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Sagome femminili sui semafori: così in India si combatte per la parità di genere

Nella capitale finanziaria indiana, le sagome all’interno dei cartelli stradali e dei semafori sono stati sostituiti con quelle femminili. “Questo è solo l’inizio per una città che crede nell’uguaglianza di genere” ha commentato Kiran Dighavkar, dirigente della società municipale di Mumbai. Un messaggio accolto positivamente dalla popolazione di un Paese che registra uno dei record più alti di molestie sessuali e violenza sulle donne.
A cura di Giulia Torlone
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L’India non è decisamente il Paese più amico delle donne. Eppure Mumbai è stata la prima città a compiere un passo simbolico (di facciata?) che guarda all’universo femminile. Tutti i semafori della metropoli, infatti, abitualmente costituiti dalla sagoma maschile, sono stati sostituiti da una del genere opposto. Idem per i segnali stradali.

"La segnaletica riflette il carattere della città, che crede nell'uguaglianza di genere e promuove l'empowerment delle donne. Questo è solo l'inizio” ha dichiarato Kiran Dighavkar, dirigente della società municipale. Mumbai, capitale finanziaria dell’India, ha autobus per sole donne e posti riservati sui treni. E sono poche le ragazze che passeggiano in città da sole, senza avere un uomo che le accompagni. Un confinamento fatto per contrastare la piaga dello stupro e delle molestie che nel Paese ha una portata enorme.

I numeri agghiaccianti della violenza sulle donne

Nel 2017 le forze dell’ordine indiane hanno registrato una media di 92 stupri ogni 24 ore e le vittime sono sempre più spesso minori. I reati sessuali sono passati dai 2.487 casi del 1971 ai 24.206 casi del 2011. Circa il 53% dei bambini che hanno partecipato ad uno studio governativo hanno riferito di aver subito abusi sessuali, la maggior parte all’interno del nucleo familiare. Inoltre 240 milioni di donne vengono sposate prima del 18esimo compleanno. Una piaga, quella della violenza sui minori e sulle donne, che appare inarrestabile. L'India resta un Paese con una società enormemente gerarchica e patriarcale, dove l'abuso fisico è spesso un modo per affermare il proprio potere. Negli ultimi mesi una veterinaria di 27 anni è stata violentata e poi bruciata, una ragazzina invece è stata data alle fiamme mentre si recava a sporgere denuncia contro i suoi stupratori. E se i numeri ci restituiscono già la fotografia di un Paese violento, sappiamo bene che le donne che non denunciano e che quindi non fanno parte delle stime ufficiali sono molte di più. L'idea di stare dalla parte delle donne attraverso la sagoma di un semaforo, in una nazione così nemica della libertà femminile, lascia interdetti. Se è vero che ogni simbolo di inclusione è ben accetto, non si può tollerare che venga tirata su una patina di ipocrisia su un problema che ha bisogno di essere risolto con pene severe e un'educazione alla diversità reale. Non servono cartelli stradali a forma di donna, serve che la politica faccia il suo mestiere.

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Trent’anni, giornalista professionista, si occupa di politica e questioni di genere tra web, carta stampata e tv. Aquilana di nascita, ha studiato Italianistica a Firenze con una tesi sul rapporto tra gli intellettuali e il potere negli anni duemila. Da tre anni è a Roma, dedicando anima e cuore al giornalismo. Naturalmente polemica e amante delle cose complicate, osserva e scrive per capirci di più, o per porsi ancora più domande. Profondamente convinta che le donne cambieranno il mondo. 
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