Capri, due imponenti scarpe rosse chiuse in una gabbia per dire no alla violenza sulle donne
Due tacchi rossi chiusi in una gabbia, è questa la potente istallazione apparsa a Capri nella storica piazzetta, in omaggio a tutte le donne vittime di abusi. «La violenza è una gabbia», recita la scritta che campeggia sulla monumentale opera della pittrice e scultrice Anna Izzo, un messaggio chiaro, quello che vuole lanciare Capri, alla vigilia della Festa della Donna. La pesante gabbia che racchiude quei simboli di femminilità ed eleganza rappresenta anche le mura di una casa, il primo luogo in cui, il più delle volte, si manifestano gli episodi di violenza. Non è casuale neppure la piazza scelta per la scultura che ha donato l'artista originaria di Trapani. Come a guardare l’orizzonte, il forte messaggio di cui si fa portatrice la scultura vuole non solo arrivare ai capresi ma andare oltre i Faraglioni, e far riflettere anche i numerosi turisti che visitano l’isola già all’arrivo della primavera.
L'attenzione alle donne non solo l'8 marzo
Sono ancora tante, troppe, le donne vittime di quella violenza di genere che è così dura a morire e mai come in queste occasioni, conta far sentire la propria voce. Non è un caso che l’inaugurazione avrà luogo proprio domenica 8 marzo, giorno in cui si celebra la figura femminile. Ma quelle scarpe che guardano l’orizzonte saranno lasciate come monito affinché l’attenzione su questi temi seri non venga dimenticata una volta passata la ricorrenza. Saranno numerose, infatti, le iniziative che avranno luogo nella bella isola del golfo di Napoli durante il resto dell’anno e che culmineranno con l’istituzione di un Centro Antiviolenza, destinato all’ascolto e al monitoraggio delle situazioni più critiche.
Le scarpe simbolo della lotta contro la violenza
Scarpe rigorosamente rosse, che siano con il tacco o da ginnastiche, piccole o grandi, rappresentano il percorso che ogni donna compie verso la libertà. Sono diventate il simbolo della lotta alla violenza sulle donne da quando nel 2009 l’artista messicana Elina Chauvet le ha utilizzate per una sua istallazione, nota appunto come Zapatos Rojas, con la quale denunciava la sparizione di numerose ragazze che erano state vittime di abusi e di omicidi. Da allora sono tante le città, in Europa e nel mondo, che hanno voluto emulare questa particolare e ormai simbolica forma di protesta.