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Endometriosi: cos’è e perché non è normale soffrire per le mestruazioni (lo spiega la ginecologa)

Soltanto in Italia tre milioni di donne soffrono di endometriosi. Prima che si arrivi a una diagnosi passano in media tra i sei e gli otto anni e la maggior parte delle donne è costretta a convivere con dolori e crampi fortissimi. Abbiamo chiesto alla ginecologa Manuela Farris quali sono le caratteristiche e le possibili cure di questa patologia.
Intervista a Prof.ssa Manuela Farris
Ginecologa e consigliera SIC (Società Italiana di Contraccezione)
A cura di Francesca Parlato
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Sette anni. Secondo la Fondazione Italiana Endometriosi, una donna che soffre di endometriosi ci impiega in media 7 anni per arrivare a una diagnosi certa. E sono tre milioni le italiane, tra il 10 e il 15% delle donne in età fertile, che soffrono di questa patologia, e 176 milioni le donne in tutto il mondo. Ma nonostante questi numeri e alcune artiste famose che hanno scelto di raccontare la loro esperienza, questa malattia è ancora poco conosciuta. "L'endometriosi è una malattia che causa la presenza della mucosa che riveste l'utero (l'endometrio) al di fuori dell'utero. Si può disseminare sulle ovaie, sulle tube, sul peritoneo, sulla vagina e anche sull'intestino – ha spiegato a Fanpage.it la ginecologa Manuela Farris – "Si tratta di una malattia infiammatoria che può causare anche delle aderenze tra organi e danneggiare la capacità delle tube, causando una sterilità di tipo meccanica se è diagnosticata a uno stadio già piuttosto avanzato". 

Il dolore cronico

Uno dei motivi per cui l'endometriosi è spesso diagnosticata con così grave ritardo sta nel fatto che il sintomo principale è il dolore. Chi soffre di questa patologia avverte dei dolori tali da essere invalidanti. Sono tantissime le donne che raccontano di non riuscire ad andare a lavoro o a scuola, di non poter alzarsi dal letto perché piegate in due dai crampi. Ma siccome la dismenorrea è ritenuta un sintomo comune a tutte le ragazze e donne durante i primi giorni delle mestruazioni, viene spesso preso sotto gamba anche dai molti ginecologi. "Ora però c'è più attenzione. Ovviamente non dobbiamo neanche fare allarmismo: non vuol dire che ogni crampo sia sintomo di endometriosi. Solitamente i dolori sono caratterizzati dall'essere molto intensi e soprattutto cronici. Il mio consiglio comunque è fare sempre un'ecografia se soffriamo di dolori molto forti durante le mestruazioni". Tipico sintomo di questa malattia è anche il dolore durante i rapporti sessuali: "Circa il 40% delle donne che soffre di endometriosi ha dolore durante i rapporti sessuali e poi quasi tutte soffrono anche di dolore pelvico cronico, quindi non associato a mestruazioni o rapporti".

Endometriosi e fertilità

C'è un altro sintomo legato a questa malattia ed è l'infertilità. Molte donne infatti si rendono conto di soffrire di endometriosi perché provano ad avere una gravidanza ma senza risultato. Secondo il Ministero della Salute, una percentuale che va dal 30 al 50% delle donne che non possono o hanno difficoltà a concepire bambini è affetta da endometriosi. "È importantissimo, per contrastare i problemi di infertilità, avere una diagnosi tempestiva. E avere figli è un'opzione possibile e le donne che soffrono di endometriosi non devono escluderla. Con il proprio medico, a seconda dello stadio della patologia si potrà decidere come intervenire, se con i farmaci o chirurgicamente, e come fare per mettere la donna in condizione di provare ad avere una gravidanza".

Perché la diagnosi è così lunga

Oltre al fatto che spesso non si ritiene il dolore mestruale un sintomo c'è anche un altro motivo che rende così lenta la diagnosi: spesso la semplice ecografia, quella che siamo abituate a fare dal ginecologo, non basta. "Gli ecografisti oggi usano una speciale tecnica, che si avvicina molto alla risonanza – spiega la dottoressa Farris – I noduli che si formano spesso sulla parete tra utero e retto sono  sono talmente piccoli da sfuggire a una normale ecografia". In alcuni casi invece l'endometriosi causa la formazione di vere e proprie cisti: "In quei casi la diagnosi è più veloce: le cisti endometriosiche hanno delle caratteristiche tali da renderle riconoscibili ai medici e a chi esegue l'ecografia".

Le cure possibili

Anche per l'endometriosi è fondamentale intervenire in maniera tempestiva. "Prima si scopre prima si può curare – ha spiegato la ginecologa Farris – Attenzione però, quello che bisogna assolutamente sapere è che l'endometriosi è una malattia che si cura, ma dalla quale non si può guarire. Il nostro obiettivo è migliorare la qualità della vita delle donne. E ridurre fino ad azzerare il dolore". Le vie da seguire possono essere farmacologiche oppure chirurgiche (nel caso ad esempio di cisti ovariche maggiori di 4 cm). "Spetterà al medico a seconda della storia clinica della paziente e a seconda anche dei suoi desideri (se ad esempio si sta cercando un bambino) decidere quale linea seguire. Ci sono dei progestinici specifici che possono essere assunti per via orale, oppure, nei casi ad esempio di endometriosi localizzata tra retto e utero, c'è una terapia sempre a base di progestinici che si assume per via intrauterina e che ha una copertura di cinque anni (ed è anche più semplice da gestire rispetto a una terapia orale)". In alcuni casi invece per eliminare il dolore si può anche ricorrere alla pillola anticoncezionale: "In questo caso ha una doppia valenza: non solo blocca il dolore ma ferma anche la crescita di noduli e cisti". Molte donne prima della diagnosi fanno ricorso a fans e antidolorofici: "A lungo andare questi farmaci possono causare degli effetti collaterali e portare più danni che benefici, per questo in alcuni casi, soprattutto tra le più giovani che non cercano gravidanze, consiglio di ricorrere alla pillola". Quello che però bisogna assolutamente sapere è che provare dolore non è normale. Avere le mestruazioni non vuol dire soffrire: "Siamo nel 2020, non dobbiamo più pensare che sia normale sopportare i dolori. Se abbiamo un dubbio facciamoci visitare subito".

Le informazioni fornite su www.fanpage.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.
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