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Cosa vuol dire essere una donna in un’Italia in cui rischi ancora di essere stuprata in metro

A quante sarà capitato di tornare in piena notte o magari in un vagone della metropolitana semi-vuoto e di aver avuto paura che potesse succedere qualcosa semplicemente perché si portava un abito un tantino più scollato? Nel 2019 è decisamente inaccettabile vivere sopraffatte da un simile senso di oppressione e la Festa della Donna dovrebbe essere l’occasione per combattere tutto questo.
A cura di Valeria Paglionico
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La Festa della Donna si avvicina e come ogni anno si coglierà l'occasione per celebrare la forza, la determinazione e il coraggio del sesso femminile, peccato solo che tutte le belle parole, le speranze e la voglia di emancipazione puntualmente vengano dimenticate il giorno successivo. La verità è che essere donna al giorno d'oggi richiede non pochi sacrifici, soprattutto in un paese come l'Italia dove non solo domina il sessismo ma anche l'idea secondo cui indossare una gonna voglia dire "essersela cercata". A quante sarà capitato di tornare in piena notte o magari in un vagone della metropolitana semi-vuoto e di aver avuto paura che potesse succedere qualcosa semplicemente perché si portava un abito un tantino più scollato?

Avrà provato proprio una sensazione simile la ragazza di 24 anni che mentre tornava a casa è stata stuprata da tre uomini nell'ascensore della Circumvesuviana a San Giorgio a Cremano, portando ancora una volta l'attenzione su questi intollerabili episodi di violenza. Per quanto cerchino di immedesimarsi, gli uomini non potranno mai capire il senso di oppressione, frustrazione e impotenza che proviamo ogni volta che scegliamo un look "castigato" per camminare in strada, che "elemosiniamo" un passaggio a casa in piena notte a un ragazzo, che evitiamo le vie poco popolate, tutto per paura di andare incontro a uno stupro che ci rovinerebbe la vita. A poco più di 30 anni mi inserisco nella categoria delle "intrepide", di quelle che non accettano di essere sopraffatte dal timore e dalla preoccupazione, che ogni sera combattono contro le proprie ansie per ribellarsi a questa convenzione inaccettabile e che non possono credere al fatto che per sentirsi al sicuro debbano avere necessariamente un uomo al loro fianco.

Il risultato? Vengo considerata troppo temeraria per essere donna, irresponsabile, incosciente, una che "sfida la sorte", dimenticando che anche a me fare una scelta simile comporta non pochi sacrifici e paure. Nel 2019 è intollerabile che una vittima di violenza o di molestia venga accusata di non aver saputo badare a se stessa, sentendosi dunque responsabile per quanto gli è capitato. Se da un lato ci viene chiesto di andare oltre le convenzioni, di "avere le palle", di raggiungere il successo professionale con le nostre forze, di diventare delle "Wonder Women" capaci di prendersi cura di famiglia, lavoro e bellezza senza mai mollare, dall'altro è praticamente impossibile distaccarsi dall'idea secondo cui la donna è una creatura fragile che può essere salvata e protetta solo dalla controparte maschile. Quello che mi chiedo, dunque, è: quand'è che la Festa della Donna comincerà a celebrare le donne vere e coraggiose, quelle che, piuttosto che aspettare il  principe azzurro che le venga a salvare, si mettono a rischio in prima persona e, così facendo, cercano ogni giorno di rivoluzionare l'assurda società contemporanea?

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Dopo aver conseguito la laurea in Lingue e letterature straniere all'Università Orientale di Napoli, ho continuato gli studi al Dams di Roma Tre, avvicinandomi all'attività giornalistica grazie alla passione per il cinema e per lo spettacolo. Dopo aver collaborato con gli uffici stampa di festival cinematografici nazionali, sono diventata pubblicista nel 2015. 
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