Albina di origine africana: Oxana ha imparato che la diversità è un ostacolo solo se glielo permetti
Tipici tratti somatici africani, ma capelli dorati, pelle bianca, occhi verdi: confrontando il proprio aspetto con quello dei propri genitori (originari della Costa d'Avorio) Oxana da piccola capiva di non essere esattamente come loro. Ciò che non sapeva è che questo avrebbe condizionato profondamente la propria crescita. Negli anni della scuola, infatti, il suo albinismo è diventato sinonimo di diversità e discriminazione. Quel periodo della sua vita ancora oggi lo ricorda con dolore: per anni non è stata capace di raccontare gli episodi di bullismo di cui è stata vittima e di cui neppure la sua famiglia era a conoscenza. Chiudersi in se stessa è stato il suo modo di reagire: alle risate ha contrapposto il silenzio, ai vari "Sei un bianchetto vivente" e "Sei come il latte" ha risposto con una corazza che però invece di fortificarla la stava annientando. A Fanpage.it ha raccontato di aver trovato una valvola di sfogo nella moda e nella fotografia, che l'hanno aiutata ad accettarsi. La sua speranza è che tutti coloro che vengono ritenuti "diversi" capiscano il loro valore e trovino la loro strada, due cose possibili solo se si impara prima ad amarsi per ciò che si è, in tutte le proprie sfumature di colore.
Albinismo e diversità: la storia di Oxana Likpa
L'albinismo è una condizione geneticamente rara: consiste nell'assenza o mancanza di melanina. Questo è quello che spiega la scienza, che però coi suoi paroloni e la sua terminologia specifica non può dare risposte a tutto. Non dà, per esempio, risposte a una bambina che sente su di sé il peso degli sguardi e delle prese in giro, che non capisce perché il colore della propria pelle debba farla soffrire. Risposte Oxana non ne trovava neppure in famiglia: «Non se ne parlava in casa» ha raccontato a Fanpage.it. E non si parlava neppure di bullismo, di quegli episodi che per anni ha taciuto: «Solo quest'anno sono riuscita a raccontarlo a mia madre. Ho passato 19 anni senza dirlo. Ho sempre cercato di fare tutto da sola» ha confidato nell'intervista. Ricordando se stessa bambina, vede nitidamente un'immagine in particolare, il ricordo che forse più di tutti ancora la fa soffrire: «Il primo giorno sono salita sul pulmino, hanno iniziato tutti a ridere e io mi sono seduta dietro l'autista dando le spalle. Lì è iniziato tutto».
Chiudersi in gabbia per non soffrire
Non sapendo come difendersi Oxana ha scelto da piccola di mettere un muro nei confronti di tutti. Sua madre, nonostante avesse cercato di entrare nel suo malessere, ne è sempre stata tenuta fuori. Si è rivelato un errore e oggi Oxana sa che è importante chiedere aiuto e raccontare il proprio dolore a chi ha orecchie e cuore per ascoltare: «Non parlare era un modo per proteggermi, ma che mi stava uccidendo a fuoco lento». Affrontare da sola tutto questo non l'ha resa più forte, ma più fragile e incapace di vedersi realmente. Anche se forse nessuno potrà mai davvero capire il disagio di quella bambina "bianca come un foglio" perennemente al centro degli sguardi altrui, quando ha cominciato a parlare si è liberata di tanti fantasmi: «Le persone cercano di farti capire che capiscono come ti senti, ma in verità non è così: solo io so quello che vivo tutti i giorni, quello che mi succede. Per questo non ho mai parlato con mia madre. Mi sono educata da sola su me stessa, non ho avuto punti di riferimento, non ho avuto persone albine. Ma c'è una frase che mi dico tutte le volte che mi sento giù: io sono la persona con cui sto 24 ore su 24 quindi devo amarmi. Se io stessa non lo faccio diventa difficile vivere, integrarmi, conoscere persone, perché avrò sempre quel pensiero di non essere abbastanza».
Tutto ciò di cui abbiamo bisogno è già dentro di noi
A lungo andare Oxana si è resa conto che la gabbia che aveva costruito intorno a sé andava aperta. Un incontro del tutto casuale si è rivelato utilissimo sotto questo punto di vista: la moda e la fotografia l'hanno aiutata ad esprimersi, a prendere confidenza col proprio corpo e a accettarsi davvero, per amarsi esattamente così com'è. Da quando ha cominciato con i primi scatti ha notato una forte empatia con la macchina fotografica: «Mi sono trovata benissimo, era un modo per esprimermi, per sentirmi accettata, per essere fiera di me stessa. Provavo una sensazione di amore, mi è piaciuto quindi ho continuato a fare foto e a interessarmi sempre più». Oggi il suo rapporto con se stessa è cambiato, sia grazie alle esperienze come modella sia perché finalmente è riuscita ad aprirsi di più con le persone: «Se noi stessi pensiamo male di noi, cosa penseranno gli altri? Inizia tutto dentro di noi».
Oltre la diversità c'è un arcobaleno di colori
Purtroppo la diversità è spesso guardata con sospetto, si tende a emarginare ciò che non è conforme, ciò che non è omologato o più semplicemente ciò che non si conosce. E invece il messaggio di Oxana, che ha vissuto in prima persona l'esclusione e l'isolamento, è: «Sono diversa, ma posso farcela; malgrado tutto quello che le persone dicono posso fare quello che voglio». Avere persone accanto e aprirsi nei loro confronti esponendo le proprie fragilità il più delle volte fa paura: il timore di non essere capiti in pieno è comprensibile, è umano. Ma chiudere se stessi in gabbia rischia di appiattire la propria anima e renderla grigia. Solo una volta aperta quella gabbia Oxana si è resa conto di quante sfumature colorate avesse la sua persona e anche gli altri si sono accorti dell'arcobaleno che c'è andando oltre il bianco della sua pelle.