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Mai giudicare una donna vittima di violenza: come sostenerla nel modo giusto

In occasione della Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne abbiamo chiesto alla psicologa Erica Pugliese come poter sostenere le vittime.
Intervista a Dott.ssa Erica Pugliese
psicologa, psicoterapeuta, presidente dell'Associazione Millemé che offre supporto alle vittime di violenza di genere e dipendenze affettive
A cura di Francesca Parlato
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Non sempre è facile riconoscere una donna vittima di violenza, fisica o psicologica. Chi subisce abusi spesso impara a nasconderli bene, diventa diffidente, ha paura di non essere creduta, si sente colpevole perché il suo aguzzino la spinge ad addossarsi le colpe di tutto quello che succede. E allora la vittima si chiude in sé stessa e non si confida con nessuno, nessuno deve sapere cosa sta succedendo, né la sua migliore amica e nemmeno la famiglia. Come fare allora per sostenere una persona che ci sembra in difficoltà? Cosa fare se una persona di nostra conoscenza ci sembra sia vittima di violenza? "Con la dottoressa Erica Pugliese, psicologa, psicoterapeuta, presidente dell'Associazione Millemé che offre supporto alle vittime di violenza di genere e dipendenze affettive, abbiamo stilato un decalogo di consigli utili per aiutare chi subisce violenza psicologica o fisica all'interno di una relazione.

1. "Io ti credo"

Il primo passo per tornare a stare bene è proprio rompere il silenzio ma è necessario che la persona con cui la vittima sceglie di confidarsi la creda. "Le vittime son persone manipolate, sentono di non essere credute e temono che nessuno darà loro fiducia. Dire "Io ti credo" oppure "Non è colpa tua" permette alla vittima di avere uno spazio sicuro e di avere la forza per rompere il silenzio". 

2. Essere rassicurante

Quando una vittima sceglie di raccontare quello che sta succedendo bisogna essere rassicuranti. "Cerchiamo di avere un atteggiamento empatico, accogliente. Rassicuriamo la persona, spieghiamole che non merita di subire violenze, incentiviamo la sua autostima. Confidarsi è difficile, consideriamo sempre il grande sforzo che sta facendo in quel momento a raccontarci la sua situazione". 

3. Non stupiamoci dei sentimenti contrastanti verso il maltrattante

Un occhio esterno potrebbe non capire perché la vittima racconta i maltrattamenti subiti e al tempo stesso si dichiara innamorata del suo abusante, in questi casi non stupiamoci, non lasciamo intendere il nostro sconcerto. "Vivere questi sentimenti contrastanti è il punto chiave della relazione. È esattamente la conflittualità, l'ambiguità che la vittima vive a incastrarla dal punto di vista psicologico. Per questo è assolutamente normale che i suoi racconti siano intrisi di questo tipo di contraddizioni". 

4. Non giudicare

Con una vittima di violenza non bisogna mai usare espressioni come "Come fai a stare con uno che ti tratta così". "È la cosa peggiore da dire a chi subisce violenze, fisiche o psicologiche. La persona ha già la dignità sotto i piedi, è consapevole di essere in una relazione tossica. Non è una questione di quoziente intellettivo, non è incapacità di comprendere cosa è giusto e cosa è sbagliato. La vittima non sa come uscirne. Non giudichiamola mai. Sosteniamola e basta".

5. La violenza non si giustifica mai

Chi subisce abusi è convinto di essere l'unico responsabile dei comportamenti del maltrattante. "È bene invece far capire alla vittima che si sta confidando con noi che la violenza non è mai una sua responsabilità. Qualsiasi atto, qualsiasi comportamento non può giustificare l'aggressività e gli abusi del partner. Nulla può giustificare le botte o gli abusi emotivi, il responsabile è sempre chi agisce. È utile che l'interlocutore lo metta sempre in chiaro". 

6. Rassicurala sulla privacy

Scegliere di aprirsi non è facile, per questo è importante assicurare alla persona il massimo riserbo sulle confidenze fatte e che soprattutto non verranno mai raccontate al partner. "Se però la vittima si trova in una situazione dissociativa, dove non può gestire la situazione, se ci sono dei minori, e se è in pericolo, è importante lavorare per farle rompere il silenzio. E se la situazione è di estremo rischio la privacy può essere violata per rivolgersi alle autorità". 

7. Cerca di darle forza

Rassicurala cercando di infonderle fiducia, falle capire che è una donna coraggiosa e che il primo passo è stato fatto. "E poi guidiamola verso un professionista. Oltre l'empatia gli interventi di amici e parenti non possono avere effetto per un cambiamento vero. Possono aiutarla a non farla sentire in colpa. Ma per risolvere la sua situazione c'è bisogno di un sostegno diverso, uscire dal pantano da sole è impossibile. Guidiamola verso una presa di coscienza a uscire dalla stanza del pericolo. Invitiamola a rivolgersi al 1522 o gruppi di sostegno o dei centri antiviolenza". 

8. Offri ospitalità

La vittima potrebbe avere paura di lasciare la casa dove vive con il proprio partner maltrattante, potrebbe non sapere dove andare e allora è utile farle sapere che c'è un porto sicuro in cui rifugiarsi. "Creare un piano di sicurezza è importantissimo. Invitiamo la vittima a preparare una valigia con degli effetti personali e a lasciarla da noi o da un parente caro, un posto facile da raggiungere in caso di pericolo. Se non ci sono amici o posti sicuri consigliamole di preparare una borsa e aiutiamola a informarsi sulle case famiglia che potranno eventualmente ospitarla". 

9. Evita di forzare la mano

Fa rabbia sentire il racconto di abusi e violenze, ma quando una vittima si confida bisogna mantenere la lucidità e non iniziare a insistere e forzare la mano sul da farsi. "Questo non vuol dire però ascoltare passivamente. Il consiglio è cercare di guidare la persona, intervenire per farle comprendere la gravità della situazione e tutti i pericoli a cui è esposta e accompagnarla verso la decisione giusta da prendere: chiudere la relazione e denunciare".

10. Se ci sono i figli

Chi è vittima di violenza solitamente è una persona molto protettiva. "Tenta di curare il maltrattante ad esempio, e poi è sicuramente molto protettiva nei confronti dei figli, se ci sono. In questo caso è importante cercare di responsabilizzare la donna rispetto al fatto che ha il dovere di proteggerli. Di solito funziona molto bene mettere le donne di fronte al fatto che i bambini sono una sua responsabilità e che ha il dovere di proteggerli. Può essere la motivazione che le spinge a uscire fuori dalla situazione di violenza".

Le informazioni fornite su www.fanpage.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.
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