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Addio foto sotto la gonna, una legge difende le donne molestate sui social

Negli ultimi anni sono aumentati i crimini “tecnologici” come il voyeurismo e il “cyber-flashing”, che favoriscono una rapida distribuzione di foto e video hot, anche quando le vittime non hanno dato alcun consenso. Presto, però, potranno essere considerati veri e propri reati attraverso una apposita legge approvata in Parlamento.
A cura di Valeria Paglionico
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Negli ultimi anni la tecnologia ha fatto passi da giganti ma, oltre a un'innegabile evoluzione nel campo della comunicazione, ha avuto anche alcuni effetti collaterali. Un esempio? Sono aumentati i crimini "tecnologici" come il voyeurismo e il "cyber-flashing", che favoriscono una rapida distribuzione di foto e video hot, anche quando le vittime non hanno dato alcun consenso. Presto, però, potranno essere considerati veri e propri reati attraverso una apposita legge approvata in Parlamento.

L'upskirt diventerà illegale?

Negli ultimi giorni si è parlato molto di upskirt, ovvero delle foto sotto le gonne femminili, diventate illegali nel Regno Unito grazie a Gina Martin che, dopo aver avuto una brutta esperienza, ha lanciato una petizione arrivata fino al governo. Presto dei provvedimenti simili potrebbero diventare realtà anche nel resto del mondo, visto che sono moltissimi quelli che vogliono un disegno di legge per criminalizzare il possesso e la distribuzione di foto e registrazioni voyeuristiche. Si tratta di un reato diventato incredibilmente diffuso con l'evoluzione delle tecnologie, visto che è diventato molto più facile far girare una foto o un video hot. In particolare, a Singapore la proposta è arrivata in Parlamento e ora il governo sta valutando una potenziale revisione del codice penale. L'obiettivo è affrontare meglio dei casi simili in tribunale, condannando tutti quelli che diffondono immagine intime senza il consenso della vittima, abitudine definita "pornografia vendicava" poiché ha l'obiettivo di causare umiliazione e angoscia. La pena prevista è di un massimo di 20 anni di carcere, a patto che si riesca a dimostrare che la vittima non aveva intenzione di diffondere foto e video a fini di lucro.

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