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Calvizie femminile: come riconoscerla e i nuovi trattamenti per curarla

La calvizie o alopecia androgenetica è un problema che non riguarda soltanto gli uomini. Ben una donna su quattro va incontro alla perdita dei capelli. Come fare, quali sono i segnali da non sottovalutare e quali sono le terapie a disposizione lo abbiamo chiesto al dottor Mauro Conti, medico e presidente dell’Osservatorio Internazionale della Calvizie.
Intervista a Dott. Mauro Conti
Medico e presidente italiano dell’Osservatorio Internazionale della Calvizie
A cura di Francesca Parlato
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La calvizie non è solo un problema maschile. Quattro milioni di donne in Italia soffrono di quella che scientificamente si definisce alopecia androgenetica, ovvero la caduta di capelli causata da una suscettibilità del follicolo. Ma se perdere i capelli sembra un destino tutto sommato accettabile tra gli uomini (riguarda quasi il 50% della popolazione) per le donne fare i conti con questa condizione può essere psicologicamente molto più difficile. "I capelli, soprattutto per il genere femminile, incidono tantissimo sull'immagine – spiega a Fanpage.it il dottor Mauro Conti, presidente italiano dell’Osservatorio Internazionale della Calvizie e direttore scientifico di Hairclinic, centro specializzato in Medicina Rigenerativa Multidisciplinare – Per le donne può essere complesso accettare la calvizie. Quella massa di capelli di soli 50 grammi ha in realtà un peso molto maggiore dal punto di vista psicologico". 

Le cause della calvizie nelle donne

Per lungo tempo si è ritenuto che fosse l'eccesso di testosterone (l'ormone tipicamente maschile) a causare la caduta di capelli. In realtà studi recenti affermano che non è la presenza di quest'ormone nel sangue a causare l'alopecia androgenetica, ma un'ipersensibilità di certe zone del cuoio capelluto a un altro ormone, il diidrotestosterone (DHT). "Per le donne che soffrono di calvizie il DHT rappresenta un veleno. Quest'ormone (i cui livelli non sono necessariamente altissimi) colpisce il follicolo dove cresce il capello. Inizialmente il capello appare più fine, inizia ad assottigliarsi fino a cadere. E a quel punto il follicolo non ha più la capacità di produrre altri capelli". Anche la presenza di alcune patologie può influenzare l'andamento della calvizie: "Problematiche tiroidee, celiachia, anemia, malattia autoimmuni, sindrome dell'ovaio policistico, fibromialgia e artrite reumatoide possono incidere negativamente". Mentre trattamenti aggressivi, diete sbagliate, tinte e piastre possono soltanto influenzarne l'andamento. "Ma non determinarne l'insorgenza".

Come riconoscere l'alopecia androgenetica: sintomi e caratteristiche

In alcuni periodi come durante i cambi di stagione o durante l'allattamento si può andare incontro a una perdita copiosa di capelli. Ma si tratta di situazioni molto differenti dall'alopecia androgenetica. "In questi casi si parla di teffluvium: il follicolo impazzisce e provoca una caduta dei capelli. Ma passato questo periodo torneranno nuovamente a crescere". In altri casi può accadere di soffrire di quella che si definisce alopecia areata: "Si tratta di una patologia autoimmune. I follicoli di certe zone sono attaccati dagli anticorpi stessi del paziente, e questo causa la caduta dei capelli. Il trattamento più efficace consiste nell'assunzione di farmaci cortisonici. E una volta spenta l'infiammazione i capelli torneranno a crescere". Nel caso invece dell'alopecia androgenetica i segnali sono differenti, e bisogna essere particolarmente attente a intercettarli perché la tempestività conta moltissimo. "La spia numero uno di un problema ai capelli – spiega il dottor Conti – Non è la caduta. Se la paziente si accorge a un certo punto di avere una zona della testa in cui non ci sono più capelli purtroppo vuol dire che parte del danno è già avvenuta". Assottigliamento del capello, una chioma più sfibrata sono indizi da non sottovalutare. "Se ci accorgiamo che la qualità dei capelli, soprattutto in qualche zona specifica, inizia a peggiorare, vuol dire che il follicolo già vive male, che c'è una sofferenza. Solitamente la zona più interessata è proprio il centro della testa o la zona frontale". Anche un aumento di forfora e il prurito devono far scattare il campanello d'allarme. "Si tratta di sintomi che apparentemente sembrano non avere nulla a che fare con la calvizie, ma nell'ottica di uno stress follicolare possono essere un indizio di una disfunzione".

Trattamento per la calvizie femminile e nuove cure

La medicina nel campo della cura della calvizie ha fatto significativi passi in avanti, oggi si possono applicare diversi protocolli, tutti volti prevalentemente all'arresto della caduta. "La disfunzione follicolare che causa l'alopecia androgenetica è causata da tanti elementi. Pensiamo al follicolo come un cubo di Rubik che bisogna ricomporre. Messi da parte i rimedi della nonna, gli integratori che compriamo in farmacia e gli shampoo del supermercato, per provare a curare la calvizie c'è bisogno di diversi input terapeutici". Se si nota un assottigliamento dei capelli, una perdita di qualità in una zona specifica è bene rivolgersi il prima possibile a un dermatologo che valuterà la storia clinica e familiare, l'eventuale presenza di patologie che possono provocare la caduta dei capelli e procederà poi con le terapie che riterrà più adeguate. Le più moderne affrontano la calvizie a partire dalla somministrazione nel paziente di sostanze che spengono l'infiammazione. "Si utilizzano cellule rigenerative estratte dal paziente, proteine per migliorare la circolazione, gel a uso topico e terapie che nutrono i follicoli danneggiati. Non esiste una cura unica perché l'approccio è sempre personalizzato. L'obiettivo non è ritornare ad avere la chioma che si aveva a 18 anni, ma cercare di preservare quella che c'è. E la percentuale di successo oggi è tanto più alta quanto più si interviene in maniera tempestiva. Il mio consiglio è non aspettare, non rischiare che si crei un vuoto. Sappiamo quanto questa condizione possa essere insopportabile nelle donne. Prima interveniamo maggiore sarà la possibilità di rallentare l'evoluzione del problema e ottenere dei miglioramenti".

Le informazioni fornite su www.fanpage.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.
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