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Morte in utero: 72mila mamme ogni anno perdono il loro bambino prima del parto

Sono più di 72mila le mamme che ogni anno si ritrovano ad affrontare la morte in utero nel proprio piccolo. Nella maggior parte dei casi, la cosa provoca un senso di frustrazione, tristezza, rabbia e addirittura anche depressione.
A cura di Valeria Paglionico
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La morte intrauterina del feto in gravidanza avanzata è un evento drammatico e traumatico per una donna. Ogni giorno, purtroppo, sono più di 72mila quelle che perdono i loro bambini mentre li portano in grembo, senza avere la possibilità di conoscerli neppure per un istante. E’ proprio per cominciare a fare qualcosa di concreto che il noto giornale di medicina “The Lancet” ha lanciato una serie di articoli intitolati: “Prevenire le morti in utero evitabili”. Ciò che viene sottolineato è il fatto che nel 90% dei casi tutto ciò potrebbe essere evitato.

Già nel 2014, l’Assemblea dell’Organizzazione Mondiale della Sanità aveva stabilito che avrebbe fatto di tutto per arrivare a meno 12 morti endouterine ogni 100 nascite entro il 2030 in tutto il mondo. Sono 95 i paesi che hanno già raggiunto questo obiettivo, ma altri 56 devono ancora farlo. In Italia, l’Associazione CiaoLapo Onlus, di cui Claudia Ravaldi è fondatrice,  ha organizzato il lancio di questi articoli presso l’Ospedale di Careggi. Nel 60% dei casi, le morti in utero avvengono nelle aree rurali, in zone di conflitto o difficili da raggiungere, soprattutto nell’ultimo trimestre. Il 30% delle donne che affrontano esperienze simili si trovano alle prese con depressione, rabbia, tristezza e senso di fallimento.

Come se non bastasse, i costi di una morte in utero solo decisamente più alti di quelli di una nascita fisiologica, visto che c’è bisogno di spendere elevate quantità di denaro tra funerale, sepoltura e cremazione. Per prevenirle, è necessario affrontare problemi simili anche a scuola, così da educare gli adolescenti e da far capire quanto siano importanti le cure prenatali, capaci di prevenire le infezioni materne, il diabete, l’ipertensione o la ridotta crescita fetale. Le morti in utero non sono registrate in tutti i Paesi e molto spesso ciò che si chiede alle famiglie è di dimenticare quella perdita e di provare a concepire il prima possibile un altro bambino.

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