Da Rosa Parks a Miss Flint, le donne nere che hanno cambiato il mondo (e lo stanno ancora facendo)
Si vedono sfilare lungo le strade delle città americane. Hanno megafoni rosa e magliette con slogan multicolor, c'è chi ha poco più di 6 anni e chi invece mostra con orgoglio le rughe sul proprio volto. Sono le attiviste di oggi, donne, ma anche bambine e ragazzine afroamericane, che si battono in difesa dei loro diritti e con la speranza di vivere in un mondo in cui un uomo non venga ucciso dopo un arresto, come è capitato a George Floyd. Hanno unito in coro le loro voci per arrivare più lontano e utilizzano i loro profili Instagram per farlo. Ma non sono le sole. La storia è costellata di esempi simili, di eroine, senza mantello o poteri magici, ma che sono scese in piazza non aspettando che qualcuno al posto loro cambiasse le cose. Così abbiamo scelto quattro figure, due del passato e due dei giorni nostri e le abbiamo messe a confronto, per capire cosa davvero è cambiato e quanta strada ancora c'è da compiere.
Il no di Rosa Parks che ha cambiato l'America
Rosa Parks, 42 anni all'epoca, era una sarta che viveva a Montgomery in Alabama, una città segregata in cui la vita si divideva in bianco e nero. Chiese, negozi, ascensori e posti a sedere sui pullman erano differenti per l'uno e per l'altro. Il 1 dicembre del 1955 Rosa era di ritorno dal lavoro quando, dopo essersi seduta nella fila centrale dell'autobus 2857, fu invitata dall'autista a lasciare il posto a un passeggero bianco. Rosa, tuttavia, si rifiutò di farlo, stanca dei continui soprusi di cui la sua gente era continuamente vittima. Fu incarcerata per condotta impropria, per poi essere rilasciata su cauzione il giorno dopo. Il suo no, però, non restò inascoltato. Vi fu un vero e proprio boicottaggio: venne chiesto a ogni persona di colore della città di non prendere gli autobus fino a quando le cose non fossero cambiate. I tassisti di colore abbassarono la tariffa della corsa per poter prendere parte a quella protesta civile e per nulla violenta che durò per 381 giorni. Fu allora che la Corte Suprema dichiarò incostituzionale la segregazione negli autobus, che fu bandita 10 anni dopo anche negli altri Stati.
Mari Copeny e la sua voglia di cambiare le cose
Ha 13 anni e le idee molto chiare sin da quando era poco più che una bambina. Mary Copeny nel 2016 scrisse una lettera ad Obama, nella quale chiedeva di incontrare lui e Michelle a Washington per parlare della crisi idrica in atto a Flint, un disastro ambientale causato dalla contaminazione da piombo delle acque del fiume e che ha avuto inizio nell'aprile 2014. Le sue parole non rimasero inascoltate e l'incontro avvenne proprio nella città del Michigan. Da allora Little Miss Flint non ha mai smesso di portare avanti la sua missione, è diventata uno dei giovani volti della Women’s March, il movimento per la marcia dei popoli, e adesso è scesa in piazza per chiedere giustizia e cambiamento. «Future President. Cheerleader. Role model», recita la sua bio di Instagram e chissà se un giorno presidente lo possa diventare davvero.
Il primo giorno di scuola di Ruby Bridges e quella foto che ha segnato la storia
C'è una fotografia che ha scritto la storia e segnato un'epoca e che mostra una bambina di 6 anni entrare alla William Frantz Elementary School di New Orleans, scortata da tre agenti federali. Era il 14 novembre 1960 quando Ruby Bridges, la prima bambina di colore a varcare la soglia di quell'istituto, entrò a far parte di una classe di soli bianchi. Nell'aula, però, non trovò nessuno ad accoglierla, né compagni, né insegnanti. La sua famiglia ricevette da allora continue minacce, i genitori persero il lavoro e la bambina fu costretta persino a portare il pranzo da casa, per timore che potesse essere avvelenata, ma con l'aiuto di una maestra e di alcuni genitori, riuscì a proseguire gli studi e a portare avanti la sua battaglia. Oggi Ruby è presidente della fondazione che porta il suo nome, nata per promuovere i valori della tolleranza e del rispetto di tutte le differenze.
Marely Dias e il potere dei libri
Ha 15 anni è un'attivista e femminista e ha già dimostrato il suo valore. Marely Dias nel 2011 ha lanciato la campagna #1000BlackGirlBooks, mirata a raccogliere i libri che avessero come protagoniste ragazze e donne di colore. In breve tempo, grazie anche al potere dei social, la giovane studentessa ha raccolto ben 12.000 volumi e ha scritto una sua biografia. Ha parlato accanto a Michelle Obama e Oprah Winfrey in occasione dello United State of Women Summit del 2016 e nel 2018 il suo nome è comparso nella lista di Forbes delle 30 donne under 30 che hanno avuto influenza per i contenuti e i messaggi trasmessi attraverso i media. Oggi continua a battersi in nome della cultura e dell'uguaglianza.
Ciò che sorprende oggi è come per ogni conquista fatta, slogan gridato o marcia compiuta, esista un'altra battaglia ancora lontana dall'essere vinta. E ancora oggi nel 2020 siamo ancora distanti dal vivere in quel mondo ideale in cui il colore della pelle non conta affatto e una voce da sola basta a cambiare le cose. Forse arriverà davvero il giorno in cui Black Live Matters non sarà solo uno slogan.