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Greenpeace denuncia l’uso di sostanze tossiche nei vestiti dei grandi marchi

Greenpeace denuncia, con una sfilata shock, l’utilizzo di sostanze nocive nella produzione di capi d’abbigliamento. Sono 20 i grandi nomi della moda finiti nel mirino dell’associazione ambientalista.
A cura di Marco Casola
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Greenpeace denunica l'uso di sostante tossiche nei vestiti dei grandi marchi

A Pechino va in scena il "Toxic Threads – The Big Fashion Stich up", la sfilata shock organizzata da Greenpeace per denunciare la presenza di sostanze tossiche in capi di abbigliamento prodotti da famosi brand. Sull'inconsueta passerella hanno sfilato modelle con flebo attaccate o con il volto coperto da maschere per respirare. A finire nel mirino dell'associazione ambientalista sono i grandi nomi del fashion system internazionale, che producono vestiti in fabbriche situate in Cina o in altri paesi in via di sviluppo, dove vengono utilizzate sostanze nocive che possono provocare cancro e disturbi ormonali.

20 marchi del fashion system nel mirino di Greenpeace – Greenpeace ha analizzato 141 capi d'abbigliamento di 20 marchi, tra cui ZARA, Benetton, Jack & Jones, C & A, Victoria ‘s Secret, Marks & Spencer, Metersbonwe, Calvin Klein, Tommy Hilfiger e Vancl, scoprendo che circa due terzi di questi sono contaminati da sostanze pericolose. Alchilfenoli, ftalati e nonilfenoli etossilati sono le sostanze trovate da Greenpeace nei vestiti venduti in 29 paesi del mondo, tali componenti nocivi possono alterare il sistema ormonale

greenpeace Toxic Threads - The Big Fashion Stitch-up

dell’uomo e, in alcuni casi, se rilasciate nell’ambiente, possono diventare cancerogene. L'associazione ambientalista ha pubblicamente chiesto alle label di impegnarsi ad azzerare l’utilizzo di tutte le sostanze chimiche pericolose entro il 2020 – come già hanno fatto alcuni importanti marchi tra cui H&M e M&S – e di imporre ai loro fornitori di rivelare alle comunità locali i valori di tutte le sostanze chimiche tossiche rilasciate nelle acque dai loro impianti.

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