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Donne e pubblicità: uso, consumo ed abuso

La donna nelle campagne di comunicazione, troppo spesso, anzichè fungere da soggetto, è l’oggetto, diventando così veicolo di messaggi invasivi e violenti oscurando quello che Seneca apprezzava per l’impossibilità di apprezzare soltanto le singole parti: l’aspetto complessivo.
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Donne e Pubblicità, quando l'uso diventa abuso

Il video mostra le più note campagne di comunicazione che usano la donna come oggetto, anzichè soggetto.

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Donne e pubblicità. Dopo aver illustrato l'orgoglio XXL, analizziamo adesso un binomio che troppo spesso viene preso in considerazione soltanto da un punto di vista strettamente legato e connesso alla mercificazione del corpo femminile, in favore di una cultura che troppo spesso predilige quegli aspetti della donna oggetto, dell'uomo padrone, ben sintetizzati in questo video.

In molte campagne di comunicazione, soprattutto quelle di origine locale, che corrono meno rischi di incappare nella vigilanza delle varie associazioni che da anni lottano contro la mercificazione del corpo femminile, la donna, anzichè venir posta come soggetto centrale, ne diviene l'oggetto, trasformando la stessa in un veicolo commerciale che risulta essere invasivo, violento e che, in alcuni casi, sembra quasi voler appoggiare comportamenti aggressivi.

Così quando la pubblicità fa rima con la donna, una serie di stereotipi pronti all'uso vengono posti in essere, a seconda di quelle che possono essere le esigenze. Dalla rifatta alla cubana, dalla seducente alla stupida, alcune campagne diventano sempre più lesive nei confronti dell'immagine femminile.

La pubblicità di Burger King

Della donna parlò Seneca

Una bella donna non è Colei di cui si lodano le gambe o le braccia, ma quella il cui aspetto complessivo è di tale bellezza da togliere la possibilità di ammirare le singole parti.

I creativi, i pubblicitari e la "cattiva maestra televisione" hanno decisamente accantonato il drammaturgo romano, preponderando un approccio che cambia definitivamente il senso della bellezza, in un "circo degli orrori" cui bisogna porre fine.

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