Bebe Vio, dalla meningite alle Olimpiadi: “Le cicatrici sono parte di me”
Tutti la chiamano Bebe, diminutivo di un lungo e altisonante nome, ovvero Beatrice Maria Adelaide Marzia Vio Grandis, è nata a Mogliano Veneto ma attualmente vive a Roma, a Trastevere "nel bordello" come tiene lei stessa a precisare, dove studia Comunicazione e Relazioni internazionali. Ha due fratelli, Nico e Sole, e la scherma è la sua passione, il suo sport dall'età di 5 anni, sport che ha continuato a praticare anche dopo aver perso le braccia e le gambe all'età di 11 quando ha contratto la meningite. L'abbiamo incontrata in occasione del lancio della Barbie che Mattel le ha dedicato e per Fanpage.it Bebe Vio ha risposto alle domande più cercate dal pubblico che la riguardano. "E' strano diventare una bambola – dichiara Bebe – perché con Barbie ci giochi da piccola e poi mi sono ritrovata ad averne una che è fatta come te da grande. Mi piace l'idea perché molti bambini mi dicevano "Ma se hai le gambe e le braccia di plastica, quindi sei una Barbie?". Il mio allenatore mi ha detto che la prenderà e la userà come bambolina vudù".
Bebe dinanzi alla telecamera è un ciclone di parole, proprio come quando il microfono si spegne, è energica, carismatica, nei suoi occhi non c'è traccia di tristezza. Il suo sguardo emana luce e positività, energia allo stato puro, ti coinvolge con il suo ottimismo e la sua spinta vitale. Lei che ha raggiunto incredibili risultati nello sport e che a Tokyo vuole portare altre ragazze con gli arti amputati e che per farlo ce la sta mettendo tutta, promuovendo il progetto dell'associazione che i genitori di Bebe hanno creato quando si è ammalata. La Onlus si chiama Art4sport e si impegna a rendere la pratica sportiva possibile per tutti coloro che a causa della malattia hanno perso gli arti. Bebe si illumina quando si parla della sua associazione e del progetto Fly2Tokyo, una vera e propria sfida:
"Partecipano 10 ragazzi amputati che fanno sport completamente diversi, la sfida è provare ad arrivare a Tokyo per le Olimpiadi del 2020. Ma non è solo riuscire ad arrivare a Tokyo ma far innamorare le persone di queste storie perché la gente magari si innamora della mia storia ma non di quelle degli altri, quando in realtà ci sono molte altre persone e possibilità".
Tra le richieste del pubblico a Google, che riguardano Bebe Vio, ai primi posti tra le chiavi correlate al nome della campionessa di scherma c'è "storia". Tutti vogliono dunque conoscere la storia di questa giovane ragazza che come un ciclone è entrata nella vita di milioni di italiana trionfando alle Paralimpiadi e soprattutto conquistando tutti con la sua energia. La sua storia è lunga ma lei riesce a condensarla in poche parole, i focus sono la malattia e soprattuto la scherma, ma anche una famiglia splendida che l'ha supportata in passato come oggi:
Ho iniziato a fare scherma a 5 anni, ho una famiglia pazzesca, ho due fratelli, uno più grande e una più piccola, mamma e papà sono fortissimi. Tutto normale fino a quando a 11 anni ho avuto una malattia, il tipo di batterio si chiama meningococco, la malattia è la meningite, (adesso c'è il vaccino, quindi fate il vaccino) e… sono tornata a fare scherma, fine!
Quando si tratta di scherma Bebe sembra emozionarsi ancor di più, ai microfoni di Fanpage.it racconta il suo amato sport, l'esperienza olimpica e soprattutto tiene a ricordare l'importanza della squadra e di quanto la scherma, che in molti credono sia uno sport individuale, sia invece una pratica dietro il quale si nasconde un grande lavoro di team:
Per me la scherma è soprattutto squadra, sembra uno sport individuale ma c'è un team pazzesco dietro e io sono super fiera di esserne parte perché è un un team che spacca veramente. La medaglia d'oro è molto bella ma preferisco quella di bronzo, ovviamente non perché l'oro faccia schifo, vincere è la cosa più bella del mondo, ma la mia medaglia preferita che mi rimarrà nel cuore per sempre è quella che abbiamo vinto nella gara a squadre. Per tanti anni ho sognato l'Olimpiade perché ho cominciato a fare scherma a 5 anni, a 11 anni sognavo le Paralimpiadi. A Rio è stata la mia prima Paralimpiade, sono stati i giorni più emozionanti della mia vita, ho pianto così tanto, sono emozioni troppo forti, quindi se siete deboli di cuore non andare a un'Olimpiade perché veramente ti massacra.
Oggi c'è una Barbie con tanto di abito da sera luccicante firmato Tommy Hilfiger e outfit casual griffato Nike, da tempo veste con gli abiti Dior che la stilista Maria Grazia Chiuri disegna per lei, è spesso in prima fila alle sfilate di Milano e Parigi ed è senza dubbio diventata un'icona fashion, tanto che il pubblico cerca associato al suo nome il termine capelli ed è lei stessa a raccontare a Fanpage.it com'è nata l'esigenza del suo pixie cut, ovvero il taglio corto più trendy degli ultimi anni:
I capelli li ho tagliati in primo superiore, li avevo lunghissimi, poi di punto in bianco li ho tagliati corti perché a 14 anni sono entrata in nazionale ed ero l'unica donna. Con le protesi non riuscivo a farmi la coda e provava a farmela il mio allenatore ma veniva sempre male, ero sempre con una specie di nido d'uccello in testa e alla fine ho detto "Per comodità tagliamo tutto". È un taglio fatto apposta per non doverlo gestire.
Poi Bebe racconta la malattia che ha avuto, racconta il momento in cui è stata colpita dal virus e di come un infermiere sia riuscita a salvarle la vita semplicemente individuando in tempo la causa del malore:
La meningite è causata da un batterio che può prendere la parte del cervello o entrare nel sangue. Io ho avuto la fortuna che non abbia preso il cervello (anche se spesso me lo chiedono: "Sei sicura che sia tutto apposto là dentro"?). È diventata un'infezione del sangue, è diventata una crisi settica, dunque ho dovuto amputare alcune parti del corpo. Il problema di questa malattia è che ammazza tutti e subito, il 97% delle persone muore nelle prime due ore, nella prima crisi settica, io ho avuto la fortuna di incontrare un infermiere bravissimo che ha individuato subito la malattia. Mi ha dato subito l'antidoto, che in realtà è un antibiotico perché, essendo un batterio, la cura è semplice. Quell'uomo mi ha salvato la vita.
Riguardo alle cicatrici che la meningite le ha lasciato sul volto Bebe è chiara e diretta, non ama coprirle col trucco perché sono parte di lei e spiega:
Ho parecchie cicatrici, spesso quando andavo nei programmi televisivi, soprattutto all'inizio quando non ero ancora molto conosciuta, tutti dicevano "Che carina" e poi mi mettevano il cerone in faccia. Io mi dicevo "Ma se sono carina, sono carina sempre non è che ti devo piacere con il cerone in faccia e senza cerone no", mi domandavo: "Perché le cicatrici non vanno bene?". La prima volta che mi sono vista le cicatrici ci sono rimasta male perché non sapevo di avere tutta la faccia "aperta", adesso le ferite si sono chiuse ma all'inizio erano ferite aperte, quindi faceva un po' strano. Le mie cicatrici sono parte di me, se mi trucco lo faccio per coprire i brufoli e non le cicatrici, mettiamola così.
Bebe Vio è energia allo stato puro, un ciclone, vero esempio per tutte le ragazze di oggi, una giovane donna che ha dimostrato e dimostra che nulla è impossibile. Lei che con la sua semplicità riesce a catturarti, riesce a conquistarti, a trasmettere l'amore per lo sport, lei che rappresenta una speranza per le giovani sportive che hanno perso gli arti e che non hanno alcuna voglia di rinunciare al proprio sogno. In un mondo in cui il massimo dell'aspirazione è diventare una fashion influencer, Bebe Vio può essere il modello per una generazione di ragazze che vuole lavorare duro per raggiungere il proprio obiettivo, senza fermarsi dinanzi a nessuna barriera.