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Aumento del congedo di paternità: una norma utile a combattere il gender gap

L’Unione Europea obbliga l’Italia e rivedere il congedo parentale, arrivando a dieci giorni entro il 2020. L’Esecutivo, però, sta lavorando a rendere obbligatoria la sospensione del lavoro di 30 giorni per i neo papà.
A cura di Giulia Torlone
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Per alcuni è giocare a fare “il mammo”, per altri è un passo di civiltà: il nuovo congedo parentale contenuto nella legge di bilancio 2020, che fa parte del pacchetto famiglia del governo Conte, ha delle interessanti novità. Interessanti non solo dal punto di vista normativo, ma anche nella direzione che abbiamo sempre auspicato, ovvero quello della parità di genere e dei ruoli all’interno del nucleo familiare.

Congedo parentale: cosa cambia per i genitori

La novità principale riguarda proprio i neo papà, a cui fino a oggi spettava il diritto al congedo di paternità retribuito di soli cinque giorni. Con la nuova legge di bilancio, viene portata obbligatoriamente a sette giorni, secondo la direttiva del Parlamento Europeo approvata lo scorso aprile. Arriverà a dieci giorni entro il 2022 e non dovrà essere retribuito, dal datore di lavoro, meno dell’equivalente del congedo per malattia. Per le neo mamme, come sappiamo, la legge fino a oggi ha previsto cinque mesi obbligatori di astensione dal lavoro per prendersi cura del neonato. Secondo quanto si apprende da fonti parlamentari, l’obiettivo del Governo è portare il congedo parentale a un totale di sei mesi. L’esecutivo, da gennaio 2021, vorrebbe che l’80 per cento di questo congedo fosse appannaggio della madre, mantenendosi dunque sui cinque mesi attuali, ma il restante 20 spetterà esclusivamente al padre. Se venisse approvata la bozza in discussione, dunque, i papà potranno avere all’incirca 36 giorni per poter prendersi cura del proprio figlio. Questa sospensione dal lavoro non potrà essere trasferibile alla madre. Quest’ultimo obbligo è stato voluto, secondo la ministra Catalfo, proprio all’interno di un quadro di riforme mirate a diminuire il gender gap tra uomo e donna. Una politica di condivisione, insomma, mirata a non far restare indietro nella carriera le giovani lavoratrici quando nasce un figlio.

Le differenze tra l’Italia e L’Europa

Anche dal punto di vista del congedo parentale maschile, l’Italia non brilla tra i primi posti nella classifica europea, motivo per cui è sempre più auspicabile che questa nuova normativa vada in porto. Stando alla situazione attuale, ovvero ai cinque giorni di paternità retribuita, il nostro Paese è ben al di sotto della media europea. Secondo i dati presentati dal Parlamento europeo anche se venissero alzati a un totale di sette, il confronto resterebbe comunque impietoso. In Svezia esiste un congedo parentale unico tra neo mamme e neo papà, per un totale di 480 giorni: 300 divisi liberamente, gli altri 180 divisi a metà tra lui e lei. In Portogallo entrambi i genitori hanno diritto a 120 giorni, mentre in Slovenia i padri possono assentarsi dal lavoro per prendersi cura del figlio quattro settimane consecutive. In Francia, nel 2013, hanno addirittura approvato un congedo di paternità di sei mesi sui tre anni autorizzati per ogni coppia, con assegno garantito dallo Stato.

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Trent’anni, giornalista professionista, si occupa di politica e questioni di genere tra web, carta stampata e tv. Aquilana di nascita, ha studiato Italianistica a Firenze con una tesi sul rapporto tra gli intellettuali e il potere negli anni duemila. Da tre anni è a Roma, dedicando anima e cuore al giornalismo. Naturalmente polemica e amante delle cose complicate, osserva e scrive per capirci di più, o per porsi ancora più domande. Profondamente convinta che le donne cambieranno il mondo. 
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