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Racconto della settimana: Silicio

Il racconto della settimana di John B.
A cura di Redazione Donna
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racconto

Gli aerei passavano centinaia di metri sopra la casa, le loro rotte, la gente a bordo.

A volte bastava poco, un cielo grigio, un mercoledì qualunque, una chiave girata.

Pensava ancora agli aerei.

Univano distanze impossibili, dividevano persone possibili, avvicinavano vecchi amici, separavano giovani coppie, sperdevano famiglie, aiutavano lavori.

Le distanze.

Ogni distanza aveva una sua dimensione, una ragion d'essere, era spunto di riflessione, idea.

Anni prima aveva preso uno, due, tre aerei ed era andato dall'altra parte del mondo.
Forse non lo aveva mai completamente realizzato per l'annullamento delle distanze.
Forse andare a Parigi in macchina gli avrebbe dato maggior percezione di luogo, di moto, di tempo.
Erano discorsi sterili, fatti dalla mente per riempire se stessa, generati dall'intelletto per protezione.
Un salvavita che scatta quando è tutto acceso, quando qualcosa si sta surriscaldando o, a volte, senza nessun motivo plausibile.
La realtà era che avrebbe voluto essere un suo sorriso improvviso, il bicchiere d'acqua della sua sete, il semaforo verde della sua fretta.
Non che non potesse, ma il mondo girava, il tempo passava, gli anni avevano cambiato lui come tutti gli altri, gli altri come lui, non v'era più istinto, innocenza, purezza, poche tracce di spontaneità di rischio, di timori.
“Un Giorno Questo Dolore Ti Sarà utile” titolava ancora il libro che aveva finito da poco ed il successivo annunciava “Una Solitudine Troppo Rumorosa”.
Aveva comprato un'amaca ed il libri erano tornati nella sua vita, aveva scoperto che dopo tanto tempo dava ancora loro tre possibilità, la prima, per mancanza di pregiudizio, la seconda, per forza di volontà, la terza per disperazione, poi li accantonava avendo capito che non era il momento giusto per loro.
Per troppo tempo aveva rinunciato a leggere i libri dedicandosi a leggere le persone e, forse, questi gli erano mancati più delle altre.
I libri avevano una varietà che le persone potevano solo sognare pensava, arrivando a dirsi che erano però scritti da esseri umani quei libri.

Figli vari di esseri non vari, figli vari di esseri non vari.
Come procedere, cosa capire, dove arrivare, queste erano alcune delle domande che si poneva prendendo la pioggia mentre sdraiato sull'amaca si faceva sorprendere in stato di torpore da un temporale di fine estate o, forse, di inizio autunno.
Era solito arrivare a conclusioni, intense, importanti, totalizzanti conclusioni, ma non era quello il giorno, il modo, il luogo, il tempo della sua vita per concludere.
Era il tempo per guardare le viole sfiorire.

Imbrigliato come sempre tra razionalità ed istinto, strategia e passione, astri e disastri, non poteva far altro che guardare le montagne, sperando di vederci il gesto amorevole di una persona cara, di qualcosa di alto, di altro, di qualcosa che andasse oltre l'odore della gente, delle macchine, oltre al rumore che saliva fin da lui, alla cattiveria, ai gesti sgarbati, all'aridità.
Quando suo nonno morì tante persone che lo avevano conosciuto glielo descrissero come una persona gentile, questo lo aveva fatto riflettere spesso ed a volte piangere senza preavviso, senza ragione apparente.
La gentilezza, le buona maniere, le dita che stringono lo stomaco, le grida che non fanno rumore, le autostrade, le metropolitane, le case, tutto era nei suoi pensieri, tutto era nella sua mente, era la sua mente.
Il navigatore satellitare era inutile, la bussola non serviva, la cartografia non era mai abbastanza aggiornata.
Cercava la strada del cuore perché era retta, sgombra, assolata.
Per troppo tempo si era dedicato a leggere le altre persone e ne aveva fatte passi di topo su bianchi fogli mentali.
Per troppo tempo aveva aperto cassetti inesistenti per fare ordine apparente sulla scrivania che in sogno gli cadeva sempre addosso, pesante come tutti i libri fatti da tutte le pagine riempite con tutti i passi di topo che aveva trovato, ordinato, conformato.
Per troppo di quel poco tempo che si faceva sempre più ampio aveva poltrito, senza riposarsi mai.

John B.

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