Come riconoscere il burnout, lo stress causato dal lavoro: quali sono i campanelli d’allarme e sintomi

Una persona su due soffre di ansia e depressione per motivi legati a lavoro. Prima della pandemia a soffrire di questo tipo di problemi era soltanto il 35% degli intervistati, oggi invece l’80% degli intervistati, in uno studio BVA Doxa, ammette di soffrire di almeno un sintomo del burnout. In occasione della giornata mondiale per la salute mentale scopriamo come si riconosce e come si previene.
Intervista a Dott.ssa Erika Leoni
Psicologa
A cura di Francesca Parlato

Secondo una recente ricerca realizzata da BVA Doxa (commissionata da Mindwork la prima società italiana di consulenza psicologica online interamente specializzata in ambito aziendale) in occasione del 10 ottobre la Giornata Mondiale per la Salute Mentale, quasi l’85% delle persone considera il proprio benessere psicologico generale correlato al proprio benessere sul lavoro e viceversa. E addirittura l'80% degli intervistati ha dichiarato di aver provato almeno uno dei sintomi associati al burnout (sensazione di sfinimento, calo dell'efficienza lavorativa, aumento del distacco mentale, cinismo rispetto al lavoro) con un numero medio di sintomi dichiarati di 2.7 su 4. Un dato interessante soprattutto se lo confrontiamo ai numeri pre pandemia: prima che il Covid impattasse in modo così violento sulla nostra vita personale e lavorativa, il burnout riguardava infatti soltanto il 40% dei lavoratori e delle lavoratrici. "Burnout è un termine inglese che si può tradurre letteralmente con bruciato. Maslach, sociopsicologa, definisce il burnout come una sindrome di esaurimento emotivo, di depersonalizzazione e derealizzazione personale, che deriva da una condizione di stress cronico e persistente, associato al contesto lavorativo, identificando come contesto lavorativo maggiormente a rischio un contesto ad elevata implicazione relazionale – spiega a Fanpage.it la psicologa Erika Leoni, consulente di Guidapsicologi.it – Ma è interessante anche un'altra definizione, quella di Cherniss, che lo identifica come il tipo di risposta a una situazione avvertita come intollerabile, in quanto l'operatore percepisce una distanza incolmabile tra la quantità di richieste avanzate dal contesto lavorativo e le risorse disponibili; da questa percezione negativa deriva un senso di impotenza". 

I campanelli d'allarme del burnout

L'80% degli intervistati ha dichiarato di aver sofferto nell'ultimo anno di almeno uno dei sintomi del burnout. Attenzione però a considerare questa sindrome come un evento isolato o un unicum. "Il burnout è un processo lungo e alcuni elementi possono darci delle avvisaglie del malessere: la sensazione di sentirsi in trappola, di sentirsi freezato in quel momento specifico, la paura di essere licenziato, credere di non avere le risorse efficaci e sufficienti per le richieste avanzate dal contesto lavorativo". Se si riscontra una o più di queste sensazioni vuol dire che il rischio di andare in burnout e di andare incontro a un tracollo emotivo è più alto di quanto non si possa immaginare.

Lo stato d'animo di chi soffre di burnout

E sempre dall'indagine BVA Doxa è emerso che ben il 49% degli intervistati soffre di ansia e depressione a causa del lavoro. "Il burnout si riconosce grazie ad alcuni segnali specifici come ad esempio l'esaurimento emotivo, l'autostima comincia a calare, ci si sente prosciugati, incapaci di recuperare il benessere psico-fisico e privi di energie per affrontare nuove sfide e per relazionarsi con le persone". Un altro segnale di burnout è lo sviluppo di un atteggiamento cinico: "Si inizia ad assumere un atteggiamento freddo e distaccato nei confronti della professione e dei colleghi. Si tratta di una sorta di meccanismo di difesa per proteggere sé stessi dall'esaurimento e dalla delusione". E poi c'è ovviamente il sintomo più strettamente legato al lavoro ovvero l'inefficienza professionale. "Il soggetto non si sente in grado di portare a termine in modo soddisfacente compiti lavorativi".

Burnout e le ripercussioni sul fisico

Chi soffre di burnout non riesce più a svolgere il proprio lavoro in maniera entusiasta, non vede più stimoli, si sente demotivato e trovano spazio sentimenti come frustrazione, rabbia o ansia. "Un soggetto che soffre di burnout potrebbe manifestare stanchezza, apatia, nervosismo, agitazione psicomotoria, insonnia, difficoltà a mantenere relazioni sociali sul luogo di lavoro. E tale situazione di disagio, in casi estremi, potrebbe portare il soggetto anche ad abuso di alcool, di psicofarmaci o fumo". E in più c'è il rischio che insorgano alcune patologie. "Tra le più frequenti: ulcera, cefalea, disturbi cardiovascolari e difficoltà sessuali". Dal punto di vista strettamente psicologico, a parte la sensazione di malessere, il burnout può provocare anche altri problemi chiarisce la psicologa Leoni: "Difficoltà di concentrazione, difficoltà nelle relazioni sociali sia tra i colleghi che nella vita privata, sentimenti di rabbia, irritabilità,  depressione, senso di colpa per non riuscire a superare le difficoltà, sensazione di fallimento, sospetto e paranoia ed isolamento. E si può assistere ad un collasso delle energie psichiche con la manifestazione di sintomi tipici delle patologie ansiose-depressive".

Le 4 fasi del burnout

Il burnout, come detto prima, è un processo, non piomba nella vita delle persone da un giorno all'altro e alcuni studiosi hanno identificato quattro fasi distinte: "Secondo i ricercatori Edelwich e Brodsky la prima fase è quella preparatoria: è legata ad un entusiasmo idealistico verso il lavoro". La seconda fase è invece detta stagnazione: "Il lavoratore si accorge che le sue iniziali aspettative non coincidono con le mansioni svolte. Questo favorisce una riduzione dell'entusiasmo e un calo della motivazione". Inizia così il momento della frustrazione. "Il lavoratore inizia a manifestare i primi segni del burnout. Non si sente soddisfatto, non si sente capito e sente di non poter parlare a nessuno della sua situazione. E questo potrebbe essere causato anche da una mancanza di supporto da parte dell’organizzazione lavorativa, per cui potrebbero essere poco presenti momenti di formazione e feedback positivi". Infine arriva l'apatia. "Questa fase è caratterizzata da un forte senso di rassegnazione, mancanza di empatia, infelicità che conducono verso una totale demotivazione e disimpegno" spiega la psicologa.

Le professioni più a rischio burnout

Come dimostrano i dati della ricerca, a dispetto di quello si pensava anni fa, quando si riteneva che il burnout fosse legato soltanto ad alcune professioni (principalmente quello di tipo assistenziali), oggi, visto quanto i sintomi sono diffusi, sappiamo che non è così. "Prima si credeva che potesse colpire esclusivamente infermieri, medici, psicologi, psichiatri, assistenti sociali, educatori e insegnanti, in quanto tali figure devono fare i conti con una duplice fonte di stress, ovvero lo stress personale e quello di chi assistono. Tuttavia ben presto si è compreso che la tipologia di lavoro svolto è solo una delle tante variabili che contribuiscono all'insorgenza della sindrome del burnout, che sarebbe causato invece dalla complessa interazione tra l'individuo e il contesto lavorativo".

Burnout e smart working

Per quasi tutto il 2020 abbiamo dovuto rinunciare alle nostre abitudini personali e lavorative, abbiamo dovuto reinventarci il modo di lavorare, abbiamo trasformato le nostre case in uffici e questo, come dimostra l'indagine BVA Doxa ha inciso in maniera significativa sul nostro benessere psicologico lavorativo. "Di solito il burnout si manifesta perché si percepisce uno squilibrio tra le richieste che riceve sul luogo di lavoro e le sue risorse, le sue possibilità. Durante il Covid e durante quindi i mesi di smart working la causa principale è stata invece un'altra: ovvero l'impossibilità di rispettare gli orari di lavoro. Sapevamo quando iniziavamo a lavorare, ma non quando avremmo finito. E di conseguenza abbiamo vissuto nella percezione di non staccare mai". E il fatto che la maggioranza dei lavoratori si sia ritrovata in smart working da un giorno all'altro, ha fatto sì che i sintomi di burnout aumentassero del doppio rispetto allo scorso anno.

Prevenire il burnout

Il 92% degli intervistati ritiene importante che un'azienda si occupi attivamente del benessere psicologico dei propri dipendenti. "Nel nostro paese però non c'è una cultura della prevenzione, sono poche le aziende che mettono a disposizione dei propri dipendenti dei counselor o che cercano dei semplici feedback dai propri dipendenti per sapere come stanno sul posto di lavoro". Spetta quindi (purtroppo) soltanto al lavoratore porre attenzione al proprio benessere. "Il lavoratore che avverte uno di questi sintomi può provare ad adottare delle strategie per riprendere in mano la propria vita, mantenendo uno stile di vita equilibrato (rispettando ad esempio il proprio ritmo sonno-veglia, adottando un’alimentazione sana), implementando le uscite sociali fuori dal contesto lavorativo, delegando il lavoro, quando risulta eccessivo, adottando una comunicazione chiara all’interno del contesto lavorativo. Nel caso le difficoltà persistono consiglio di rivolgersi ad uno psicologo". 

Le informazioni fornite su www.fanpage.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.
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