New Talent. Caterina Gatta, il nuovo vintage (INTERVISTA)
Due sono i ringraziamenti speciali che rivolge Caterina Gatta, la giovane designer romana che in poche stagioni si è imposta all'attenzione con le sue piccole, preziose collezioni, capaci già di raccontare un'identità spiccata, seppur in evoluzione. Da una parte Franca Sozzani, il direttore di "Vogue Italia" che si è ritrovata un messaggio notturno di Caterina nella sua casella postella; dall'altra Andrea, il buyer della boutique Spiga 2 di Dolce&Gabbana, dove i due stilisti ospitano le creazioni di giovani promettenti stilisti e che si conferma un giardino fertile dei nuovi talenti. Dunque da una parte il mondo dell'editoria e dall'altra quella dei compratori, ma cosa rende le collezioni di Caterina Gatta così interessanti?
La collezione autunno/inverno 2013-2014 di Caterina Gatta è stata presentata al Super, il neonato progetto di Pitti Immagine e Fiera Milano che si è svolto dal 23 al 25 febbraio, con una "Super exhibitions": cornici bianche per degli abiti d'arte, un po' perchè riprendono rarissime stampe vintage degli anni '80 e '90 di grandi stilisti come Gianni Versace, un po' perchè giocano con la citazione di elementi folk e della pittrice messicana Frida Kalho, indimenticata icona d'ispirazione della moda. Otto look che raccontano un intero universo, in cui vivono tutti insieme il gità citato Gianni Versace, Irene Galitzine, Pino Lancetti, Jean-Louis Scherrer, Raffaella Curiel e Renato Balestra, vecchia Europa e Sudamerica, capi strutturati e forme piene accanto alla morbidezza di volant e plissè per le gonne.
L'idea più forte ed innovativa di Caterina Gatta è quella di avere rinnovato il concetto di vintage: il recupero di capi ed accessori da vecchi bauli in soffitta o in mercatini e boutique specializzate è una vera tendenza, ma nelle sue collezioni è la stampa vintage ad essere protagonista, attorno ad essa ruota la costruzione di un look contemporaneo. Così le abbiamo chiesto di raccontarci di questa sua speciale passione e anche la sua storia.
Come è nata la passione per la moda?
Direi che c'è sempre stata, sottoforma di interessi diversi a seconda del tempo: quando ero molto piccola ero moltoo curiosa, a sei anni osservavo la collezione di vecchie riviste di moda e cinema di mia mamma, ero affascinata dalle figure, ma ero più attratta dal cinema. Crescendo l'interesse si è sviluppato, così a 18 anni ho deciso di iscrivermi al corso di laurea di "Scienze della moda e costume" di La Sapienza, non sapevo cosa avrei fatto dopo, avevo solo voglia di studiare e approfondire. Poi mi è nato il desiderio di lavorare come costumista cinematografica, ero così timida che avev dovuto scartare l'idea adolescenziale di fare l'attrice;
Ad un certo punto hai scoperto la passione per il vintage…
Durante il terzo anno di università iniziai a lavorare in un negozio vintage che si trovava in via Margutta, così ho sviluppato questa passione che mi ha fatto considerare degli aspetti diversi della moda, come la riscoperta del vecchio che era un immenso tesoro; si trattava di un mondo totalemnte nuovo per me, in Italia tra l'altro non c'era tanta ricerca e conoscenza del tema. Un giorno, nel 2008, trovai circa 4-5 metri di un plissettato firmato Irene Galitzine, credo della fine degli anni '70, mi sembrò di avere trovato un tesoro. Pensai che cercando avrei potuto trovarne altri, così iniziai a girare per Roma e ne scoprii degli altri: Pierre Cardin, Yves Saint Laurent, Givenchy, Curiel, Gianni Versace; all'inizio ne feci un archivio personale, ma era diventata così grande che mi sentii di dovere condividere questo piccolo prezioso patrimonio.
In che modo?
Realizzai una capsule collection di pochissimi pezzi, la presentai all'Hotel Baglioni durante Alta Roma a luglio di fronte ad una ristretta cerchia di persone, si trattava di 12 o 15 capi, ma mi accolsi subito che il mix di stamep vintage e forme contemporanee colpì subito. La mia era uan scommessa, non avendo mai studiato come designer, avevo pensato di mettermi alla prova. Il debutto vero e proprio è stato alla Soho House di New York nel maggio del 2009, presentai ancora una volta una capsule collection.
Nel tuo futuro ti vedi ancora a Roma?
Roma è una città che ti dà tantissimo, è la città più bella d'Italia, ma a livello lavorativo mi trovo meglio a Milano, l'obiettivo è di mantenere Roma come casa e traserirmi nel capoluogo lombardo.
Cosa occorre fare in Italia per supportare i giovani talenti?
Forse quello che manca è un impegno da parte degli addeti ai lavori, editoria ed organzizazioni, ma per fortuna da qualche anno si stanno muovendo in questa direzione. Siamo un po' indietro rispetto a quello che viene fatto per i giovani in città come Londra o New York, siamo troppo legati ai grandi brand. Esempi di iniziative positive sono gli eventi di Vogue insieme ad Alta Roma, ma dovrebbero impegnarsi anche altri soggetti ed editori per creare più opportunità.
I tuoi abiti sono stati indossati anche da un'icona come Anna dello Russo, cosa credi la possa avvicinare ai tuoi abiti?
Io la trovo un personaggio motlo divertnete, nei miei abiti c'è sempre una componente ironica, credo che lei abbracci questo aspetto delle mie collezioni, con i suoi styling ad esempio. Non si prende mai troppo sul serio e questo diverte anche me, bisogna sempre vestire divertendosi, non concentrarsi su uno stile preciso.
Nella collezione primavera/estate 2013 da una parte c'è la ricerca di tessuti e stampe vintage, dall'altra anche una ricerca di sperimentazione: ce la puoi raccontare?
In ogni collezione sento di spingermi sempre oltre, in particolare nella ricerca di come rendere contemporanei questi tessuti dal sapore retrò, degli anni '80 e '90. Così ho utilizzato pelle, lattice, pvc, ho inserito tessuti così preziosi in altri contesti, conservane il valore storico e proiettarli al tempo stesso nel futuro.
E nel tuo futuro cosa vedi?
Di andare incontro a delle collezioni dalle produzioni più vaste, al momento vengono prodotti 6-8 pezzi per ogni modello, ma voglio iniziare a creare stampe disegnate anche da me, un mondo al 100% Caterina Gatta.