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Calo delle nascite, la demografa: “Dobbiamo aspettarci un’Italia quasi dimezzata nel 2100”

Le nascite in Italia sono al minimo storico: in questo modo si ha uno squilibrio tra le generazioni che si riflette sul sistema del welfare e sui conti pubblici. Troppi anziani e pochi giovani. La professoressa Alessandra De Rose, ordinario di Demografia alla Sapienza di Roma, fa il punto sulle prospettive future: una popolazione più piccola ha solo effetti negativi?
Alessandra De Rose Prof.ssa
Ordinario di Demografia all'università Sapienza di Roma
A cura di Beatrice Manca
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Nel nostro Paese le nascite sono in calo costante da anni e nel 2020, complice anche la pandemia, hanno raggiunto il minimo storico dall'Unità d'Italia. Gli effetti di questo fenomeno si iniziano già a sentire, ma se la rotta non verrà invertita dobbiamo aspettarci un'Italia molto più piccola. Precisamente, una popolazione dimezzata in meno di un secolo. Lo ha spiegato a Fanpage.it la professoressa Alessandra De Rose, ordinario di Demografia all'università Sapienza di Roma. "Le proiezioni dell’Istat e delle Nazioni Unite ci portano ad un valore: una popolazione dimezzata nel 2100. Passeremo dagli attuali 60 milioni a meno di 40 milioni. Ci sono altre più catastrofiche, che vogliamo per ora ignorare”.

Stiamo vivendo una fase di squilibrio

Nel 2020 le nascite in Italia sono state appena 404mila, quasi 16mila in meno rispetto al 2019. In quasi tutti i sondaggi le coppie dicono di desiderare due figli, ma poi i dati mostrano che la media si aggira intorno a 1,27 per donna. "Questo conferma che c'è un desiderio di maternità insoddisfatto", dice la professoressa De Rose. Questo dipende da molti fattori, incluse la precarietà del lavoro e la mancanza di asili nido, tutele sul lavoro e aiuti strutturati. Al ritmo di nascite attuale, quindi, dobbiamo abituarci a ragionare con un'Italia più piccola sul lungo periodo. "Oltre alla diminuzione, ora stiamo vivendo un grande squilibrio: ci sono tanti anziani dovuti al fatto che i nati con il baby boom erano numerosi, e progressivamente hanno fatto sempre meno figli. Ma a mano a mano che queste generazioni spariranno, con la loro morte, la struttura tenderà a riequilibrarsi”. Una popolazione anziana significa una popolazione con meno forza lavoro e meno capacità produttiva in grado di sostenere il sistema del welfare, le strutture sanitarie e le pensioni. Se manca chi è in grado di sostenere attivamente il sistema, allora l’equilibrio si rompe. “Noi vivremo questo nel futuro: nei prossimi 30 anni avremo ancora problemi per effetto della strutturata per età che è squilibrata, e questo avrà dei riflessi sul sistema previdenziale, sui conti pubblici e così via

Gli aspetti positivi di una popolazione più piccola

L’Italia diventerà una Nazione meno popolata: ma sarà una cosa negativa? O ci saranno opportunità da cogliere? La professoressa sottolinea che ci sono anche lati positivi: meno giovani significa anche meno pressioni sul sistema scolastico e universitario, ad esempio. Un’altra considerazione importante da fare è quella che riguarda l’ambiente: si dice spesso che siamo "troppi" e che consumiamo le risorse del pianeta troppo velocemente. “Questo aspetto esiste e al livello di scienza esiste questa apparente contraddizione: noi demografi vediamo l’aspetto negativo del calo della popolazione, mentre al livello ambientale sarebbe un sollievo”. Bisogna però considerare che più che la quantità di abitanti influisce sull’ambiente il modo in cui vengono sfruttate le risorse, gli stili di vita di ognuno di noi. “Sicuramente essere tanti non è un bene di per sé, ma la tecnologia aiuta a ridurre l'impronta dei processi produttivi".

Dopo il Covid ci sarà un nuovo baby boom?

Il Covid-19 ha ulteriormente rallentato le nascite per diversi motivi: il primo ovviamente è il senso di precarietà e di paura per il futuro. Molte persone poi sono rimaste senza lavoro, perdendo la stabilità economica necessaria per mettere al mondo un figlio. Infine bisogna considerare che in Italia due terzi delle nascite avvengono all'interno dei matrimoni: nel 2020 i riti civili e religiosi sono letteralmente crollati, facendo rinviare il momento di diventare genitori. Ma anche quando la pandemia finirà, dice la docente, possiamo aspettarci solo un piccolo miglioramento: "Non si avrà un'impennata delle nascite, perché la situazione è ormai consolidata da tanti anni – precisa la professoressa De Rose –  piuttosto speriamo che si possa risalire da 1,27 figli per donna a 1,40, come 10 anni fa. Sembra poco, ma in statistica fa la differenza". Nessun baby boom quindi. Molte volte la pandemia viene paragonata alla guerra, anche per le conseguenze sul lungo periodo, ma questo non sembra essere il caso. "Bisogna precisare che in realtà il baby boom è stato un recupero di figli non nati durante la guerra – aggiunge la docente – ma complessivamente quella generazione è rimasta con meno di due figli per donna. Il baby boom non ha cambiato il comportamento riproduttivo, né la fecondità". Mettere al mondo un figlio è una questione privata, ma la collettività deve garantire il pieno sostegno alle famiglie, garantendo asili nido, tutele sul lavoro e un adeguato sistema di welfare. Perché le conseguenze, invece, interessano tutti.

Le informazioni fornite su www.fanpage.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.
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