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La protesta dei capelli corti: perché in Sud Corea il caschetto è diventato un’arma politica

La campionessa olimpica sudcoreana An San è stata attaccata nel suo Paese d’origine per i capelli “troppo” corti: moltissime donne hanno espresso il loro sostegno con una protesta online diventata virale. Il messaggio è chiaro: i capelli non ci rendono più o meno donne e nessuno può decidere per noi.
A cura di Beatrice Manca
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Anche un taglio di capelli può far esplodere una protesta politica. In Corea del Sud, infatti, moltissime donne stanno mostrando sui social i loro tagli di capelli corti per protestare contro una società rigidamente patriarcale che vuole controllare l'immagine delle donne, dai capelli in giù. La protesta è nata per mostrare solidarietà all'arciere An San, la campionessa olimpica criticata per il suo taglio di capelli troppo poco "femminile" proprio nel suo Paese d'origine.

Gli hater contro i capelli corti

Troppe volte le atlete finiscono nel mirino nelle polemiche per il loro aspetto fisico, più che per le loro imprese sportive, ma ciò che è successo ad An San ha dell'incredibile: ai Giochi a Tokyo appena conclusi l'atleta ventenne, specializzata nel tiro con l’arco, ha vinto tre medaglie d'oro per la Corea del Sud e ha stabilito un nuovo record olimpico. Peccato che anziché celebrare questa grande vittoria nel suo Paese d'origine si è discusso molto del suo taglio di capelli: An San gareggiava con un caschetto cortissimo, sopra le orecchie, tenuto in ordine da un cappellino bianco. Ciò che a noi sembra più che normale – un taglio di capelli corto e chic – in Corea del Sud ha scatenato una campagna d'odio contro di lei: molti in rete la definiscono "una femminista" per il suo taglio corto, termine che nel suo Paese ha una connotazione fortemente negativa, associata a una donna che odia gli uomini. Ma mentre le critiche crescevano, cresceva parallelamente anche un movimento di difesa.

La libertà di decidere del proprio aspetto

Moltissime donne sudcoreane hanno iniziato a postare sui social foto con i capelli corti (magari oscurando il volto per evitare rappresaglie) e la protesta in rete è diventata virale grazie a un hashtag che si può tradurre come:  #women_shortcut_campaign. A lanciarla è stata Han Jiyoung, che alla Bbc ha spiegato: "Questo tipo di attacchi mandano il messaggio che gli uomini possono controllare ancora il corpo delle donne". Le foto dei tagli mandano invece il messaggio opposto: i capelli non ci rendono più o meno donne. Una verità scontata, almeno in apparenza, ma che è giusto ribadire: non sono i vestiti, né il trucco, né i capelli a determinare chi siamo. L'associazione tra i capelli lunghi e la femminilità è solo uno dei tanti stereotipi di genere che una nuova sensibilità sta cercando di scardinare. Anche a colpi di forbici.

 

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