capirci di più, o per porsi ancora più domande. Profondamente convinta che le donne cambieranno il mondo. 
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