“Nessuno mi può giudicare, nemmeno tu”, cantava la canzone. E da ieri al coro si unisce anche Vanessa Incontrada, protagonista della nuova copertina di Vanity Fair. Nuda, naturale, solo un braccio a coprire il seno, le gambe accavallate. In pochissimo tempo la cover è rimbalzata sui social, i commenti sulla foto dell’attrice sono stati migliaia e la discussione a suon di post è ancora inarrestabile. Come abbiamo tutti imparato, i social sono una platea implacabile. Spesso ci si espone al fuoco (poco) amico consapevolmente, altre ci si ritrova mitragliati da insulti e infamie senza neanche rendersene conto. E le donne sono da sempre il bersaglio preferito da questo meccanismo virtuale. Inutile dire che Vanessa Incontrada, personalità dello spettacolo e donna navigata, di certo sapeva fin dall’inizio il tam tam che avrebbe creato posando in copertina. Perché ancora oggi, mostrare il corpo senza ricorrere a ritocchini di chirurgia o a quelli di post produzione fotografica resta indubbiamente un atto di coraggio.
La lunga strada per riappropriarsi del proprio corpo
Vanessa Incontrada ha spesso parlato pubblicamente del rapporto che ha con il proprio corpo. Ma soprattutto del rapporto che gli altri hanno con il suo corpo. Perché per anni c’è stata una morbosità intorno ai suoi presunti chili di troppo che, secondo quanto ha spesso raccontato, l’hanno fatta vacillare. Una gravidanza vissuta non serenamente a causa dei commenti sulla sua forma fisica, i vestiti di prova durante le riprese di un film che non erano della sua taglia, il chiacchiericcio e gli insulti per aver perso “la sua forma perfetta”. Neanche il successo può bastare a creare una corazza che renda il giudizio verso il proprio corpo nullo. E se la stragrande maggioranza ha reagito positivamente alla cover di Vanity, per tanti altri anche il mostrarsi come si è davvero, senza timore, non è abbastanza. Il gesto di Vanessa Incontrada è quello di riappropriazione della normalità. Un corpo morbido, comune a tante di noi, florido, in salute. Non vuol dire essere perfetti, né tantomeno deve diventare un manifesto dell’imperfezione. Eppure, leggendo i commenti sui social e alcuni editoriali di qualche collega, ora la colpa di Vanessa Incontrada è di non essere “abbastanza brutta” per essere portatrice di un messaggio positivo. Di nuovo, e ancora, la colpa di non essere esattamente come ci si aspetta. Ancora una volta rischiamo di cadere nella retorica che manchi sempre qualcosa per poter dire che sì, qualcuno ce l’ha fatta. E allora Vanessa Incontrada diventa non adatta come esempio di accettazione. Perché la pelle è troppo liscia e il sorriso è dannatamente perfetto. Oppure perché è il simbolo di una bellezza bianca e di successo, taglia fuori troppe ragazze per rappresentare davvero un messaggio universale.
La verità è che non si è mai abbastanza
Ma si può pensare che potrà mai esserci un corpo che, da solo, possa denunciare e riscattare ogni singola forma di insulto che una donna riceve nel corso della propria vita? No, non si può. E questa, nella sventura di una realtà che ogni giorno tende a svilirci e colpevolizzarci, è la vera ricchezza. Perché ognuna di noi sarà sempre di più, o di meno, di un’altra donna. Quando guarderà la foto di Vanessa Incontrada o di qualunque altro corpo normale, potrà misurarsi con ciò che è e ciò che non è, con quello che possiede in più e quello che invece non ha. Un bel passo avanti rispetto a dei corpi perfetti che compaiono scrollando Instagram dove non c’è un centimetro di pelle che ci possa assomigliare. Ci sarà sempre una parte di noi che non verrà rappresentata dai media o dai canoni tradizionali, per quanto possiamo modificarli e spingerli ad abbracciare il più possibile il concetto di “normalità”. La riappropriazione del proprio essere, l’accettazione e, di conseguenza, la capacità di rispedire gli insulti al mittente è una strada lunga e complicata, con ostacoli che non vengono saltati da tutti nello stesso modo e allo stesso tempo. Stringiamoci di più intorno a chi ha la possibilità e il privilegio di esporsi e di mostrarsi, senza colpevolizzare ancora una volta il modo e il motivo per cui lo fa. La bellezza è il coraggio di osare, anche nella normalità.