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Opinioni

Goldman Sachs: niente investimenti per le aziende senza donne al comando

La più grande banca d’investimenti, Goldman Sachs, dice no alle aziende che non hanno dirigenti donne. Nonostante l’accusa di strategia per seppellire sotto al tappeto la vecchia storia di corruzione, l’idea del Ceo David Solomon potrebbe essere un buon modo per costringere le aziende a un comportamento virtuoso.
A cura di Giulia Torlone
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C’è chi dice che spesso per ottenere dei grandi risultati, che tardano ad arrivare, bisogna usare il pugno di ferro. Sembrerebbe il caso di Goldman Sachs, la banca d’affari americana che ha annunciato una novità che potrebbe rivoluzionare il mondo degli affari. Il ceo David Solomon ha dichiarato che dal prossimo luglio la banca non avrà più intenzione di effettuare collocamenti in borsa di tutte quelle aziende che non abbiano nel proprio consiglio di amministrazione almeno una donna o un appartenente a una minoranza. L’idea sembra essere nata sulla scia di quanto già avviene in California, dove si rischia di beccare una multa salatissima, ben 100 mila dollari, per tutte quelle compagnie quotate con solo maschi bianchi al comando.

La lotta al gender gap aziendale che include solo Europa e Usa 

Nel caso Goldman Sachs, però, questa nuova regola vale solo per Europa e Stati Uniti, decisione che sta creando non poche polemiche. Basti pensare, infatti, al gender gap aziendale enorme che si riscontra nei paesi mediorientali, dove le donne manager sono all’11 per cento o a quello dell’America Latina, che scende fino al 7 per cento. Una scelta, dunque, che non convince del tutto ma a cui si è corso subito ai ripari con una dichiarazione rilasciata a Bloomberg in cui si chiarisce che questa limitazione si estenderà globalmente “non appena quei Paesi saranno pronti ad accoglierla”. C’è anche chi sostiene che questa decisione di combattere il sessismo e l’esclusione da parte dell’azienda sia solo un modo plateale di ripulirsi l’immagine, non proprio specchiata. I primi mesi in carica dell’amministratore Salomon, infatti, sono stati macchiati da uno scandalo sulla corruzione di Goldman Sachs. Al netto dello scandalo, però, va ricordato che il colosso americano ha investito, in passato, più di 100 mila dollari in aziende con al vertice donne, da una compagnia pediatrica in Cina a un retail con sede a New York. Tra l’altro, l’idea sarebbe quella di arrivare all’anno prossimo con un pacchetto di investitori scelti che abbiano non uno, ma due membri donne o appartenenti alle cosiddette “minoranze”. Vorranno estendere l’obbligo per combattere discriminazioni non solo di genere, ma anche religiose e di orientamento sessuale.

Quando anche il denaro si piega ai diritti sociali, investendoci

Al di là di essere dei veri e propri squali della finanza, la presa di posizione di Goldman Sachs non può che essere accolta positivamente, perché in un mondo in cui conta il denaro prima dei diritti umani, l’obbligo di rispettarli se in cambio si vogliono avere grossi investimenti è una trappola ben piacevole. Purtroppo, per poter godere di buoni frutti e buttarci le iniquità alle spalle, spesso si deve ricorrere a delle costrizioni che facciano arrivare al successo chi è sempre stato lasciato nell’ombra senza nessun demerito per esserci.

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Trent’anni, giornalista professionista, si occupa di politica e questioni di genere tra web, carta stampata e tv. Aquilana di nascita, ha studiato Italianistica a Firenze con una tesi sul rapporto tra gli intellettuali e il potere negli anni duemila. Da tre anni è a Roma, dedicando anima e cuore al giornalismo. Naturalmente polemica e amante delle cose complicate, osserva e scrive per capirci di più, o per porsi ancora più domande. Profondamente convinta che le donne cambieranno il mondo. 
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