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Giornata Internazionale della Donna 2021

L’8 marzo è anche la festa di Martina, che per un corpo da donna ha dovuto lottare un po’ di più

C’è stato un tempo in cui Martina Panini si chiamava Marco. In quella fase della sua vita ha conosciuto la discriminazione, l’umiliazione, il disprezzo degli altri ma anche quello di se stessa, perché quel corpo da uomo la faceva sentire sbagliata e inadeguata. Poi ha scelto di liberare dalla gabbia la sua vera anima, la sua vera essenza. Oggi è una donna a tutti gli effetti, fiera di sé e anche del dolore affrontato, come ha raccontato a Fanpage.it.
A cura di Giusy Dente
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Martina Panini
Martina Panini
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Inadeguatezza, disprezzo, dolore, incomprensione: c'è stato un tempo in cui per Martina Panini guardarsi allo specchio era una tortura, perché il riflesso che vedeva dinanzi a sé non corrispondeva realmente al suo modo di essere. Il suo corpo non combaciava con la sua anima e la difficoltà di capire come questo potesse essere possibile andava di pari passo con quella di spiegarlo agli altri e farsi capire. Rendendosi conto, già da piccola, di avere un corpo da uomo ma di sentirsi a tutti gli effetti una donna, si è dovuta mettere una corazza addosso per affrontare le violenze fisiche e verbali che scaturivano dal suo essere una ‘diversa'. A 5 anni sapeva già di appartenere al mondo femminile anche se per l'anagrafe era Marco, ma a 3 le avevano diagnosticato una sordità. Dunque ha vissuto la sua sessualità come una sorta di ‘ennesimo problema' per molto tempo. Poi ha deciso di appropriarsi della propria felicità. A Fanpage.it ha raccontato cosa significa per lei aver conquistato finalmente ciò che aveva sempre desiderato: un corpo da donna, corrispondente alla sua vera natura.

Essere una donna nel corpo di un uomo

Oggi nella vita di Martina non c'è più spazio per l'inadeguatezza e il dolore, anche se ha dovuto farci i conti per anni: «Ho avuto un passato difficile, umiliata per il fatto di essere un maschio, ma molto femminile» ha raccontato. La sua ‘diversità' l'ha sempre resa vittima di discriminazioni nella vita di tutti i giorni: «Mi chiamavano frocio e finocchio, mi dicevano "Crepa", "Fai schifo", "Ma perché respiri?", "Sei figlio del diavolo, muori!"». E anche per questo accettarsi non è stato facile all'inizio: «Provavo tanto disprezzo, mi sentito inadeguata. Da piccola vedevo solo dolore e depressione davanti a me, perché nessuno mi capiva e quindi mi nascondevo. Fingevo di sorridere, ma ero morta dentro». Per rinascere, ha scelto di affrontare tutto il percorso di transizione e di sottoporsi all'operazione che l'ha resa finalmente donna "ufficialmente".

Martina Panini
Martina Panini

La liberazione, dopo l'intervento definitivo

Per diventare una donna a tutti gli effetti Martina è volata fino a Bankok: «Il primo pensiero al risveglio è stato: "Finalmente!". La cosa più bella è stata la lacrima che ho sentito scendere sul mio viso, è stata la gioia più grande della mia vita: vivere serenamente come una donna. La prima cosa che ho fatto è stata indossare il costume, ma senza vergogna, senza dovermi più nascondere mettendo i pantaloncini. Quella è stata una liberazione, sia mentale che fisica». Nel suo percorso c'è stata sempre stata la nonna al suo fianco, unico punto di riferimento e vero e proprio pilastro di vita: «Mi ha sempre sostenuto, mi ha sempre amata per quella che ero e per quella che sono, fino a quando è venuta a mancare». Oggi Martina è una donna serena, ma soprattutto fiera di sé, perché sa che la felicità se l'è dovuta conquistare lottando duramente e attraversando tanto dolore. E anche quei difficili trascorsi l'hanno resa la donna forte che è oggi.

Martina Panini
Martina Panini

Uguaglianza prima di tutto

L‘8 marzo si festeggiano le donne, le loro battaglie, le loro conquiste. E di passi da fare ce ne sono ancora tanti, soprattutto in materia di uguaglianza, visto che la vera parità è ancora lontana dall'arrivare. Come ogni donna, anche Martina avverte il peso di certe etichette, di certi stereotipi con cui deve fare i conti: «Una donna va rispettata, deve avere gli stessi diritti dell'uomo, compreso uno stesso stipendio e non meno soldi solo perché donna! Detesto poi chi etichetta una donna come persona debole a prescindere: noi siamo forti e possiamo affrontare di tutto, ogni cosa! La donna non nasce dalla costola dell'uomo per essere calpestata, ma amata. E deve poter vestire anche in modo appariscente senza essere chiamata "puttana"».

La paura del diverso è solo ignoranza

La sessualità è ancora un argomento tabù, un ambito da cui sradicare pregiudizi, stereotipi ed etichette è particolarmente difficile. Tutto ciò che viene percepito come ‘diverso' fa paura e viene emarginato, se non perseguitato. Soprattutto le nuove generazioni andrebbero educate a una maggiore accoglienza, a un'apertura, alla sensibilità verso il prossimo. Tutte queste cose nel passato di Martina sono sempre mancate, per questo oggi cerca di fare quanta più informazione possibile: «Parlo spesso di sessualità, di identità di genere: ci sono molte cose da sapere, ma senza giudicare e sempre con rispetto. Nella vita quando c'è un tabù c'è un blocco mentale che fa vedere solo il peggio, come se fosse una mancanza di rispetto verso la società».

Martina Panini
Martina Panini

L'8 marzo festeggiamo tutte le donne o solo alcune?

Le femministe radicali trans-escludenti non considerano donne le trans, non essendo nate con cromosomi XX e organi genitali femminili. La posizione genera un certo dispiacere in tutte coloro che continuano a essere considerate "donne di serie B". La stessa Martina si sente offesa dal fatto che continuino a esistere tutte queste etichette, questo bisogno di categorizzare: «Essere donna non dipende dalla biologia, né dall'aver fatto o meno l'operazione: conta l'animo, non sempre e solo il corpo perché l'apparenza inganna sempre e ci porta a sbagliare. Nessuna persona può giudicare la scelta un'altra». La scelta di Martina per esempio è stata essere se stessa, lottare per qualcosa che la natura le aveva in qualche modo sottratto: «Quando mi guardo allo specchio ora vedo davvero me stessa, piena di difetti ma veramente io. Sono felice di essere arrivata a questo punto con tanta sofferenza: è stato un incubo, ma non ho mai mollato. Nella vita bisogna essere positivi: le battaglie si vincono col sorriso, anche quella contro i pregiudizi». Quindi oggi è anche la sua festa: la festa di una donna coraggiosa, che è rinata dalle proprie ceneri e che a una vita di bugie e vergogna ha preferito una vita all'insegna della verità. Ogni donna sperimenta il peso dei giudizi, delle aspettative, del confronto, in un modo o nell'altro. Ma l'augurio, soprattutto l'8 marzo, è che ci si riesca a liberare da tutte queste gabbie ed essere donne libere.

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