Fertilità e orologio biologico: le donne non “scadono” come lo Yogurt
In realtà quella dell'orologio biologico è un'invenzione degli anni '70. Questo è quanto viene messo in luce nell'articolo di Moira Weigel sul Guardian, riportato anche nell'ultimo numero di Internazionale. In un articolo del Washington post del 1978, firmato da Richard Cohen, si parla per la prima volta di "lancette dell'orologio" e del concetto di "donna composita": alla disperata ricerca, tra i 27 e 35 anni, di un fecondatore ideale. Le donne dovevano preoccuparsi di pianificare la propria vita, in modo da poter procreare entro il tempo limite. Questo ci ricorda l'infelice campagna del Fertility day in Italia dove una clessidra viene accostata al corpo della donna.
Controllare la data di scadenza prima dell'uso. Ann Kirchheim nel Boston Globe parlava di "sindrome del ventre avvizzito": essere donna nel mondo del lavoro comincia sempre più ad apparire un limite, qualcosa che deve spingere a trovare subito rimedio. E' così che nasce anche il luogo comune della donna multitasking, in grado di essere e fare tante cose in un corpo solo. Come si stabilisce questo tempo limite? Già nel 1977 il 36% delle donne americane aveva il primo figlio dopo i trent'anni. Poco prima dell'articolo di Cohen, il 20 luglio 1978 nasceva la prima bambina in provetta, Louise Brown.
L'idea di orologio biologico deriva in realtà dalla scoperta dei ritmi circadiani, che riguardano la regolazione dei ritmi biologici di uomini e donne, legati ai cicli "giorno-notte". Nessuno si pone poi il problema del fatto che certe donne possono non essere interessate alla maternità. Ad oggi le statistiche non aiutano e sono anche un po' fuorvianti. Inoltre non si parla mai di orologio biologico maschile. Come se l'infertilità fosse un problema esclusivamente femminile. È vero che col tempo questa tende a scendere per tutti, ma non sappiamo ancora molto bene quali siano i fattori che accelerino o rallentino questo processo. Anche gli uomini dovrebbero preoccuparsi, visto che i figli concepiti a 40 anni hanno maggiori probabilità di nascere autistici; superati i 50 anni le probabilità salirebbero al 66%. Secondo uno studio dell'American Society for Reproductive Medicine in 1/3 delle coppie l'infertilità è da attribuire alle donne, per un altro terzo agli uomini, nel resto dei casi abbiamo una combinazione di problemi tra entrambi i partner; nel 20% delle coppie non è chiaro a chi attribuire la "colpa".
Fecondazione e tumori. E' ancora aperta la questione riguardo alla correlazione tra tumori alle ovaie e i trattamenti previsti per la fecondazione assistita, non aiuta a far luce lo studio pubblicato nel 2015 dai ricercatori dell'University college di Londra, basato su un campione di 255mila donne britanniche; non si sa nemmeno con certezza se le donne prese in esame fossero state condizionate da precedenti malattie non diagnosticate. Nel mentre per ovviare a quello che sembra sempre più un problema sociale legato alla produzione – piuttosto che alla ri-produzione – si parla sempre più di ovuli congelati.
Abbiamo davvero un'emergenza? Alla luce di quanto riportato, a prescindere dalla reale importanza di studiare in campo medico la fertilità, una domanda sorge spontanea: siamo sicuri che esista un problema reale di fertilità e che questo sia un onere prettamente femminile?