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Anche i vestiti inquinano: 5 cose da fare con i vecchi capi anziché buttarli

Siamo abituati a differenziare vetro, plastica e carta, ma non pensiamo quasi mai che anche i vestiti possono avere una seconda vita. Nel mondo, meno dell’1% degli indumenti viene riciclato: troppo spesso finiscono in discarica dopo pochissimi utilizzi. Ecco 5 cose da fare con i vecchi abiti per aiutare l’ambiente, l’umore e il portafogli.
A cura di Beatrice Manca
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Per favore, non buttate i vestiti. Anche se li avete comprati per pochi euro e quindi non vale la pena tenerli. Anche se sono così rovinati che non è il caso nemmeno di regalarli. Non stiamo dicendo di lasciarli sul fondo dell'armadio per sempre: esistono alternative sostenibili alla discarica, dalla beneficienza fino al recupero creativo. Buttare gli abiti non è solo un peccato, è anche pericoloso: una semplice t-shirt, infatti, può essere una bomba ambientale per via del rilascio di microfibre e di prodotti chimici. Secondo i dati di un report del Parlamento Europeo, il lavaggio dei capi, da solo, è responsabile del 35% del rilascio di microplastiche nell'ambiente.

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Il problema dei rifiuti tessili è spesso sottostimato. Secondo i dati pubblicati sul portale del Parlamento Europeo, nel mondo meno dell'1% degli indumenti viene riciclato come vestiario, in parte a causa di tecnologie inadeguate. Ogni anno i cittadini dei vari Stati europei consumano quasi 26 kg di prodotti tessili e ne smaltiscono appena 11 kg. Gli indumenti usati per lo più vengono inceneriti o finiscono in discarica (87%).  Il problema vero però è a monte, cioé nelle nostre abitudini di consumo: la fast fashion ci ha abituati a considerare i vestiti come "usa-e-getta", quando dovrebbero essere beni durevoli. I capi che costano pochi euro vengono comprati "per farci la stagione" sapendo già che non resisteranno nel tempo, anche per la scarsa qualità dei materiali. Bisogna allora ripensare le nostre abitudini di consumo e limitare gli acquisti: comprare meno, magari, ma comprare meglio. L'altro punto essenziale è non sprecare e cercare di allungare il più possibile il ciclo di vita dei vestiti. Ecco 5 cose da fare con i vestiti che non si mettono più, soluzioni che fanno bene all'ambiente e al portafogli.

1. Gli swap party

Se i vestiti sono ancora in buone condizioni l'ideale è regalarli o scambiarli: da questa idea negli Usa sono nati gli "Swap Party", occasioni in cui diverse donne si riuniscono portando con sé i vestiti che non mettono più per ragioni di taglia o di gusti. A quel punto possono venderli per pochi spiccioli o barattarli con le altre partecipanti. Certo, in tempo di pandemia è difficile organizzarne uno vero, ma niente impedisce di partecipare agli swap party digitali: si mostrano gli abiti in videochiamata e poi si spediscono con un corriere. Gli swap party via Skype o Zoom sono anche un'ottima idea per passare il tempo con le amiche in queste sere chiusi in casa: ci si diverte e si rimette a nuovo il guardaroba a costo zero.

2. Le app per venderli o scambiarli

Chi non ha nell'armadio un capo comprato e mai messo, con ancora l'etichetta attaccata? Ciò che non va più bene per noi però può essere un'occasione per qualcun altro: da Depop a Vestiaire Collective, esistono varie app che permettono di vendere i vestiti, le borse e gli accessori inutilizzati. Un ottimo modo per mettere ordine nell'armadio, guadagnandoci su.

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3. Le raccolte di beneficienza

In tutte le città italiane esistono contenitori gialli per la raccolta di indumenti usati gestiti dalla Caritas: prima di essere redistribuiti alle persone bisognose i vestiti consegnati devono attraversare diverse fasi di stoccaggio, igienizzazione e selezione. L'importante è che i vestiti che si mettono in questi contenitori siano ancora in buono stato, puliti e confezionati in buste chiuse. Molti Comuni mettono a disposizione dei propri cittadini un servizio di ritiro a domicilio al di sopra un certo volume. In questo momento però l'emergenza sanitaria ha bloccato o rallentato la filiera, quindi è consigliabile informarsi prima. In alternativa ci sono modi più diretti di fare beneficienza: ci si può rivolgere alla parrocchia del quartiere o ad associazioni caritatevoli (come l'Opera di San Francesco e Humana People To People) o alla non profit Recooper.

4. Restituirli ai negozi

I capi che non sono più in condizione di essere indossati possono essere riciclati per farne fibre rigenerate o isolante per gli ambienti. Sono moltissime le aziende che ritirano capi usati: H&M fornisce buoni sconto per ogni busta di prodotti tessili (lenzuola e biancheria inclusi) anche in pessimo stato. L'azienda di maglieria Rifò invece accetta maglioni logori o infeltriti (purché con etichetta integra e leggibile) per usarne il filo rigenerato. Intimissimi ha stretto una partnership con Humana People to People Italia: dal 1 marzo al 31 maggio gli iscritti alla loyalty card potranno consegnare biancheria, pigiami e maglieria di qualsiasi marca. Ogni 5 capi consegnati si ottiene un voucher da spendere sui nuovi acquisti. Per le scarpe invece gli indirizzi da segnare sono Timberland, Esosport (solo sneakers) e Womsh.

5. Il riciclo creativo

Forbici, ago e filo e un po' di creatività. Non serve altro per dare nuova vita ai vecchi capi: da una vecchia camicia può nascere un top, dai jeans un paio di hot pants nuovi fiammanti. La gonna della nonna può essere scucita e il tessuto recuperato per confezionare un abito dal taglio più moderno. Su YouYube e TikTok spopolano i tutorial su come recuperare e trasformare i vecchi capi: un passatempo che aiuta l'ambiente, l'umore e il portafogli. Come ultima spiaggia, il cotone di vecchie camicie usurate può sempre essere usato per fare stracci e panni per le pulizie della casa. Insomma: i vestiti possono avere sette vite, come i gatti. Che peccato farli finire in discarica prima del tempo.

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